venerdì 29 gennaio 2021

32 Trieste Film Festival / 3


"Padre" (Otac) di Srdan Golubović. Con Goran Bogdan, Boris Isaković, Nada 
Šargin, Nikola Rakočević, Milica Janevski, Ajla Šantić e altri. Serbia, Francia, Germania, Croazia Slovenia, Bosnia ed Erzegovina 2020 

E veniamo al film a mio parere favorito, basato su un fatto vero che ha ispirato il regista belgradese: la solitaria, tenace protesta di un padre a cui i servizi sociali avevano tolto i due figli dopo il tentativo di suicidio della madre (che era andata a reclamare arretrati e liquidazione del marito, licenziato senza giusta causa) davanti al ministero del Lavoro dopo aver macinato 300 chilometri a piedi dal paesino di residenza, ai confini con la Bosnia, alla capitale. Incapace, secondo i funzionari municipali, di poter offrire alla prole le minime garanzie di sostentamento in un ambiente adeguato, benché si arrabatti tra un lavoro precario e l'altro e abbia provveduto a sistemare la propria povera abitazione in maniera dignitosa, in sostanza colpevolizzato per non avere un'occupazione stabile e pure per non aver impedito che la moglie cadesse in depressione, l'uomo decide di intraprendere la propria Odissea (come già la Pari dell'omonimo film di cui ho parlato ieri) quando si rende conto che l'uomo a capo dei servizi sociali lucra sugli affidamenti così come gli affidatari, suoi amici e complici, sui contributi statali: vecchia storia, non dissimile da svariate altre in casa nostra. Per Golubović un viaggio all'incontrario: dalla Belgrado ministeriale e cosmopolita, con la sua classe politica moderna e attenta ai meccanismi della comunicazione anche tramite i social media, alla Serbia profonda, dove sopravvivono meccanismi di padrinaggio e di corruzione a basso livello e dominano la rassegnazione all'andazzo e, spesso, una fredda indifferenza, ma dove sopravvivono anche forme di concreta solidarietà tra poveri. Bravi gli interpreti, ben girato, un'ottima pellicola. 

"Paura" (Strah) di Ivaylo Hristov. Con Svetlana Yancheva, Michael Flemming, Ivan Savov, Stoyan Bochev, Krassimir Dokov, Miroslava Gogovska, Kristina Yaneva e altri. Bulgaria 2020

Come Francuz, un'altra pellicola che, se non fosse stata girata in bianco e nero, avrebbe perso buona parte della sua suggestione. Un film curioso, arguto, con un tocco surreale che ha per protagonista Svetla, un'ex insegnante (la scuola è stata chiusa per mancanza di alunni), vedova da 15 anni, che vive da sola in un borgo sul Mar Nero ai confini con la Turchia dove è frequente il passaggio di migranti (e fiorente il relativo traffico) provenienti prevalentemente dall'Asia: durante una battuta di caccia in un bosco incrocia un curioso profugo, Bamba, africano del Mali, che parla un inglese fluente e si scoprirà essere un medico, fuggito dopo che gli è stata sterminata la famiglia. Svetla, cittadina ligia al dovere, lo porta al centro d'accoglienza che però è sovraffollato e così decide di ospitarlo in casa, mettendosi in conflitto con tutto l'ambiente in cui ha vissuto finora. Per il regista (la sua fotografia è di altissimo livello) un'occasione per mettere in scena tutto un campionario di personaggi che si potrebbero trovare identici in un qualsiasi paesino d'Europa e (e non solo): dalla sindachessa al comandante della polizia di frontiera, al dongiovanni locale che tenta inutilmente di sedurre Svetla da anni e si trasforma in persecutore quando sospetta che lei gli possa preferire il nero, ai vari "machos" che gli fanno da sostegno, ai vicini di casa impiccioni e pavidi, ma anche mostrare lo squallore morale che si riflette in quello urbano (i pretenziosi e mai completati complessi turistici ricordano quelli del Litorale Domiziano e dintorni). La Paura del titolo è non solo e non tanto quella dello "straniero", quanto quella che ha sempre dominato la donna, rendendola dura e rigida e impedendole di seguire i propri desideri: anche qui come in in Pari abbiamo a che fare con una presa di coscienza in seguito a un evento esterno e inaspettato e a una metamorfosi al femminile. Un film lieve nonostante il realismo anche crudo e le varie forme  di grettezza messe in vetrina, comprese quelle dei migranti: perché gli strali della sottile satira di Hristov non risparmiano nemmeno loro, Bamba per primo, dipinto come una sorte di hipster logorroico, in faccia all'insopportabile cappa di "correttezza politica" che incombe nei miserandi tempi attuali.

"Non piango mai" (Jak Najdalej Stąd) di Piotr Domalewski. Con Zofia Stafiej, Kinga Preis, Arkadiusz Jakubik, Davis Tulej, Cosimnia Stratan, Nigel O'Neil, Shane Casey, David Pearse, Donncha Crowley e altri. Polonia, Irlanda 2020

Energetica, un'iniezione di vitalità questa coproduzione di due Paesi che hanno parecchi punti di contatto: dal cattolicesimo, ai difficili rapporti con le nazioni vicine, al flusso di lavoratori polacchi che, da quando sono entrambi in ambito UE, si riversano in Irlanda. Protagonista Ola, 17 enne di Varsavia, spigliata, volitiva, tosta che, per aiutare la madre e il fratello disabile, cerca di conseguire la patente di guida per poter guidare un taxi: il padre, con cui praticamente non ha contatti, da anni lavora a Dublino e le ha promesso di comprarle coi suoi risparmi l'auto che serve allo scopo, ma all'improvviso arriva la notizia che è morto, schiacciato da un container nell'area portuale dove era stato assunto. Qualcuno deve andare a recuperare salma e quel poco che è rimasto e l'incombenza tocca proprio a Ola, che parla un discreto inglese, e l'azione si sposta sull'isola. Seguiamo così le peripezie della ragazza, che deve affrontare una burocrazia demenziale coi suoi aspetti grotteschi, un universo fatto di mediatori di forza lavoro, spesso in nero (scoprirà di non aver diritto a rimborsi assicurativi perché il genitore stava facendo, illegalmente, il turno di un altro al momento dell'incidente), lo squallore degli appartamenti-dormitorio dove alloggiano schiere di suoi connazionali e altri immigrati pro tempore sradicati dalle famiglia e altrettanto non integrati dove vivono, ma avrà anche tempo per distrarsi e interagire coi suoi coetanei locali; soprattutto, però, mettendosi sulle tracce di un genitore praticamente ignoto, anche per scoprire se davvero le aveva messo da parte i soldi per il regalo aveva che le promesso, avrà modo di conoscerne almeno alcuni tratti reali, compresa la donna con cui aveva una relazione, un'altra emigrata dall'Est, rumena, e in un impeto di generosità autentica nonché combattuta, le lascerà il piccolo malloppo perché completi il corso di estetista che potrebbe permetterle di affrancarsi dal parrucchiere molesto alle dipendenze del quale è costretta a lavorare. Un film frizzante, capace di scoperchiare realtà che si preferiscono ignorare però con freschezza, una buona vena di umorismo, anche macabro se occorre, in cui brilla l'interpretazione straordinaria di una attrice ventenne, Zofia Stafiej, che lo illumina anche nei momenti più tetri, che fisicamente e nel volto ricorda molto Jodie Foster da giovane, a cui non è difficile predire un roseo futuro. 

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