"Una notte a New York" (Daddio) di Christy Hall. Con Dakota Johnson, Sean Penn, Marcos A. Gonzalez. USA 2023 ★★★★1/2
Piena soddisfazione per quest'esordio alla regia della sceneggiatrice Christy Hall, con un soggetto inizialmente pensato per il teatro e adattato al grande schermo, interpretato con grande intensità, naturalezza e bravura da Sean Penn, che rimane pur sempre una garanzia, e la sorprendente Dakota Johnson, figlia (Melanie Griffith) e nipote (Tippi Hedren) d'arte, e dunque newyorkese da almeno tre generazioni, talentuosa almeno quanto le sunnominate. Qui è una giovane donna che, ormai è notte, esce dall'aeroporto Kennedy e cerca un taxi per rientrare nella sua abitazione nel centro di Manhattan. Le capita come autista Clark, all'ultima corsa della giornata, e il film si svolge, in unità temporale, durante il tragitto tra il Queens e Midtown, viaggio che in quell'orario si compie solitamente in una quarantina di minuti ma la cui durata viene prolungata a causa di un incidente che li blocca per una mezz'ora abbondante. E' in questa fase che, dopo uno scambio di battute sulle generali iniziata dal classico taxista chiacchierone curioso (e psicologo, come i barbieri) e accettato dalla passeggera, il discorso scivola sul personale. Niente di scabroso e nessun tentativo di "rimorchio", come sarebbe scontato pensare, ma ognuno dei due, dopo aver rivelato in una sorta di "gioco", alcune parti di sé, in un crescendo rivela delle proprie verità che non vuole, forse, nemmeno ammettere a sé stesso e comunque non rivelerebbe alle persone con cui ha una relazione più o meno fissa. Una seduta terapeutica a due, verrebbe da dire, quanto lo era stata, ma di auto-psicanalisi, quella di Tom Hardy in Locke di Steven Knight, in realtà più cinematografico e noir di Una notte a New York. Se come Clark Sean Penn non fatica molto a entrare nella parte, per lui abbastanza semplice, del maschio agé, che può ironizzare sul suo passato di donnaiolo impenitente, non prendendosi più sul serio ma che, anche per il mestiere che fa e la varia umanità che incontra, ha affinato oltremodo le sue doti di osservatore, e non tarda a capire che questa ragazza, forte di carattere e apparentemente sicura di sé nasconde una o più ferite profonde, è notevole quanto Dakota Johnson, senza mai forzare, riesca ad esprimere man mano che i suoi nodi vengano a galla dentro di sé durante la conversazione con questo sconosciuto, ciò che le succede nella testa e nello stomaco, e a liberarsi alla fine di un peso. Il viaggio di due settimane che questa giovane informatica, si viene a sapere, ha fatto nella natìa Arizona, aveva un senso profondo, fare i conti col proprio passato, ma anche risolvere una situazione che non aveva affrontato nemmeno con la sua ritrovata sorella di cui era ospite, ma che rivela a Clark, uno sconosciuto, che a sua volta le aveva confessato alcuni suoi lati oscuri. Cose che accadono, quando ci si incontra e ci si fida dell'altro d'istinto, senza alcuna seconda intenzione: possono nascere rapporti intensi e indimenticabili che durano anche solo lo spazio di un incontro casuale, spesso in viaggio, fuori dalla realtà di tutti i giorni, e possono cambiarti anche la vita, o almeno il modo di affrontarla. Gran bel film, calibrato al millimetro, con due splendidi attori e una fotografia da premio. Ah: "Daddio" del titolo originale, nello slang locale, ha un significato simile al Papi di berlusconiana memoria...
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