Mai, in quindici anni che risiedo a Spilimbergo, avevo assistito a una mobilitazione così massiccia dell'asinistra indigena di estrazione cattocomunista, e l'occasione è stata la campagna per il sì al referendum costituzionale entrata nella sua fase cruciale e da affrontare, secondo gli ordini di scuderia impartiti dal Caro Leader fiorentino ancora a primavera, pancia a terra, con una locuzione entrata nel gergo politichese come accaventiquattro in quello degli inviati dalle TV nelle zone terremotate del Centro Italia. "Siamo in piazza", mi ha detto ammiccando ironicamente la capogruppo dell'opposizione in consiglio comunale, peraltro un'amica, incontrata stamattina al bar davanti a un caffè assieme al consigliere regionale della circoscrizione, ben sapendo che io sono uno di quelli che voteranno "come Casa Pound". Insomma, oltre ai militanti c'era tutto lo stato maggiore locale del PD: mancava soltanto la Serracchiani ma, ben consci del fatto che gode di una considerazione equivalente a quella dell'emerita costituzionalista da cui prende il nome la Riforma che promette di cambiare il Paese, proiettandolo in un roseo futuro, hanno evitato di esibirla come la Madonna Pellegrina in giro per la regione che sgoverna, altrimenti l'anno prossimo alle amministrative rischiano di prendere a malapena i voti degli iscritti. Comunque, sinceramente ammirato per la riuscita dell'evento attorno al gazebo allestito nella piazza centrale del borgo, e dalla caparbietà nel sostenere le proprie ragioni cercando di convincerne gli elettori, mi permetto sommessamente di rammentare a quei "democratici" a cui #BastaUnSì che le costituzioni di norma si modificano, quando non si scrivono ex novo, per legittimare un cambio di regime o quantomeno mutare la forma di governo (vedi le 5 repubbliche succedutesi dal 1789 in Francia), e quasi invariabilmente in seguito a un colpo di Stato.
sabato 12 novembre 2016
Meditazione referendaria n°1 #bastaconoscerelastoria
Mai, in quindici anni che risiedo a Spilimbergo, avevo assistito a una mobilitazione così massiccia dell'asinistra indigena di estrazione cattocomunista, e l'occasione è stata la campagna per il sì al referendum costituzionale entrata nella sua fase cruciale e da affrontare, secondo gli ordini di scuderia impartiti dal Caro Leader fiorentino ancora a primavera, pancia a terra, con una locuzione entrata nel gergo politichese come accaventiquattro in quello degli inviati dalle TV nelle zone terremotate del Centro Italia. "Siamo in piazza", mi ha detto ammiccando ironicamente la capogruppo dell'opposizione in consiglio comunale, peraltro un'amica, incontrata stamattina al bar davanti a un caffè assieme al consigliere regionale della circoscrizione, ben sapendo che io sono uno di quelli che voteranno "come Casa Pound". Insomma, oltre ai militanti c'era tutto lo stato maggiore locale del PD: mancava soltanto la Serracchiani ma, ben consci del fatto che gode di una considerazione equivalente a quella dell'emerita costituzionalista da cui prende il nome la Riforma che promette di cambiare il Paese, proiettandolo in un roseo futuro, hanno evitato di esibirla come la Madonna Pellegrina in giro per la regione che sgoverna, altrimenti l'anno prossimo alle amministrative rischiano di prendere a malapena i voti degli iscritti. Comunque, sinceramente ammirato per la riuscita dell'evento attorno al gazebo allestito nella piazza centrale del borgo, e dalla caparbietà nel sostenere le proprie ragioni cercando di convincerne gli elettori, mi permetto sommessamente di rammentare a quei "democratici" a cui #BastaUnSì che le costituzioni di norma si modificano, quando non si scrivono ex novo, per legittimare un cambio di regime o quantomeno mutare la forma di governo (vedi le 5 repubbliche succedutesi dal 1789 in Francia), e quasi invariabilmente in seguito a un colpo di Stato.
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