"Breve storia di lunghi tradimenti" di Davide Marengo. Con Guido Caprino, Carolina Crescentini, Maya Sansa, Flora Martínez, Philpppe Leroy, Michele Vanitucci, Franco Ravera, Ennio Fantastichini, Francesco Pannofino e altri. Italia 2011 ★★★½
Ecco un altro caso in cui, per motivi imperscrutabili di distribuzione, un film più che godibile girato cinque anni fa, e presentato già nel 2012 al Courmayeur Noir Festival, è uscito di soppiatto nelle sale soltanto nel gennaio di quest'anno e, circolando in poche copie almeno in Italia (pare abbia goduto di un buon successo in Cina), sbarcato in Friuli soltanto ieri sera, alla presenza però dell'autore del romanzo omonimo da cui è tratto, il pordenonese (nato a Valvasone) Tullio Avoledo. Il quale lo vedeva per la prima volta e, non potendo propriamente presentarlo, lo ha introdotto, in occasione di una chiacchierata pubblica con un giornalista del Gazzettino, raccontando dei gustosi retroscena della vendita dei diritti dei libri da parte degli editori, su cui gli autori possono intervenire poco o niente (per esempio quelli sul suo L'elenco telefonico di Atlantide, acquistato da un produttore di porno-soft fissato con gli inseguimenti sui tetti mentre il libro si svolgeva nei sotterranei di un claustrofobilco condominio); dei contributi alla sceneggiatura (come in questa pellicola) di cui si ignorano i risultati fino a cose fatte; dell'osservazione dei fenomeni della finanza dalla prospettiva di una persona che, come lui, lavora nell'ufficio legale di una banca ed è stato testimone oculare dei più che insoliti movimenti in borsa pochi minuti prima del cosiddetto attacco alle Torri Gemelle l'11 settembre 2001, fenomeno ripetutosi anche prima di altri eventi "catastrofici" forse per nulla casuali; ha parlato anche dell'Europa di oggi, ridotta a un continente omogeneizzato che nulla ha più a che fare con il Continente la cui ricchezza stava, ancora solo ai tempi della nostra gioventù, quando la si girava con l'Inter-Rail, proprio nella sua diversità, che nulla ha che fare col localismo xenofobo e col nazionalismo nazistoide ma nemmeno con questa Unione di Consumatori di cui non siamo cittadini ma sostanzialmente sudditi. Questo davanti a non più di 25 persone che "gremivano" soltanto metà della Sala Minerva del VIsionario di Udine, che ha ospitato la "serata speciale". Quanto al film, si tratta di un bank-thriller, come lo ha definito il regista, che risulta più che mai attuale alla luce non solo della crisi finanziaria globale esplosa nel 2007 ma anche delle sue conseguenze, compresa quella nostrana del Monte dei Paschi (con relativi "suicidi" eccellenti), tutte cose anticipate dal libro di Avoledo che fu scritto nel 2006 e uscì prima del suo verificarsi. A renderlo più che dignitoso, anche in confronto ad altre pellicole americaneggianti sul tema, l'interpretazione di un cast di ottimo livello e una regia spigliata, sicura, in grado di tenere un ritmo alto e un registro equidistante tra l'azione, la denuncia degli intrighi e delle storture finanziarie e le vite dei personaggi, senza eccedere né in un senso né nell'altro e, in più, con una costante vena ironica in soffondo. In sostanza la storia, Ambientata tra Torino e il Lago di Como, ruota attorno a un avvocato, Giulio Rovedo, che lavora in una banca di provincia che all'improvviso viene inglobata da una banca d'affari sotto il controllo di una multinazionale, e che viene coinvolto suo malgrado dalla nuova amministratrice delegata, Cecilia Schwarz, in una spericolata operazione tesa al recupero, in un Paese Sudamercano chiamato "Queimada" (omaggio a Gillo Pontecorvo), di un documento che permetterebbe lo sfruttamento del litio ("il petrolio del futuro") da parte di John Milton, un finanziere che si fa credere convertito alla preservazione dell'ambiente (quel che si vede è, in realtà, il Salar de Uyuni, che si trova in Bolivia, mentre la capitale di Queimada dove i due si recano per tentare di corromperne il presidente è Cartagena, in Colombia: lo so perché ho avuto al fortuna di visitare entrambi i luoghi). Già in Sudamerica l'avvocato si rende conto che qualcosa non va ed entra in contatto con gli oppositori del presidente corrotto, ma la situazione precipita quando rientrano in Italia e si scatena la caccia al documento mancante e man mano ogni tassello torna al suo posto anche con la collaborazione della moglie in via di separazione del legale, Valeria, una giornalista di "Internazionale" e del suo collega e amante, a sua volta amico di Giulio. il finale, senza forzati happy end, è aperto benché meno cinico che nel libro. Il risultato finale è più che dignitoso, se il film fosse stato prodotto negli USA e distribuito come si deve, sarebbe stato un successone, ma dati che si tratta di RAI-Cinema, occorre aspettare che passi in TV.
Ecco un altro caso in cui, per motivi imperscrutabili di distribuzione, un film più che godibile girato cinque anni fa, e presentato già nel 2012 al Courmayeur Noir Festival, è uscito di soppiatto nelle sale soltanto nel gennaio di quest'anno e, circolando in poche copie almeno in Italia (pare abbia goduto di un buon successo in Cina), sbarcato in Friuli soltanto ieri sera, alla presenza però dell'autore del romanzo omonimo da cui è tratto, il pordenonese (nato a Valvasone) Tullio Avoledo. Il quale lo vedeva per la prima volta e, non potendo propriamente presentarlo, lo ha introdotto, in occasione di una chiacchierata pubblica con un giornalista del Gazzettino, raccontando dei gustosi retroscena della vendita dei diritti dei libri da parte degli editori, su cui gli autori possono intervenire poco o niente (per esempio quelli sul suo L'elenco telefonico di Atlantide, acquistato da un produttore di porno-soft fissato con gli inseguimenti sui tetti mentre il libro si svolgeva nei sotterranei di un claustrofobilco condominio); dei contributi alla sceneggiatura (come in questa pellicola) di cui si ignorano i risultati fino a cose fatte; dell'osservazione dei fenomeni della finanza dalla prospettiva di una persona che, come lui, lavora nell'ufficio legale di una banca ed è stato testimone oculare dei più che insoliti movimenti in borsa pochi minuti prima del cosiddetto attacco alle Torri Gemelle l'11 settembre 2001, fenomeno ripetutosi anche prima di altri eventi "catastrofici" forse per nulla casuali; ha parlato anche dell'Europa di oggi, ridotta a un continente omogeneizzato che nulla ha più a che fare con il Continente la cui ricchezza stava, ancora solo ai tempi della nostra gioventù, quando la si girava con l'Inter-Rail, proprio nella sua diversità, che nulla ha che fare col localismo xenofobo e col nazionalismo nazistoide ma nemmeno con questa Unione di Consumatori di cui non siamo cittadini ma sostanzialmente sudditi. Questo davanti a non più di 25 persone che "gremivano" soltanto metà della Sala Minerva del VIsionario di Udine, che ha ospitato la "serata speciale". Quanto al film, si tratta di un bank-thriller, come lo ha definito il regista, che risulta più che mai attuale alla luce non solo della crisi finanziaria globale esplosa nel 2007 ma anche delle sue conseguenze, compresa quella nostrana del Monte dei Paschi (con relativi "suicidi" eccellenti), tutte cose anticipate dal libro di Avoledo che fu scritto nel 2006 e uscì prima del suo verificarsi. A renderlo più che dignitoso, anche in confronto ad altre pellicole americaneggianti sul tema, l'interpretazione di un cast di ottimo livello e una regia spigliata, sicura, in grado di tenere un ritmo alto e un registro equidistante tra l'azione, la denuncia degli intrighi e delle storture finanziarie e le vite dei personaggi, senza eccedere né in un senso né nell'altro e, in più, con una costante vena ironica in soffondo. In sostanza la storia, Ambientata tra Torino e il Lago di Como, ruota attorno a un avvocato, Giulio Rovedo, che lavora in una banca di provincia che all'improvviso viene inglobata da una banca d'affari sotto il controllo di una multinazionale, e che viene coinvolto suo malgrado dalla nuova amministratrice delegata, Cecilia Schwarz, in una spericolata operazione tesa al recupero, in un Paese Sudamercano chiamato "Queimada" (omaggio a Gillo Pontecorvo), di un documento che permetterebbe lo sfruttamento del litio ("il petrolio del futuro") da parte di John Milton, un finanziere che si fa credere convertito alla preservazione dell'ambiente (quel che si vede è, in realtà, il Salar de Uyuni, che si trova in Bolivia, mentre la capitale di Queimada dove i due si recano per tentare di corromperne il presidente è Cartagena, in Colombia: lo so perché ho avuto al fortuna di visitare entrambi i luoghi). Già in Sudamerica l'avvocato si rende conto che qualcosa non va ed entra in contatto con gli oppositori del presidente corrotto, ma la situazione precipita quando rientrano in Italia e si scatena la caccia al documento mancante e man mano ogni tassello torna al suo posto anche con la collaborazione della moglie in via di separazione del legale, Valeria, una giornalista di "Internazionale" e del suo collega e amante, a sua volta amico di Giulio. il finale, senza forzati happy end, è aperto benché meno cinico che nel libro. Il risultato finale è più che dignitoso, se il film fosse stato prodotto negli USA e distribuito come si deve, sarebbe stato un successone, ma dati che si tratta di RAI-Cinema, occorre aspettare che passi in TV.
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