"Il segreto del suo volto" (Phoenix) di Christian Petzold. Con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Nina Kunzendorf, Michael Maertens, Imogen Kogge e altri. Germania 2014 ★★★½
Un bel film, girato con rigore e ben interpretato soprattutto da parte di Nina Hoss, già bravissima protagonista de "La scelta di Barbara", dello stesso regista che, in forma di un interessante connubio tra noir e meló dai molteplici risvolti psicologici, affronta in maniera metaforica e coraggiosa da un lato il tema della memoria storica dell'olocausto in Germania, dall'altro il punto di vista non stereotipato di una vittima. Si tratta di Nelly, già valente cantante, reduce dal Lager di Auschwitz-Birkenau, che torna nella natìa Berlino stremata e sfigurata nel volto a causa di un'ustione: a prendersi cura di lei è Lena, una sua amica anche lei ebrea, sopravvissuta perché rifugiatasi in Svizzera, che cerca di convincerla di trasferirsi a Tel Aviv per cominciare un'altra esistenza esistenza, magari sotto nuove sembianze e a investire parte del suo patrimonio nell'edificazione dello Stato d'Israele. Nelly non ne vuole sapere: non solo si rifiuta di lasciare Berlino, ma quando è costretta a subire un intervento di ricostruzione del viso vuole riottenere i suoi lineamenti così come riprendere la sua esistenza abituale, a cominciare dalla ricerca dell'amato Johnny, il marito pianista che forse l'aveva tradita denunciandola ai nazisti e aveva chiesto il divorzio prima del suo arresto seguito dalla deportazione. E finirà per trovarlo in un cabaret, il "Phoenix" che dà il titolo originale al film, che si arrabatta con lavori d fortuna, ma l'uomo non la riconosce, intravedendo solo qualche somiglianza con la moglie della cui morte è certo, e anzi la convince a interpretare... sé stessa, per recuperarne a sua volta il patrimonio. Nelly accetta, e sotto la guida di Johnny si esercita, non senza fatica, a rientrare nei propri panni, in vista della messa in scena del suo ritorno dal campo di sterminio. E' per lei l'unica maniera di riprendersi la propria esistenza, mentre non ci riuscirà Lene, che nel frattempo si è tolta la vita non riuscendo né a riannodare i fili col passato né ad autoconvincersi della giustezza della causa sionista e intravedere un futuro. Così Nelly apparirà senza un graffio, fascinosa, elegante nel suo sgargiante vestito rosso, quando scenderà da un treno proveniente da Est, ai suoi amici e colleghi convocati alla stazione per accoglierla, perché è così che la vogliono vedere e riconosceranno, non come una disperata che potrebbe far risvegliare brutti ricordi e rinfocolare qualche cattiva coscienza, e il film si chiude con lei che intona davanti al suo pubblico di intimi un suo struggente pezzo forte accompagnata al piano dallo smemorato Johnny. Non è la verosimiglianza che cerca questa pellicola, o la credibilità della vicenda (e comunque sono estremamente curate le ricostruzioni d'interni dell'epoca), quanto una riflessione sulla potenza dei meccanismi di rimozione e della memoria selettiva o di comodo, che non riguardano soltanto la società tedesca ma anche, per esempio, la nostra, che di questa attitudine mentale è ancora più vittima. E in questo coglie il segno.
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