24 marzo 1976: risveglio a Buenos Aires |
Nel quarantesimo anniversario della dittatura nazipiduista argentina, i cui strascichi continuano a produrre effetti perversi sui vari regimi personalistici e mai pienamente democratici che le sono succeduti, dando per scontata la responsabilità dei criminali in divisa, è bene non essere manichei e ricordare, oltre alle loro vittime, in gran parte estranee alla lotta armata chiamata a pretesto per il golpe militare, tra cui trentamila desaparecidos, anche chi ha contribuito a causarla, ad esempio i massimi dirigenti dei Montoneros e dell'ERP, nonché chi ha provveduto a infiltrare e manovrare opportunamente i gruppi "guerriglieri", per non parlare dell'intervento dietro le quinte degli onnipresenti USA (cfr "Plan Condor"). Il presidente di questi ultimi, nonché già Premio Nobel per la Pace "alle intenzioni" Barack Obama, durante la sua visita a Buenos Aires proprio in occasione della "ricorrenza", ha pensato bene di lasciare inevaso l'appello del collega Adolfo Pérez de Esquivel, almeno stando a quanto ha dichiarato nel corso della conferenza stampa di ieri promettendo la declassificazione dei documenti sinora segreti che testimoniano il coinvolgimento degli USA nel colpo di Stato (per l'accesso agli archivi occorrerà comunque attendere almeno un anno e mezzo) e limitandosi ad accennare vagamente a "scomode verità", farfugliando di "tutto un sottobosco da ripulire", oltre che di "sguardi da rivolgere in avanti e non al passato": sia mai. E lasciandosi sfuggire oggi, come in un borborigmo, un "nunca más" durante la visita, sulla Costanera del Rio de la Plata, al memoriale dedicato alle vittime della dittatura, a cui ha reso omaggio gettando un mazzo di fiori nel fiume dove vennero gettate a migliaia, narcotizzate, durante i "voli della morte".
Jorge Rafael Videla e i ceffi della sua giunta. Sulla sinsitra, l'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, tessera P2 n° 478 |
Colgo l'occasione per ricordare con gratitudine gli interventi salvifici di Ernico Calamai, ai tempi console d'Italia a Buenos Aires ai primi anni della carriera diplomatica (in seguito fortemente ostacolata per non dire bruciata) segnalandone l'ottimo libro "Niente asilo politico" (Feltrinelli) che fanno da contraltare ai silenzi non solo del governo ma anche e soprattutto della sinistra di allora, in primo luogo del PCI, che pure tanto si era fatta sentire tre anni prima in occasione del golpe di Pinochet in Cile: l'importante era non disturbare il manovratore, ossia l'imprendotiria italiana con interessi in Argentina (in primis la FIAT) e soprattutto Mosca, fra i principali partner commercali della giunta militare. D'altronde erano anche i tempi gloriosi del compromesso storico che ebbe il suo coronamento nel governo Andreotti III, meglio conosciuto come di "Solidarietà nazionale" o della "non sfiducia": del resto c'era da combattere il terrorismo nostrano, ma soprattutto i suoi "fiancheggiatori" e "simpatizzanti", specie se "potenziali", cioè alla fine chiunque si opponesse allo Stato e alle sue Sacre Istituzioni, bonificandone il "brodo di coltura", come si diceva allora. Come in Argentina, insomma, con altri mezzi, solo un po' meno brutali e drastici perché, orsù, siamo nella civile Europa, mica nel Terzo Mondo...
già, e per una di quelle coincidenze che talora lasciano perplessi nello stesso giorno di questa tremenda ricorrenza muore johan cruijff protagonista, tra le tante, di una partita che, con la sua nazionale, perse e che io ricorderò sempre come uno dei giorni più tristi della mia esistenza visto che, quel giorno, avevo arancione qualsiasi parte della mia coscienza. Immagino che lo ricorderai anche tu come ricorderai il mio pianto, visto che c'eri.
RispondiEliminaRicordo bene, anche se non ho resistito e ho tifato per l'Albiceleste. Che, a prescindere da tutto il resto, non meritava di vincere nemmeno calcisticamente, perché la partita, oltre alla qualificazione, l'ha letteralmente rubata.
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