"Truth - Il prezzo della libertà" (Truth) di James Vanderbilt. Con Kate Blanchett, Robert Redford, Topher Grace, Elizabeth Moss, Dannis Quaid, Bruce Greenwood, John Benjamin Hickey, David Lyons, Rachel Blake e altri. USA, Australia 2015 ★★★
Primo lungometraggio di James Vanderbilt, basato sulla versione che la protagonista della vicenda, la produttrice televisiva Mary Mapes, ha scritto nel 2005 sulla sua defenestrazione, l'anno precedente, dalla CBS assieme all'anchorman Dan Rather, non può essere definito un brutto film ma, trattando lo stesso argomento de Il caso Spotlight, ossia il giornalismo d'inchiesta visto questa volta dall'interno di una emittente televisiva anziché di un quotidiano, è brutalmente penalizzato dal confronto con quest'ultimo, essendo uscito nelle sale successivamente, ma non finisce di convincere anche per altri aspetti. Il caso in questione è l'utilizzo, in verità piuttosto superficiale, da parte della CBS, dei cosiddetti Killian Documents alla base di una puntata della trasmissione 60 minutes, condotta da Dan Rather e prodotta dalla Mapes, in cui venivano denunciati dei favoritismi nei confronti del presidente in carica, Georg W. Bush, nell'imminenza della sfida con John Kerry per la rielezione alla Casa Bianca, all'epoca del suo servizio di leva, quando riuscì a evitare il Vietnam arruolandosi nell'aviazione della Guardia Nazionale. Questione ormai data per scontata ma passata in secondo piano rispetto alla discutibilità dei documenti prodotti, che non solo erano fotocopie, ma provenienti da fonti che per propria ammissione avevano mentito sulla loro provenienza. In altre parole: i fatti denunciati erano veri ma le prove insufficienti. Messa sotto pressione dall'entuorage dalla presidenza, la CBS istituirà una commissione d'inchiesta interna per valutare le responsabilità dello staff di giornalisti che si erano occupati del caso, che si concluderà con il loro licenziamento e l'allontanamento dello stesso Dan Rather, storico anchor man dell'emittente da 40 anni, che rassegnerà le dimissioni l'anno successivo. Il film riflette il punto di vista della Mapes, bene interpretata da Kate Blanchett che ne sottolinea opportunamente gli aspetto ansiogeni, mentre nei panni di Rather torna, nell'ennesima parte da giornalista liberal, un sempre apprezzabile e convincente Robert Redford, attribuendo la cialtroneria nella verifica delle fonti alla fretta imposta dalla CBS nella messa in onda del programma, ma è altrettanto vero che quest'ultimo ha "bruciato" la storia mettendo fuori causa anche altri giornalisti (tra cui proprio lo staff di "Spotlight" del Boston Globe) che stavano scavando a fondo sulla questione, e questo il film non lo sottolinea: il risultato sono stati altri quattro anni di Bush, che avrebbe poi battuto Kerry per un pelo, con quel che ne consegue. A parte questo, la pellicola dà un'impressione di stantìo e di déjà vu, oltre a essere alquanto lenta e didascalica e, in alcuni passaggi, incomprensibile perfino per gli addetti ai lavori. Si può vedere, insomma, ma si poteva anche fare di meglio ed essere meno manichei
Primo lungometraggio di James Vanderbilt, basato sulla versione che la protagonista della vicenda, la produttrice televisiva Mary Mapes, ha scritto nel 2005 sulla sua defenestrazione, l'anno precedente, dalla CBS assieme all'anchorman Dan Rather, non può essere definito un brutto film ma, trattando lo stesso argomento de Il caso Spotlight, ossia il giornalismo d'inchiesta visto questa volta dall'interno di una emittente televisiva anziché di un quotidiano, è brutalmente penalizzato dal confronto con quest'ultimo, essendo uscito nelle sale successivamente, ma non finisce di convincere anche per altri aspetti. Il caso in questione è l'utilizzo, in verità piuttosto superficiale, da parte della CBS, dei cosiddetti Killian Documents alla base di una puntata della trasmissione 60 minutes, condotta da Dan Rather e prodotta dalla Mapes, in cui venivano denunciati dei favoritismi nei confronti del presidente in carica, Georg W. Bush, nell'imminenza della sfida con John Kerry per la rielezione alla Casa Bianca, all'epoca del suo servizio di leva, quando riuscì a evitare il Vietnam arruolandosi nell'aviazione della Guardia Nazionale. Questione ormai data per scontata ma passata in secondo piano rispetto alla discutibilità dei documenti prodotti, che non solo erano fotocopie, ma provenienti da fonti che per propria ammissione avevano mentito sulla loro provenienza. In altre parole: i fatti denunciati erano veri ma le prove insufficienti. Messa sotto pressione dall'entuorage dalla presidenza, la CBS istituirà una commissione d'inchiesta interna per valutare le responsabilità dello staff di giornalisti che si erano occupati del caso, che si concluderà con il loro licenziamento e l'allontanamento dello stesso Dan Rather, storico anchor man dell'emittente da 40 anni, che rassegnerà le dimissioni l'anno successivo. Il film riflette il punto di vista della Mapes, bene interpretata da Kate Blanchett che ne sottolinea opportunamente gli aspetto ansiogeni, mentre nei panni di Rather torna, nell'ennesima parte da giornalista liberal, un sempre apprezzabile e convincente Robert Redford, attribuendo la cialtroneria nella verifica delle fonti alla fretta imposta dalla CBS nella messa in onda del programma, ma è altrettanto vero che quest'ultimo ha "bruciato" la storia mettendo fuori causa anche altri giornalisti (tra cui proprio lo staff di "Spotlight" del Boston Globe) che stavano scavando a fondo sulla questione, e questo il film non lo sottolinea: il risultato sono stati altri quattro anni di Bush, che avrebbe poi battuto Kerry per un pelo, con quel che ne consegue. A parte questo, la pellicola dà un'impressione di stantìo e di déjà vu, oltre a essere alquanto lenta e didascalica e, in alcuni passaggi, incomprensibile perfino per gli addetti ai lavori. Si può vedere, insomma, ma si poteva anche fare di meglio ed essere meno manichei
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