lunedì 25 maggio 2020

I Miserabili

"I Miserabili" (Les Misérables) di Ladj Ly. Con Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly, Steve Tientcheu e altri. Francia 2019 ★★ +
Il fatto che venga venduto come il "miglior film francese dell'anno", così strilla la locandina de I Miserabili, Premio della Giuria al Festival di Cannes dell'anno scorso, non significa che sia un buon film, tutt'al più appena sufficiente, a essere generosi. Se ha un merito, è quello di mettere il dito su alcune delle piaghe di una nazione sciovinista come poche altre e afflitta da un endemico quanto infondato complesso di superiorità: la realtà, completamente fuori controllo, delle banlieue, quartieri dormitorio stipati di immigrati ed emarginati dove vige la legge della giungla; il nazionalismo esasperato e irrazionale degli stessi che vi sono reclusi; l'arroganza e incompetenza di una polizia che unisce l'inettitudine di quelle scandinave alla violenza razzista di quella americana. Un Paese, la Francia, educato a idolatrare uno Stato che, puntualmente, si rivela incapace di controllare gli scoppi di rabbia e isteria che periodicamente si verificano nel corso della sua storia quando esplodono le contraddizioni per scelte frutto di una mania di grandezza che copre divisioni e odi che si celano dietro al culto della nazione che è, tra i nostri vicini, la vera religione. Il film si apre con i festeggiamenti di massa per la vittoria nel Mondiale di calcio del 2018 in Russia sui Campi Elisei, dove tutti sono (falsamente) fratelli, per proseguire nella descrizione della prima giornata di lavoro con la sua nuova squadra dell'agente di polizia Ruiz, trasferito alla stazione di Montfermeil, una delle tante benlieiue della capitale, sul luogo dove Victor Hugo aveva ambientato alcune pagine del romanzo che dà il titolo al film (viene da dire che poco o nulla è cambiato nelle pulsioni del popolo francese da allora): durante il turno di pattuglia, i colleghi lo introducono alla realtà quotidiana di quel vero e proprio ghetto, dove a gestire i sempre precari equilibri e a comporre i dissidi fra i vari gruppi (etnici, religiosi, di interessi, di età) è chiamato il "Sindaco" insomma un ras di colore, con il suo consigliori, mentre l'altra forma di controllo e indottrinamento è esercitata dalla Fratellanza Musulmana. A incarnare la colpevole impotenza di uno Stato tanto tronfio quanto vacuo, la polizia, che non ha né la volontà né i mezzi di mettere le mani in quel vespaio, si adegua tirando a campare con la speranza di arrivare a sera indenne e non manca a metterci del suo per farsi detestare: la violenza, in particolare dello psicopatico caposquadra Chris, esercitata esclusivamente sui più deboli (ma non per questo innocenti: nessuno lo è) va a compensare la frustrazione per la propria totale inutilità oltre che a gettare benzina sul fuoco. In poche ore succede di tutto, anche troppo in un film dalla regìa adrenalinica che si ispira smaccatamente al modello Spike Lee, fino all'esplosione finale, la ribellione di una masnada di ragazzini inferociti, pericolosi e inquietanti più di uno sciame di calabroni, abbandonati a sé stessi tanto dalle istituzioni quanto dalle loro famiglie a covare odio e violenza, scatenata dalla "marachella" di uno di essi, Issah, che ha rubato un leoncino da un circo gestito da zingari, e che rimane ferito da un candelotto sparatogli da uno degli agenti, peraltro africano come lui e che vive nel quartiere, il tutto filmato dal drone fatto volteggiare da un suo coetaneo voyeur.  Una giornata di ordinaria follia, dunque, e un battesimo di fuoco che finisce male come viatico per l'agente Ruiz, l'unico che si salva, forse, tra tutti, anche per l'interpretazione di Damien Bonnard: meno convincente quella degli altri, per non parlare di una regìa piuttosto raffazzonata e poco originale. Meno male ho visto il film sul piccolo schermo, noleggiato su SKY, col vantaggio di poterlo metterlo in pausa quando diventa eccessivo...

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