"7 minuti" di Michele Placido. Con Ambra Angiolini, Cristina Capotondi, Balkissa Maiga, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Violante Placido, Clémence Poésy, Sabine Timoteo, Ottavia Piccolo, Anne Consegny. Italia, Francia, Svizzera 2016 ★★★★★
Visto a due giorni di distanza da La ragazza senza nome, il confronto si fa ancora più impietoso a discapito del tetro nonché cervellotico film dei fratelli Dardenne, riuscendo 7 minuti a condensare in 88' intensi il racconto di una storia quanto mai attuale, ispirata a una vicenda realmente avvenuta qualche anno fa in Francia. Una storia di fabbrica, di lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali che Michele Placido (il quale, assieme ad altri due attori maschi, si è riservato poco più di alcuni camei in un film tutto al femminile) ha ambientato a Latina, in un grosso stabilimento tessile, nel momento in cui l'azienda, pur finanziariamente sana, viene assorbita da un grosso gruppo francese: l'unica condizione che la nuova proprietà straniera pone per la conservazione dei livelli occupazionali è la riduzione di 7 minuti della pausa pranzo da 15 che erano (e prima ancora 20, 30, 45...) E' questo che sono chiamate a decidere le 11 componenti il consiglio di fabbrica, che hanno tempo due ore e mezzo per rispondere sì o no dopo che la loro portavoce è tornata dalla lunga riunione con la dirigenza vecchia e nuova: in cui nulla ha potuto dire, non essendo mai stata interpellata, ma molto ascoltare, vedere e quindi capire. Sembrano niente, 7 minuti, davanti alla prospettiva di una possibile delocalizzazione o chiusura dello stabilimento, con conseguente perdita del posto di lavoro in una situazione di crisi generalizzata, e infatti in prima battuta tutte quante, pur diverse per età, storie e situazioni alle spalle, che nel film vengono portate tutte alla luce con precise quanto efficaci pennellate, votano per il sì tranne Bianca, la loro portavoce che, dopo trent'anni di lavoro in fabbrica e di attività sindacale, sa bene per esperienza vissuta quali siano le conseguenze di risposte prese sotto pressione, senza avere il tempo di valutare se e quanto possano essere ricattatorie e puramente strumentali, e chiede loro di prendersi tutto il pur scarso tempo che hanno a disposizione per riflettere, perché quel che decidono avrà conseguenze anche per gli altri trecento colleghi che rappresentano e nonché per quei lavoratori che si trovano in situazioni analoghe o peggiori. 7 minuti sembrano pochi, il tempo per una sigaretta, ma messi insieme diventano un cospicuo monte ore di lavoro regalato senza alcuna contropartita all'azienda, oltre a essere un grimaldello, in caso di accettazione, per l'ulteriore erosione di quei diritti che, di volta in volta, da un ventennio almeno in qua vengono sistematicamente smantellati, in Italia, in Europa come in tutto il mondo "globalizzato". Nel paio di ore di "pausa di riflessione", fanno in tempo a venire a galla sia le contraddizioni sia le diverse angolazioni da cui le donne, che rappresentano un ampio ventaglio dello sfaccettato mondo del lavoro al femminile (e non solo), valutano i sette minuti: fra di loro ci sono anche tre straniere di cui una di colore, le cui motivazioni sono ben diverse da quelle delle colleghe e spesso anche in conflitto: Placido, meritoriamente, non le edulcora con la consueta melassa buonista da cui veniamo sommersi ma le esplicita, fornendo materiale per pensarecon la propria testa. Alla fine la situazione si ribalta e, nella votazione definitiva, il no finisce per prevalere, seppure per un solo voto: quello di una ragazza ventenne neoassunta. Un segno di speranza, anche in vista del 4 dicembre. Una regia pulita, efficace, senza fronzoli; una eccezionale prova di tutte le interpreti femminili, con note di merito per la grande, eterna Ottavia Piccolo, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Violante Placido e una fenomenale Ambra Angiolini. Grazie, grazie e grazie ancora.
Visto a due giorni di distanza da La ragazza senza nome, il confronto si fa ancora più impietoso a discapito del tetro nonché cervellotico film dei fratelli Dardenne, riuscendo 7 minuti a condensare in 88' intensi il racconto di una storia quanto mai attuale, ispirata a una vicenda realmente avvenuta qualche anno fa in Francia. Una storia di fabbrica, di lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali che Michele Placido (il quale, assieme ad altri due attori maschi, si è riservato poco più di alcuni camei in un film tutto al femminile) ha ambientato a Latina, in un grosso stabilimento tessile, nel momento in cui l'azienda, pur finanziariamente sana, viene assorbita da un grosso gruppo francese: l'unica condizione che la nuova proprietà straniera pone per la conservazione dei livelli occupazionali è la riduzione di 7 minuti della pausa pranzo da 15 che erano (e prima ancora 20, 30, 45...) E' questo che sono chiamate a decidere le 11 componenti il consiglio di fabbrica, che hanno tempo due ore e mezzo per rispondere sì o no dopo che la loro portavoce è tornata dalla lunga riunione con la dirigenza vecchia e nuova: in cui nulla ha potuto dire, non essendo mai stata interpellata, ma molto ascoltare, vedere e quindi capire. Sembrano niente, 7 minuti, davanti alla prospettiva di una possibile delocalizzazione o chiusura dello stabilimento, con conseguente perdita del posto di lavoro in una situazione di crisi generalizzata, e infatti in prima battuta tutte quante, pur diverse per età, storie e situazioni alle spalle, che nel film vengono portate tutte alla luce con precise quanto efficaci pennellate, votano per il sì tranne Bianca, la loro portavoce che, dopo trent'anni di lavoro in fabbrica e di attività sindacale, sa bene per esperienza vissuta quali siano le conseguenze di risposte prese sotto pressione, senza avere il tempo di valutare se e quanto possano essere ricattatorie e puramente strumentali, e chiede loro di prendersi tutto il pur scarso tempo che hanno a disposizione per riflettere, perché quel che decidono avrà conseguenze anche per gli altri trecento colleghi che rappresentano e nonché per quei lavoratori che si trovano in situazioni analoghe o peggiori. 7 minuti sembrano pochi, il tempo per una sigaretta, ma messi insieme diventano un cospicuo monte ore di lavoro regalato senza alcuna contropartita all'azienda, oltre a essere un grimaldello, in caso di accettazione, per l'ulteriore erosione di quei diritti che, di volta in volta, da un ventennio almeno in qua vengono sistematicamente smantellati, in Italia, in Europa come in tutto il mondo "globalizzato". Nel paio di ore di "pausa di riflessione", fanno in tempo a venire a galla sia le contraddizioni sia le diverse angolazioni da cui le donne, che rappresentano un ampio ventaglio dello sfaccettato mondo del lavoro al femminile (e non solo), valutano i sette minuti: fra di loro ci sono anche tre straniere di cui una di colore, le cui motivazioni sono ben diverse da quelle delle colleghe e spesso anche in conflitto: Placido, meritoriamente, non le edulcora con la consueta melassa buonista da cui veniamo sommersi ma le esplicita, fornendo materiale per pensarecon la propria testa. Alla fine la situazione si ribalta e, nella votazione definitiva, il no finisce per prevalere, seppure per un solo voto: quello di una ragazza ventenne neoassunta. Un segno di speranza, anche in vista del 4 dicembre. Una regia pulita, efficace, senza fronzoli; una eccezionale prova di tutte le interpreti femminili, con note di merito per la grande, eterna Ottavia Piccolo, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Violante Placido e una fenomenale Ambra Angiolini. Grazie, grazie e grazie ancora.
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