"Much Loved" (Zin li fik) di Nabil Ayouch. Con Loubna Abidar, Asmaa Lazrak, Halima Karaouane, Sara Elmhandi Elallaoui, Abdullah Didane, Carlo Brandt, Danny Boushebel. Marocco 2015 ★★★★
Il clamore suscitato alla presentazione di questo film marocchino alla Quinzaine dell'ultimo Festival di Cannes, dovuto al divieto di uscita nelle sale in patria e a una serie di minacce e denunce al regista Nabil Ayouch e alla protagonista principale, Loubna Abidar, è stato accompagnato da critiche contrastanti, a cominciare da accuse di voyeurismo. Però la scelta di non lesinare le scene scabrose e i dialoghi non esattamente da educande non è fine a sé stessa, risultando funzionale alla rappresentazione realistica della vita quotidiana di un gruppo di tre prostitute di Marrakech che condividono sia l'abitazione sia la vita professionale e rendendola assai credibile. Il tutto si svolge a Marrakech, tra l'abitazione delle tre ragazze, Noah, Soukaina, Randa, a cui se ne aggiungerà una quarta, Hilma, proveniente da un paesello di campagna, sperduta e fuori luogo nella grande città, che viene aggregata alla compagnia delle ragazze, che frequentano alberghi di lusso intrattenendo sauditi ricchi sfondati quanto indecenti e violenti, oppure discoteche in tutto uguali a quelle nostrane, frequentate da europei maturi e bavosi, dove gira cocaina in quantità industriali e scorre alcol a fiumi, in serate deliranti che possono sconfinare in aggressioni o finire al commissariato di polizia, dove le aspettano il pizzo da pagare oppure altre umiliazioni. Di contro, nonostante le inevitabili tensioni di una convivenza tra persone tanto diverse (c'è quella con figli e che mantiene la famiglia, quella che sogna di raggiungere il padre in Spagna e ha tendenze lesbiche, quell'altra che ha un fidanzato e tende al sentimentalismo), c'è un mondo solidale al femminile, che fraternizza con i colleghi travestiti e transessuali, in cui non manca, alla fine, la speranza di un futuro migliore e diverso e un ottimismo di fondo, e questo nonostante la doppia vita che le tre ragazze conducono, fatta di lustrini e lusso ma anche di vergogna, a cominciare dal disprezzo delle proprie famiglie d'origine che pure vivono alle loro spalle, perché quando si tratta di danaro, non stanno certo a sindacarne la provenienza. Unica presenza maschile positiva, Said, il tassista tuttofare che funge anche da guardaspalle all'occorrenza, servizievole, paziente, rassicurante e che ha una certa somiglianza con Bettino Craxi. Forse alcune scene risultano un po' insistite e compiaciute, ma a mio parere fa parte del gusto maghrebino, come la musica locale che può suonare tediosa alle nostre orecchie; il film comunque è valido, mostra Marrakech per quello che è se senza darcene un'immagine stereotipata, racconta di un ambiente che c'è eccome, da noi come in un Paese musulmano, ma che si fa di tutto per rimuovere, e alla sua riuscita hanno contribuito più di tutto le interpretazioni delle quattro attrici, una più brava e convincente dell'altra.
Il clamore suscitato alla presentazione di questo film marocchino alla Quinzaine dell'ultimo Festival di Cannes, dovuto al divieto di uscita nelle sale in patria e a una serie di minacce e denunce al regista Nabil Ayouch e alla protagonista principale, Loubna Abidar, è stato accompagnato da critiche contrastanti, a cominciare da accuse di voyeurismo. Però la scelta di non lesinare le scene scabrose e i dialoghi non esattamente da educande non è fine a sé stessa, risultando funzionale alla rappresentazione realistica della vita quotidiana di un gruppo di tre prostitute di Marrakech che condividono sia l'abitazione sia la vita professionale e rendendola assai credibile. Il tutto si svolge a Marrakech, tra l'abitazione delle tre ragazze, Noah, Soukaina, Randa, a cui se ne aggiungerà una quarta, Hilma, proveniente da un paesello di campagna, sperduta e fuori luogo nella grande città, che viene aggregata alla compagnia delle ragazze, che frequentano alberghi di lusso intrattenendo sauditi ricchi sfondati quanto indecenti e violenti, oppure discoteche in tutto uguali a quelle nostrane, frequentate da europei maturi e bavosi, dove gira cocaina in quantità industriali e scorre alcol a fiumi, in serate deliranti che possono sconfinare in aggressioni o finire al commissariato di polizia, dove le aspettano il pizzo da pagare oppure altre umiliazioni. Di contro, nonostante le inevitabili tensioni di una convivenza tra persone tanto diverse (c'è quella con figli e che mantiene la famiglia, quella che sogna di raggiungere il padre in Spagna e ha tendenze lesbiche, quell'altra che ha un fidanzato e tende al sentimentalismo), c'è un mondo solidale al femminile, che fraternizza con i colleghi travestiti e transessuali, in cui non manca, alla fine, la speranza di un futuro migliore e diverso e un ottimismo di fondo, e questo nonostante la doppia vita che le tre ragazze conducono, fatta di lustrini e lusso ma anche di vergogna, a cominciare dal disprezzo delle proprie famiglie d'origine che pure vivono alle loro spalle, perché quando si tratta di danaro, non stanno certo a sindacarne la provenienza. Unica presenza maschile positiva, Said, il tassista tuttofare che funge anche da guardaspalle all'occorrenza, servizievole, paziente, rassicurante e che ha una certa somiglianza con Bettino Craxi. Forse alcune scene risultano un po' insistite e compiaciute, ma a mio parere fa parte del gusto maghrebino, come la musica locale che può suonare tediosa alle nostre orecchie; il film comunque è valido, mostra Marrakech per quello che è se senza darcene un'immagine stereotipata, racconta di un ambiente che c'è eccome, da noi come in un Paese musulmano, ma che si fa di tutto per rimuovere, e alla sua riuscita hanno contribuito più di tutto le interpretazioni delle quattro attrici, una più brava e convincente dell'altra.
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