"Francuz" di Andrej Smirnov. Con Anton Rival, Evgenija Obraztsova, Evgenij Tkačuk, Aleksandr Baulev, Mihail Efremov, Roman Madyanov e altri. Russia 2019
Primo in ordine cronologico di proiezione fra i lungometraggi in concorso che ho più apprezzato, in programma venerdì scorso, Francuz, del regista russo Andrej Smirnov, racconta del soggiorno moscovita di un giovane studente francese, Pierre Durand, militante comunista in patria, che ha ricevuto un invito presso l'università statale per approfondire i suoi studi sul balletto russo e, essendo russo d'origine e parlando perfettamente la lingua, ha così occasione di entrare in contatto con i sui coetanei sovietici, in particolare una ballerina e un fotografo, e conoscere non solo la vita culturale ufficiale dell'epoca ma anche quella sotterranea, fatta di jazz nelle cantine, di opere letterarie che circolano sotto forma di samizdat, di desiderio di evadere dalla cappa di conformismo dominante: siamo nel 1957, l'anno successivo al Rapporto Kruscev sui delitti di Stalin in occasione del XX Congresso del PCUS ma anche all'invasione dell'Ungheria da parte delle truppe del Patto di Varsavia (argomento tabù anche per gli intellettuali più ribelli, e infatti il film non ne fa cenno), e l'elegante bianco e nero molto nouvelle vague di Smirnov vi ci riporta in maniera molto suggestiva, rendendo tutto particolarmente credibile, pure il fatto che il viaggio di Pierre Durand ha anche uno scopo del tutto privato, ossia la ricerca del padre biologico, un ex ufficiale "bianco" che ha girovagato per decenni tra i gulag staliniani e si concluda col suo ritrovamento. Il film dipinge con grande efficacia il clima e l'ambiente in cui ha vissuto la propria gioventù e gli anni della formazione il regista stesso, classe 1941, che parla quindi con grande cognizione di causa: ne ricordo ben pochi che siano riusciti a rendere così bene l'atmosfera.
"Pari" di Siamak Etemadi. Con Melika Foroutan, Shahbaz Noshir, Sofia Kokkali, Lena Kitsopoulos, Argyris Padazaras, Dimitris Xanthopoulos e altri. Grecia, Francia, Paesi Bassi, Bulgaria 2020
Lungometraggio d'esordio di ispirazione autobiografica di Siamak Etemadi, molto promettente regista iraniano e greco d'adozione che finora si era dedicato a "corti" e video, già presentato all'ultima Berlinale, che racconta dell'Odissea nell'Atene di oggi, scossa da tumulti e crisi economica, di una coppia di devoti iraniani alla ricerca del figlio, Babak, che vi si è trasferito per motivi di studio, dopo che non lo trovano ad attenderli al loro arrivo in aeroporto. Spaesati, increduli, solo Pari, la madre (che è anche il nome di un demone della mitologia persiana dai tratti benigni), in possesso di qualche cognizione dell'inglese, lo cercano nelle pieghe della metropoli greca, trovandone qualche traccia nel quartiere di Exarchia, dove proliferano circoli anarchici. Un viaggio nei meandri oscuri di una città estranea, incomprensibile, a cui l'anziano padre non regge e muore, mentre la madre subisce una metamorfosi, liberandosi man mano del passato e lo fa andando sulle tracce del figlio ribelle, di cui ha sempre intuito le profonde aspirazioni, così simili alla sue che non ha mai potuto seguire, fin lì repressa dalla sovrastruttura culturale e religiosa; alla fine un viaggio alla ricerca di sé stessa che compie attraverso incontri significativi, per primo quello con Zoe, una studentessa che ha conosciuto Babak durante il periodo della sua attività politica, e immergendosi nella vita che pensa possa avere scelto il figlio. Film che sfugge ai generi, in cui le tracce del cinema (peraltro di alto livello) del Paese d'origine del regista sono ben presenti, ben integrate con lo stile europeo, che mostra da un lato con crudo realismo una Atene notturna e sconvolta, a tratti miserabile, dall'altro è estremamente poetico nel raccontare il progressivo sciogliersi di dalle catene che l'hanno intrappolata finora, anche grazie alla splendida interpretazione di una camaleontica e intensa Melika Foroutan. Un film che lascia il segno e ha molti sottotesti che si possono agevolmente leggere, se si vuole.
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