"Qualcosa nell'aria" (Après mai) di Olivier Assayas. Con Clement Metayer, Lola Creton, Felix Armand, Carole Combes, India Menuez e altri. Francia 2012 ★★¾
Autobiografia di un regista (francese) da giovane, lento, verboso, interpretato da attori che sembrano passati lì per caso come spesso avviene nelle pellicole d'Oltralpe, post sessantottardo: questo film aveva tutte le caratteristiche per farmi girare gli zebedei, e invece non mi sento di tirargli la croce addosso. Perché il regista, che avevo apprezzato per la miniserie televisiva "Carlos" del 2010, mio coetaneo, racconta in maniera credibile un'epoca, quella dei primissimi anni Settanta, in un ambiente, quello liceale, che era anche il mio, e dei fremiti rivoluzionari dei figli della borghesia, che conosco altrettanto bene per esserci passato, con tanto di dubbi, scetticismo di fronte a scelte dettate dall'ideologismo esasperato dei fratelli di poco più anziani protagonisti del "vero" 68, quello del maggio. Efficace il personaggio principale, Gilles, assolutamente autobiografico, più che credibile nel suo trovarsi in bilico tra un impegno totale, le sue ispirazioni artistiche, i contrasti col padre vissuti però in maniera non dirompente. C'è anche un viaggio in Italia fatto mentre era ricercato per un episodio di violenza politica insieme con la giovane fidanzata Cristine che lo porta in contatto com dei cinematografari "militanti", quelli degli interminabili dibattiti e delle pellicole di lotta dalla valenza rivoluzionaria. Quel che è nell'aria sono le contraddizioni di un'epoca, che in quei primi anni Settanta erano uguali in Francia come in Italia e, in parte, in Germania: negli ultimi due Paesi ci sarebbe stato presto la cesura del passaggio di alcuni gruppi alla lotta armata. Apprezzabile, in un film autobiografico, la mancanza di una nostalgia melensa sempre in agguato in questi casi (perché di stronzate se ne sono dette e fatte tante) e qualsiasi intento dogmatico e preconcetto: il film non dà giudizi. Se durasse una mezz'oretta in meno, però, sarebbe meglio.
Autobiografia di un regista (francese) da giovane, lento, verboso, interpretato da attori che sembrano passati lì per caso come spesso avviene nelle pellicole d'Oltralpe, post sessantottardo: questo film aveva tutte le caratteristiche per farmi girare gli zebedei, e invece non mi sento di tirargli la croce addosso. Perché il regista, che avevo apprezzato per la miniserie televisiva "Carlos" del 2010, mio coetaneo, racconta in maniera credibile un'epoca, quella dei primissimi anni Settanta, in un ambiente, quello liceale, che era anche il mio, e dei fremiti rivoluzionari dei figli della borghesia, che conosco altrettanto bene per esserci passato, con tanto di dubbi, scetticismo di fronte a scelte dettate dall'ideologismo esasperato dei fratelli di poco più anziani protagonisti del "vero" 68, quello del maggio. Efficace il personaggio principale, Gilles, assolutamente autobiografico, più che credibile nel suo trovarsi in bilico tra un impegno totale, le sue ispirazioni artistiche, i contrasti col padre vissuti però in maniera non dirompente. C'è anche un viaggio in Italia fatto mentre era ricercato per un episodio di violenza politica insieme con la giovane fidanzata Cristine che lo porta in contatto com dei cinematografari "militanti", quelli degli interminabili dibattiti e delle pellicole di lotta dalla valenza rivoluzionaria. Quel che è nell'aria sono le contraddizioni di un'epoca, che in quei primi anni Settanta erano uguali in Francia come in Italia e, in parte, in Germania: negli ultimi due Paesi ci sarebbe stato presto la cesura del passaggio di alcuni gruppi alla lotta armata. Apprezzabile, in un film autobiografico, la mancanza di una nostalgia melensa sempre in agguato in questi casi (perché di stronzate se ne sono dette e fatte tante) e qualsiasi intento dogmatico e preconcetto: il film non dà giudizi. Se durasse una mezz'oretta in meno, però, sarebbe meglio.
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