"The Beatles: Sgt Pepper & Beyond" di Alan G. Parker. Con Julia Baird, Paula Boyd, Tony Bramwell, Pete Best, Ray Connolly, Steve Diggle, Freda Kelly, Andy Peebles, Simon Napier-Bell e altri. GB 2017 ☠
Attenzione: questo film è una truffa. Spacciato come "evento speciale" e presentato nella sale approfittando del cinquantenario dall'uscita dell'album forse più famoso dei Beatles, il primo registrato dopo la decisione, presa nel corso del 1966, di interrompere l'attività dal vivo, gioca fin dal titolo ad essere il seguito dell'ottima pellicola di Ron Howard dell'anno scorso, The Beatles - Eight Days a Week (The Touring Years). Peccato che sia tutt'al più un documentario di tipo strettamente televisivo, e non certo dei più brillanti, in cui si parla di tutto fuorché dell'album in questione, salvo per quanto riguarda la storica copertina e due brani che non vi erano stati inclusi, Penny Lane e Strawberry Fields Forever, pubblicati come un singolo dal "doppio lato A", il primo scritto da Paul McCartney, il secondo da John Lennon (come capisce chiunque fin dalle prime note) e una sequela di consuete banalità su Lucy in The Sky With Diamonds, senza che dell'intero disco si ascolti financo una traccia. Il documentario è esclusivamente parlato, compresi alcuni filmati di interviste d'epoca, ma centrato sulle testimonianze, invero ripetitive, di un gruppo di persone del loro entourage, il cui punto in comune è il tentativo di far passare Paul McCartney come il vero innovatore del gruppo, quello con più contatti con il mondo dell'arte d'avanguardia, solo per il fatto di abitare nel centro di Londra, a Notting Hill, mentre Lennon (un pigro bastardo, secondo qualcuno, poi "traviato" da Yoko Ono) e Harrison preferivano la quiete della campagna; al solito Ringo Starr viene considerato come un povero idiota incolto, l'ultima ruota del carro e quindi una specie di accessorio. Grande arrangiatore e compositore, Il "bel" Paul, forse persino di livello eccelso (mah...), però pur sempre nell'ambito del pop, e commerciale assai, come avrebbe confermato tutta la sua sterminata produzione successiva. Si parla dell'ultima tournée americana del '66, a rischio per il timore che qualche fanatico gliela facesse pagare per la famosa affermazione di Lennon di essere più famosi di Gesù Cristo (una banale constatazione, del resto, consideratra una blasfemia negli USA), quindi del rifiuto di esibirsi in pubblico con la conseguente emarginazione del loro manager Brian Epstein, suggerendo che questa fosse la causa della sua morte , al culmine di una pesante depressione, avvenuta l'anno successivo; delle lunghissime sessioni di registrazione ad Abbey Road (senza il conforto di un solo filmato, a malapena qualche foto in bianco e nero), dell'incontro con Maharishi Mahesh Yogi (che Lennon aveva presto individuato come un sicuro ciarlatano) e infine dell'avventura dell'Apple Corps e della breve avventura della boutique di Baker Street. Nulla più. Il tutto per 10 €, il doppio del biglietto normale. Sconsigliato anche ai beatlesiani più agguerriti.
Attenzione: questo film è una truffa. Spacciato come "evento speciale" e presentato nella sale approfittando del cinquantenario dall'uscita dell'album forse più famoso dei Beatles, il primo registrato dopo la decisione, presa nel corso del 1966, di interrompere l'attività dal vivo, gioca fin dal titolo ad essere il seguito dell'ottima pellicola di Ron Howard dell'anno scorso, The Beatles - Eight Days a Week (The Touring Years). Peccato che sia tutt'al più un documentario di tipo strettamente televisivo, e non certo dei più brillanti, in cui si parla di tutto fuorché dell'album in questione, salvo per quanto riguarda la storica copertina e due brani che non vi erano stati inclusi, Penny Lane e Strawberry Fields Forever, pubblicati come un singolo dal "doppio lato A", il primo scritto da Paul McCartney, il secondo da John Lennon (come capisce chiunque fin dalle prime note) e una sequela di consuete banalità su Lucy in The Sky With Diamonds, senza che dell'intero disco si ascolti financo una traccia. Il documentario è esclusivamente parlato, compresi alcuni filmati di interviste d'epoca, ma centrato sulle testimonianze, invero ripetitive, di un gruppo di persone del loro entourage, il cui punto in comune è il tentativo di far passare Paul McCartney come il vero innovatore del gruppo, quello con più contatti con il mondo dell'arte d'avanguardia, solo per il fatto di abitare nel centro di Londra, a Notting Hill, mentre Lennon (un pigro bastardo, secondo qualcuno, poi "traviato" da Yoko Ono) e Harrison preferivano la quiete della campagna; al solito Ringo Starr viene considerato come un povero idiota incolto, l'ultima ruota del carro e quindi una specie di accessorio. Grande arrangiatore e compositore, Il "bel" Paul, forse persino di livello eccelso (mah...), però pur sempre nell'ambito del pop, e commerciale assai, come avrebbe confermato tutta la sua sterminata produzione successiva. Si parla dell'ultima tournée americana del '66, a rischio per il timore che qualche fanatico gliela facesse pagare per la famosa affermazione di Lennon di essere più famosi di Gesù Cristo (una banale constatazione, del resto, consideratra una blasfemia negli USA), quindi del rifiuto di esibirsi in pubblico con la conseguente emarginazione del loro manager Brian Epstein, suggerendo che questa fosse la causa della sua morte , al culmine di una pesante depressione, avvenuta l'anno successivo; delle lunghissime sessioni di registrazione ad Abbey Road (senza il conforto di un solo filmato, a malapena qualche foto in bianco e nero), dell'incontro con Maharishi Mahesh Yogi (che Lennon aveva presto individuato come un sicuro ciarlatano) e infine dell'avventura dell'Apple Corps e della breve avventura della boutique di Baker Street. Nulla più. Il tutto per 10 €, il doppio del biglietto normale. Sconsigliato anche ai beatlesiani più agguerriti.
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