giovedì 14 gennaio 2021

La stanza

 

"La stanza" di Stefano Lodovichi. Con Guido Caprino, Camilla Filippi, Edoardo Pesce, Romeo Pellegrini. Italia 2021 💩

Trovo un mistero insondabile cosa abbia spinto la benemerita Lucky Red di Andrea Occhipinti, che difficilmente sbaglia un colpo, a produrre una schifezza come questa, primo film italiano in uscita quest'anno, visibile su Amazon Prime da qualche giorno: raramente ho visto qualcosa di più pretenzioso e irritante. "Giallo psicologico con un sfumature horror", è stato descritto, volutamente una pellicola di genere e che ne segue i "canoni" (ammesso che abbiano un senso), è una masturbazione mentale che vorrebbe scavare sugli oscuri meccanismi di relazioni famigliari malate e che avrebbe più senso nell'ambito di certo teatro sedicente sperimentale piuttosto che sul grande schermo (benché, in questi frangenti, ridotto alle dimensioni domestiche a cui ci siamo dovuti adeguare negli ultimi tempi). Una donna scarmigliata, vestita con un vecchio abito da sposa, è sul punto di buttarsi dal davanzale di una finestra in una giornata piovosa quando uno sconosciuto suona alla porta, millantando la prenotazione di una stanza nella casa un tempo adibita a B&B, interrompendo sul più bello il tentativo di Stella, questo il nome dell'aspirante suicida. Il tipo, senza nome, pare conoscere molto bene i "segreti" della donna, e il fatto che suo marito, Sandro, abbia abbandonato lei e Giulio, il figlio, misteriosamente segregato in una stanza, per vivere con un'altra donna da cui ha avuto un ulteriore figlio, e si intrufola come se fosse di casa. Arriva Sandro, e ha inizio una sorta di ridicolo psicodramma a tre in cui l'intruso costringe la coppia a mettere le proprie carte in tavola e svelare le rispettive "verità", il tutto tra scene madri, pianti, botte e urla. Alla fine appare anche Giulio, e magari l'intruso è proprio lui, che ha viaggiato nel tempo, forse per impedire il suicidio della madre e fare i conti con le sofferenze della propria infanzia. Forse, eh: perché stanno in piedi anche altre ipotesi, a scelta, secondo come vi gira. A me, invece di fare congetture, sono girati i coglioni, e dopo una ventina di minuti già facevo fatica a trattenere grugniti di disappunto, ma ho tenuto duro fino alla fine, contando che per fortuna la pellicola dura soltanto 82 (benché lunghissimi) minuti, per verificare fino a che punto arrivasse questo garbuglio informe e senza senso, inutilmente cervellotico ma che vuol essere formalmente raffinato. Il risultato è penoso, anche per il livello recitativo miserabile: Caprino si agita inutilmente, cercando di rendere la propria prestazione muscolarmente fisica e sembra del tutto incapace di uscire dal personaggio (e dal relativo accento) di Pietro Bosco della serie 1992/93/94, che l'ha reso famoso; Edoardo Pesce, che sembra capitato lì per caso, è neutro e innocuo; Camilla Filippi (consorte dello sciagurato regista, e questo spiega forse la sua scelta come protagonista) una spina nel fianco per la capacità di sopportazione dello spettatore, con una dizione, spesso resa ancora più incomprensibile tra continui singhiozzi, e una prestazione che sarebbero inaccettabili anche in una filodrammatica di paese: un problema, quello dell'incomprensibilità di quel che dicono gli attori, comune a tutto il cinema nostrano recente, dovuto forse all'uso costante del microfono con presa diretta, e un vizio, di recitare mormorando o senza scandire le parole, comune a chi non ha alcuna familiarietà con il palcoscenico, quello vero. Se volete farvi del male, siete avvertiti.

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