"I figli della notte" di Andrea De Sica. Con Vincenzo Crea, Ludovico Succio, Fabrizio Rongione, Yuliia Sobol, Luigi Bignone, Pietro Monfreda e altri. Italia, Belgio 2016 ★★★½
Ancora un brillante esordio nel lungometraggio di un giovane regista, questa volta dal cognome famoso: con l'augurio, per il futuro, che abbia ereditato il talento direttamente dal nonno, senza passare per lo zio. A giudicare da questo primo film, si direbbe di sì; tecnicamente ineccepibile, e avvalendosi di una fotografia efficace e suggestiva (l'ambientazione è in Alto Adige, in un complesso isolato in mezzo alle montagne che ricorda l'albergo di Shining), racconta l'impatto del 17 enne Giulio con un collegio per ricchi rampolli della borghesia imprenditoriale, dove viene mandato dalla giovane madre, rimasta vedova a 23 anni e ora a capo dell'azienda di famiglia, dopo aver annunciato, dal cellulare di lei, un allarme-bomba fasullo, con lo scopo di far chiudere lil liceo che frequentava. Riservato e tutto sommato obbediente, quanto meno alla madre, lega immediatamente con Edo, un ragazzo dall'indole ribelle, che si considera trattato dai propri genitori come un bagaglio da piazzare qui e là e come un investimento senza ritorno ed è pienamente cosciente dei mezzi usati dall'istituto, a cominciare dalla videosorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro, per manipolarli e renderli dei predatori, caratterialmente adatti all'ambiente manageriale che li aspetta in cui è essenziale non avere la minima remora morale davanti alla prospettiva di licenziare in un colpo solo centinaia di lavoratori, tradire chicchessia o eliminare un concorrente. I due stringono un rapporto di forte complicità riuscendo a neutralizzare anche con durezza ii tentativi di bullismo nei loro confronti, pure questi ben conosciuti dagli "educatori" ma funzionali all'educazione manageriale così come le scorribande notturne che Edo e Giulio intraprendono per recarsi in una discoteca-postribolo dove Giulio si innamora di Helena, una giovane prostituta dell'Est. Edo propone una fuga definitiva da quella prigione dorata ma piena di misteri inconfessabili e, a modo suo, ci riesce, mentre non avrà successo quello di Giulio, che però sfrutterà l'esito del tentativo di Edo per "salvarsi il culo" e finirà, per questo, perfettamente integrato in quel mondo che l'amico ha invece rifiutato, e la scena finale, di lui ai bordi della piscina di casa in una soleggiata giornata estiva, a differenza dell'ambientazione invernale e prevalentemente notturna, conferma che la sua educazione da squalo è avvenuta con successo e che l'istituzione ha raggiunto lo scopo. Argomento, se si vuole, quello dell'educazione sentimentale e della formazione di un giovane-bene non nuovo, ma risolto con sviluppi noir piuttosto inconsueti, almeno per quanto riguarda il cinema nostrano.Da sottolineare la bravura dei due giovani interpreti principali, soprattutto Ludovico Succio nei panni di Edo, due giovani attori di cui sentiremo sicuramente ancora parlare, se decideranno di intraprendere definitivamente la carriera.
Ancora un brillante esordio nel lungometraggio di un giovane regista, questa volta dal cognome famoso: con l'augurio, per il futuro, che abbia ereditato il talento direttamente dal nonno, senza passare per lo zio. A giudicare da questo primo film, si direbbe di sì; tecnicamente ineccepibile, e avvalendosi di una fotografia efficace e suggestiva (l'ambientazione è in Alto Adige, in un complesso isolato in mezzo alle montagne che ricorda l'albergo di Shining), racconta l'impatto del 17 enne Giulio con un collegio per ricchi rampolli della borghesia imprenditoriale, dove viene mandato dalla giovane madre, rimasta vedova a 23 anni e ora a capo dell'azienda di famiglia, dopo aver annunciato, dal cellulare di lei, un allarme-bomba fasullo, con lo scopo di far chiudere lil liceo che frequentava. Riservato e tutto sommato obbediente, quanto meno alla madre, lega immediatamente con Edo, un ragazzo dall'indole ribelle, che si considera trattato dai propri genitori come un bagaglio da piazzare qui e là e come un investimento senza ritorno ed è pienamente cosciente dei mezzi usati dall'istituto, a cominciare dalla videosorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro, per manipolarli e renderli dei predatori, caratterialmente adatti all'ambiente manageriale che li aspetta in cui è essenziale non avere la minima remora morale davanti alla prospettiva di licenziare in un colpo solo centinaia di lavoratori, tradire chicchessia o eliminare un concorrente. I due stringono un rapporto di forte complicità riuscendo a neutralizzare anche con durezza ii tentativi di bullismo nei loro confronti, pure questi ben conosciuti dagli "educatori" ma funzionali all'educazione manageriale così come le scorribande notturne che Edo e Giulio intraprendono per recarsi in una discoteca-postribolo dove Giulio si innamora di Helena, una giovane prostituta dell'Est. Edo propone una fuga definitiva da quella prigione dorata ma piena di misteri inconfessabili e, a modo suo, ci riesce, mentre non avrà successo quello di Giulio, che però sfrutterà l'esito del tentativo di Edo per "salvarsi il culo" e finirà, per questo, perfettamente integrato in quel mondo che l'amico ha invece rifiutato, e la scena finale, di lui ai bordi della piscina di casa in una soleggiata giornata estiva, a differenza dell'ambientazione invernale e prevalentemente notturna, conferma che la sua educazione da squalo è avvenuta con successo e che l'istituzione ha raggiunto lo scopo. Argomento, se si vuole, quello dell'educazione sentimentale e della formazione di un giovane-bene non nuovo, ma risolto con sviluppi noir piuttosto inconsueti, almeno per quanto riguarda il cinema nostrano.Da sottolineare la bravura dei due giovani interpreti principali, soprattutto Ludovico Succio nei panni di Edo, due giovani attori di cui sentiremo sicuramente ancora parlare, se decideranno di intraprendere definitivamente la carriera.
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