"A mano disarmata" di Claudio Bonivento. Con Claudia Gerini, Francesco Saverio Venditti, Mirko Frezza, Francesco Pannofino, Milena Mancini, Emanuela Fanelli e altri. Italia 2019 ★★=
Tratto dall'omonimo libro autobiografico di Federica Angeli, in cui la giornalista, divenuta celebre per le sue inchieste, denunce e testimonianze sulla mafia del Litorale Romano, in particolare Ostia, città dov'è nata, costretta a vivere sotto scorta dal 2013, quando furono pubblicate le sue prime inchieste, fino alle pesanti condanne inflitte al Clan Spada durante il processo del 2018, il film è purtroppo cinematograficamente mediocre, mentre come miniserie televisiva, magari da trasmettere su RAI1 in prima serata, avrebbe potuto funzionare, anche perché il tema meriterebbe l'attenzione di una platea ben più ampia di quella che frequenta le sale cinematografiche. Più che A mano disarmata la pellicola avrebbe dovuto intitolarsi Sotto scorta, perché tale la Angeli è stata per ben cinque anni, dopo aver subito le prime minacce dal capo del Clan Spada (qui trasformato in Costa) e di quanto quest'esperienza abbia stravolto la normalità della sua esistenza di moglie e madre di tre figli piccoli (non compresi nella protezione disposta dal prefetto) parlano sia il libro sia il film, più che della sua attività di cronista per il quotidiano la Repubblica (che sentitamente ringrazia per uno spot di tutto riguardo), mentre l'altro tema che salta all'occhio dalla vicenda, ma non viene per nulla evidenziato dal film, è dove cazzo stessero e cosa facessero le forze dell'ordine, altrimenti così solerti quando si tratta di reprimere manifestazioni sindacali o studentesche o di rimuovere striscioni che contestano il ministro dell'Interno, prima delle denunce della Angeli e delle inchieste giornalistiche, quando era noto a chiunque da anni che Ostia fosse completamente in mano agli Spada che gestivano, direttamente o indirettamente, qualsiasi attività della cittadina, legale e no, con la complicità di chi amministrava il X Municipio di Roma, di cui fa parte come frazione. Ora: quando oltre a intere regioni come Campania, Calabria, Sicilia, chi governa non è in grado nemmeno di controllare il territorio di una frazione della propria capitale, che dista meno di 30 chilometri dalla sede del governo nazionale, non si può propriamente nemmeno parlare di Stato, e qualche domanda è lecita porsela su chi è preposto a garantirne la sicurezza: il film non fa nemmeno questo sforzo. Si salvano la generosa interpretazione della Gerini, credibile anche per una certa somiglianza fisica con la Angeli, nonché romana come lei, e le intenzioni; come detto di gusto e (basso) livello televisivo tutto il resto, e sotto il minimo sindacale Francesco Venditti, figlio di cotanto padre (e cotanta madre, Simona Izzo, una convinta da sempre di essere un'artista, il che probabilmente spiega tutto) nella parte del marito della Angeli: ha l'espressività di un carciofo stracotto e insipido.
Tratto dall'omonimo libro autobiografico di Federica Angeli, in cui la giornalista, divenuta celebre per le sue inchieste, denunce e testimonianze sulla mafia del Litorale Romano, in particolare Ostia, città dov'è nata, costretta a vivere sotto scorta dal 2013, quando furono pubblicate le sue prime inchieste, fino alle pesanti condanne inflitte al Clan Spada durante il processo del 2018, il film è purtroppo cinematograficamente mediocre, mentre come miniserie televisiva, magari da trasmettere su RAI1 in prima serata, avrebbe potuto funzionare, anche perché il tema meriterebbe l'attenzione di una platea ben più ampia di quella che frequenta le sale cinematografiche. Più che A mano disarmata la pellicola avrebbe dovuto intitolarsi Sotto scorta, perché tale la Angeli è stata per ben cinque anni, dopo aver subito le prime minacce dal capo del Clan Spada (qui trasformato in Costa) e di quanto quest'esperienza abbia stravolto la normalità della sua esistenza di moglie e madre di tre figli piccoli (non compresi nella protezione disposta dal prefetto) parlano sia il libro sia il film, più che della sua attività di cronista per il quotidiano la Repubblica (che sentitamente ringrazia per uno spot di tutto riguardo), mentre l'altro tema che salta all'occhio dalla vicenda, ma non viene per nulla evidenziato dal film, è dove cazzo stessero e cosa facessero le forze dell'ordine, altrimenti così solerti quando si tratta di reprimere manifestazioni sindacali o studentesche o di rimuovere striscioni che contestano il ministro dell'Interno, prima delle denunce della Angeli e delle inchieste giornalistiche, quando era noto a chiunque da anni che Ostia fosse completamente in mano agli Spada che gestivano, direttamente o indirettamente, qualsiasi attività della cittadina, legale e no, con la complicità di chi amministrava il X Municipio di Roma, di cui fa parte come frazione. Ora: quando oltre a intere regioni come Campania, Calabria, Sicilia, chi governa non è in grado nemmeno di controllare il territorio di una frazione della propria capitale, che dista meno di 30 chilometri dalla sede del governo nazionale, non si può propriamente nemmeno parlare di Stato, e qualche domanda è lecita porsela su chi è preposto a garantirne la sicurezza: il film non fa nemmeno questo sforzo. Si salvano la generosa interpretazione della Gerini, credibile anche per una certa somiglianza fisica con la Angeli, nonché romana come lei, e le intenzioni; come detto di gusto e (basso) livello televisivo tutto il resto, e sotto il minimo sindacale Francesco Venditti, figlio di cotanto padre (e cotanta madre, Simona Izzo, una convinta da sempre di essere un'artista, il che probabilmente spiega tutto) nella parte del marito della Angeli: ha l'espressività di un carciofo stracotto e insipido.
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