venerdì 8 aprile 2022

Lunana - Il villaggio alla fine del mondo

"Lunana - Il villaggio alla fine del mondo"(Lunana: A Yak in the Classroom) di Pawo Choyning Dorji. Con Sherab Dorji, Ugyen Norbu Lhendup, Kelden Lhamo Gurung, Pem Zam, Sangay Lam e altri. Bhutan 2019 ★★★★1/2

Primo film bhutanese candidato agli Oscar come miglior film straniero (e anche primo film di quel remoto regno buddhista che mi è capitato di vedere dalle nostre parti), per fortuna non è risultato vincitore nella kermesse hollywoodiana, poiché è ispirato a principi esattamente opposti a quelli che animano quella suprema fabbrica di illusioni, specchio dell'intera "civiltà" occidentale che ha scelto di mettersi sulle orme dell'american way of life, in preda al delirio del progresso inarrestabile basato sul primato del profitto, ovvero sulla legge del mercato. Nulla di più lontano dalla filosofia di vita che anima il Bhutan, unico Paese al mondo a prendere seriamente in considerazione il GNH/FIL, ossia il tasso di Felicità interna lorda, anziché il solo Prodotto interno lordo, per misurare il proprio grado di sviluppo. Della rutilante fiera delle illusioni e delle luci della ribalta internazionali che raggiungono con le loro sirene anche la capitale Thimph rimane vittima anche Ugyen, cresciuto dalla nonna che l'ha fatto studiare, un giovane insegnante svogliato che sogna di emigrare in Australia per fare il cantante, che per completare il tirocinio viene mandato dalle autorità governative a Lunana, un villaggio di 56 abitanti a 4800 metri d'altezza e sei giorni  di cammino a piedi dall'ultima stazione di autobus, dove viene a recuperarlo la guida Michen con un altro accompagnatore e una coppia di asini. Sconvolto dalle condizioni di povertà e isolamento, Ugyen in un primo momento annuncia di voler rinunciare all'incarico e di essere riportato indietro, ma la mattina seguente viene svegliato da Pem Zam, la capoclasse, una bambina vivace, intelligente e dotata di un sorriso e una simpatia irresistibili e che interpreta sé stessa (come tutti gli abitanti del paesino) che gli annuncia che i suoi allievi lo attendono. Il loro entusiasmo, la profonda umanità del capovillaggio, la dolcezza di una pastora di yak, Saldon (che glie ne regala un esemplare facendoglielo trovare in classe), la quale ogni giorno intona con la sua voce incantevole una canzone tradizionale,Yak Lebi Lhadar, scritta da un antenato per onorare un esemplare che aveva dovuto scarificare per nutrire il villaggio durante un periodo di carestia, inducono Ugyen a riceredersi, trovare le motivazioni che non aveva mai avuto in precedenza e fare di tutto per fornire ai suoi alunni non solo le nozioni ma anche i materiali di base per farsi un minimo di cultura e capire che, come gli dice il capovillaggio, la missione dell'insegnante è speciale, perché è colui che consente di "toccare il futuro". Con il sopraggiungere dell'inverno arriva anche il momento di lasciare l'altipiano e Ugyen, pure a malincuore, comunica che l'anno successivo si augura che lo sostituisca un insegnante più capace di lui, ma gli viene risposto che saranno i ragazzi, semmai, a giudicare il suo operato e che comunque rimarrà nei loro cuori con tutta la gratitudine per quel che ha fatto per loro, e che sperano di rivederlo un giorno, come si augura anche lui. Nella scena finale troviamo Ugyen a Sydney, mentre si esibisce in un pub alquanto squallido frequentato da locali, tra l'altro la popolazione più ignorante, rozza e strafottente al mondo, dove nessuno gli presta le benché minima attenzione tranne quando, preso da una botta di nostalgia, intona proprio quella canzone,Yak Lebi Lhadar, che Saldon gli aveva insegnato durante il soggiorno a Lunana. Potrebbe sembrare una favola buonista secondo i principi vigenti del politicamente corretto, ossia il modo di indorare la pillola dell'amara realtà con un po' di finto ecologismo ma, panorami mozzafiato a parte, valorizzati da un'eccellente fotografia, e una capacità tecnica e di sceneggiatura più che sufficienti per farne un film eccellente, a renderne lo spirito e il senso (ad esempio chiedersi quanto ne abbia inseguire gli abbagli consumistici che attraggono gli incauti come la luce le falene) è la sincerità di fondo, e un modo alternativo di intendere la vita e il rapporto dell'uomo con gli altri esseri viventi e con tutto ciò che lo circonda, che è alla base della filosofia buddhista. A ricordarci che il nostro modo di vivere e di pensare non è l'unico e, per di più, corrotto, malsano, votato all'infelicità e alla lunga all'autodistruzione. Nulla di meno infantile, compiacente, accomodante. E di più profondamente umano. Un film per fermarsi a riflettere, per adulti come per ragazzi e anche bambini, senza bisogno di grandi "spiegoni". 

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