"Velvet Terrorists" (Zamatovi teroristi) di Péter Kerekes, Ivan Ostìrochovsky, Pavol Pekarcik. Con Stanislavo Kratochvíl, František Bednár, Vladimír Hučín, Amanda Nagyová, Marcela Bednárová, Iva Škrbelová. Slovacchia, Croazia, Repubblica Ceca 2013 ★★★½
Presentato al Trieste Film Festival che si è chiuso giovedì scorso, e in precedenza a quelli di Karlovy Vary e Berlino, questo dedicato ai "Terroristi di velluto" (parafrasando la Rivoluzione dell'89 che portò all'abbattimento del regime comunista nell'ex Cecoslovacchia) è un film inconsueto come i suoi "eroi", tre personaggi che rievocano un passato che hanno in comune: quello di essere finiti in galera, durante i primi anni Ottanta, accusati di atti di terrorismo. Nei tre episodi che compongono il mosaico, diretti in collaborazione fra i tre registi, i tre vengono filmati al giorno d'oggi mentre raccontano il loro passato e il loro presente, ripercorrendo azioni e luoghi della loro pratica terroristica: Stano, single, muratore con la passione della pesca, che sta cercando l'anima gemella attraverso inserzioni su siti internet, voleva fare saltare in aria il palco in cui si sarebbe celebrata la festa del 1° maggio nella propria città e racconta come si svolgeva la sua esistenza in una cella di due metri per quattro durante i cinque anni di prigionia; Fero, che possiede tuttora dei lampi di lucida follia negli occhi, sposato con due figli, tiene un corso accelerato ai due ragazzi su come guidare un'auto pronta per la fuga e di tiro al bersaglio alla moglie e va avanti tutt'oggi ad armeggiare con gli esplosivi: il suo progetto era di assassinare l'allora presidente Gustáv Husák ma i servizi segreti occidentali, che aveva tentato di contattare dalla Croazia dove era andato in vacanza assieme alla sua complice e fidanzata, non gli avevano dato corda, e ai tempi era stato arrestato perché aveva spedito un pacco-bomba, peraltro innocuo, alla locale sede del Partito Comunista; Vladimir, il più determinato dei tre, vive da solo per scelta perché convinto che non si debbano coinvolgere le persone vicine nelle proprie attività "coperte" e tiene corsi di sopravvivenza a una ragazza "dark" arrabbiata col mondo quanto lo era lui in gioventù, finito in carcere per ben quattro volte dal 1971 perché faceva esplodere le bacheche infestate dall'onnipresente propaganda di regime. Tutto lascia pensare che i personaggi siano autentici e interpretino sé stessi, ma anche se fossero attori non avrebbe importanza perché tutto risulta altamente estremamente verosimile, con un risultato che va dal tragicomico al "reality", al documento storico con un tocco di surreale che non può mancare nella terra che fu di Hašek, Kafka e Hrabal, e dove prevale il piacere del racconto, ma non manca il tema dell'amore (sotterraneo e latente quanto potente nellpultimo episodio) e perfino del sesso, cui però non si fa nemmeno larvatamente accenno. Ma c'è, perché fa parte della vita. Un film curioso ed estremamente realistico, che riesca ad aprire una finestra sul passato e sul presente di Paesi molto vicini che sarebbe il caso di conoscere meglio.
Presentato al Trieste Film Festival che si è chiuso giovedì scorso, e in precedenza a quelli di Karlovy Vary e Berlino, questo dedicato ai "Terroristi di velluto" (parafrasando la Rivoluzione dell'89 che portò all'abbattimento del regime comunista nell'ex Cecoslovacchia) è un film inconsueto come i suoi "eroi", tre personaggi che rievocano un passato che hanno in comune: quello di essere finiti in galera, durante i primi anni Ottanta, accusati di atti di terrorismo. Nei tre episodi che compongono il mosaico, diretti in collaborazione fra i tre registi, i tre vengono filmati al giorno d'oggi mentre raccontano il loro passato e il loro presente, ripercorrendo azioni e luoghi della loro pratica terroristica: Stano, single, muratore con la passione della pesca, che sta cercando l'anima gemella attraverso inserzioni su siti internet, voleva fare saltare in aria il palco in cui si sarebbe celebrata la festa del 1° maggio nella propria città e racconta come si svolgeva la sua esistenza in una cella di due metri per quattro durante i cinque anni di prigionia; Fero, che possiede tuttora dei lampi di lucida follia negli occhi, sposato con due figli, tiene un corso accelerato ai due ragazzi su come guidare un'auto pronta per la fuga e di tiro al bersaglio alla moglie e va avanti tutt'oggi ad armeggiare con gli esplosivi: il suo progetto era di assassinare l'allora presidente Gustáv Husák ma i servizi segreti occidentali, che aveva tentato di contattare dalla Croazia dove era andato in vacanza assieme alla sua complice e fidanzata, non gli avevano dato corda, e ai tempi era stato arrestato perché aveva spedito un pacco-bomba, peraltro innocuo, alla locale sede del Partito Comunista; Vladimir, il più determinato dei tre, vive da solo per scelta perché convinto che non si debbano coinvolgere le persone vicine nelle proprie attività "coperte" e tiene corsi di sopravvivenza a una ragazza "dark" arrabbiata col mondo quanto lo era lui in gioventù, finito in carcere per ben quattro volte dal 1971 perché faceva esplodere le bacheche infestate dall'onnipresente propaganda di regime. Tutto lascia pensare che i personaggi siano autentici e interpretino sé stessi, ma anche se fossero attori non avrebbe importanza perché tutto risulta altamente estremamente verosimile, con un risultato che va dal tragicomico al "reality", al documento storico con un tocco di surreale che non può mancare nella terra che fu di Hašek, Kafka e Hrabal, e dove prevale il piacere del racconto, ma non manca il tema dell'amore (sotterraneo e latente quanto potente nellpultimo episodio) e perfino del sesso, cui però non si fa nemmeno larvatamente accenno. Ma c'è, perché fa parte della vita. Un film curioso ed estremamente realistico, che riesca ad aprire una finestra sul passato e sul presente di Paesi molto vicini che sarebbe il caso di conoscere meglio.
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