"The Founder" di John Lee Hancock. Con Michael Keaton, Nick Offerman, John Carrol Lynch, Laura Dern, Linda Cardellini, Patrick Wilson, B. J. Novak. USA 2016 ★★★★
Poco o nulla sapevo del regista, John Lee Hancock, salvo che avesse lavorato per la Disney e che fosse specializzato in biopic, così mi sono fidato del fatto che un attore di cui ho la massima stima, Michael Keaton, avesse accettato di interpretare il personaggio su cui ruota il film: niente di meno che Ray Crok, il fondatore dell'impero McDonald's per come lo conosciamo oggi. Questo film ne racconta la storia sorprendente e poco conosciuta dagli inizi e nei dettagli, senza minimamente cadere nell'agiografia e anzi illuminando senza alcuna indulgenza di quali abissi di avidità, arrivismo, spietatezza, scorrettezza, insomma miseria umana è intriso il Sogno Americano, di cui questa vicenda è un caso esemplare. Nel 1954 Ray Croc è un modesto commesso viaggiatore dell'Illinois che cerca disperatamente di piazzare un particolare modello di frullatore per milk shake quando si imbatte nel fratelli McDonald, proprietari di un chiosco a San Bernardino in California, che di colpo glie ne ordinano sei pezzi. In uno di quei meravigliosi macchinoni dì'epoca, attraversa il Paese da Est a Ovest lungo la mitica Route 66 per andare e verificare di persona chi siano questi acquirenti-benefattori e, vistando la cucina del loro innovativo ristorante, dove vede applicato al massimo dell'efficienza il fordismo alla produzione e al consumo dell'hamburger, ha l'illuminazione: è un modello da perfezionare, espandere e moltiplicare e, dopo essersi messo in affari coi due fratelli, lo fa con la forma del franchising. Anche se i Mc Donald sono restii alle innovazioni e frenano i suoi entusiasmi, l'idea ha successo ma senza che Crox si arricchisca più di tanto: il grande salto lo fa quando un consulente finanziario gli apre gli occhi su qual è veramente il core business: la speculazione immobiliare sottostante, non il margine di utile sulla vendita dei panini, che farà diventare la Mc Donald's Corporation, la società che Crox fonda e con la quale in sostanza dà scacco matto ai fratelli di cui acquisisce non solo il nome ma soprattutto il marchio (i due famigerati archi gialli su fondo rosso), uno dei maggiori gruppi immobiliari al mondo. Una storia esemplare, in cui intuito, fortuna, paranoia, perseveranza (la parola d'ordine di Crox), capacità di osservazione e di sintesi, oltre che la totale mancanza di scrupoli morali, si combinano per spiegare un successo che a ben vedere non ha nulla di così miracoloso, in un ambiente che consente agli squali sbranare qualsiasi concorrente trovino sul loro cammino. Regia fluida, sceneggiatura agile e ben calibrata, senza fronzoli, ambientazione credibile quanto suggestiva, e un interprete capace di esprimere con la sua incredibile malleabilità tutte le sfumature di un personaggio complesso e per niente facile da rendere. Da vedere.
Poco o nulla sapevo del regista, John Lee Hancock, salvo che avesse lavorato per la Disney e che fosse specializzato in biopic, così mi sono fidato del fatto che un attore di cui ho la massima stima, Michael Keaton, avesse accettato di interpretare il personaggio su cui ruota il film: niente di meno che Ray Crok, il fondatore dell'impero McDonald's per come lo conosciamo oggi. Questo film ne racconta la storia sorprendente e poco conosciuta dagli inizi e nei dettagli, senza minimamente cadere nell'agiografia e anzi illuminando senza alcuna indulgenza di quali abissi di avidità, arrivismo, spietatezza, scorrettezza, insomma miseria umana è intriso il Sogno Americano, di cui questa vicenda è un caso esemplare. Nel 1954 Ray Croc è un modesto commesso viaggiatore dell'Illinois che cerca disperatamente di piazzare un particolare modello di frullatore per milk shake quando si imbatte nel fratelli McDonald, proprietari di un chiosco a San Bernardino in California, che di colpo glie ne ordinano sei pezzi. In uno di quei meravigliosi macchinoni dì'epoca, attraversa il Paese da Est a Ovest lungo la mitica Route 66 per andare e verificare di persona chi siano questi acquirenti-benefattori e, vistando la cucina del loro innovativo ristorante, dove vede applicato al massimo dell'efficienza il fordismo alla produzione e al consumo dell'hamburger, ha l'illuminazione: è un modello da perfezionare, espandere e moltiplicare e, dopo essersi messo in affari coi due fratelli, lo fa con la forma del franchising. Anche se i Mc Donald sono restii alle innovazioni e frenano i suoi entusiasmi, l'idea ha successo ma senza che Crox si arricchisca più di tanto: il grande salto lo fa quando un consulente finanziario gli apre gli occhi su qual è veramente il core business: la speculazione immobiliare sottostante, non il margine di utile sulla vendita dei panini, che farà diventare la Mc Donald's Corporation, la società che Crox fonda e con la quale in sostanza dà scacco matto ai fratelli di cui acquisisce non solo il nome ma soprattutto il marchio (i due famigerati archi gialli su fondo rosso), uno dei maggiori gruppi immobiliari al mondo. Una storia esemplare, in cui intuito, fortuna, paranoia, perseveranza (la parola d'ordine di Crox), capacità di osservazione e di sintesi, oltre che la totale mancanza di scrupoli morali, si combinano per spiegare un successo che a ben vedere non ha nulla di così miracoloso, in un ambiente che consente agli squali sbranare qualsiasi concorrente trovino sul loro cammino. Regia fluida, sceneggiatura agile e ben calibrata, senza fronzoli, ambientazione credibile quanto suggestiva, e un interprete capace di esprimere con la sua incredibile malleabilità tutte le sfumature di un personaggio complesso e per niente facile da rendere. Da vedere.
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