domenica 29 maggio 2016

Re-cuencano



Sulla via del ritorno verso Quito, e perché mi era piaciuta molto, ho deciso di trascorrere la giornata del mio genetliaco a Cuenca. Cominciata in maniera piovigginosa, e con basse nubi incombenti, così come era finita quella di ieri, funestata altresì dalla sconfitta dell'Atletico di Madrid nella finale di Champions League tenutasi ieri a San Siro, a Milano (per me a ancora oggi "Stadio Meazza", con tutto il rispetto per il grande Pepìn, non significa nulla: ma che emozione, e che strangugloni vederlo in televisione, stracolmo, a più  didiecimila chilometri di distanza dopo averci trascorso innumerevoli domeniche di campionato fin dalla più tenera infanzia nonché serate di coppa infrasettimanali!). E' la seconda volta in tre anni che i colchoneros (materassai, per via delle maglie a righe che sembravano fatte coi resti delle tele per i matreassi) vengono sconfitti rocambolescamente e sempre nella finale del più prestigioso torneo calcidtico per club, dagli acerrimi rivali cittadini del Real che, da quando non sono più guidati dal Mou, sono tornati e essermi odiosi: una Juventus a livello continentale (cosa che la squadra sabauda e agnelliana non sarà mai) e per di più con un passato franchista e un presente tuttora monarchico, come esplicita la sua ragione sociale. Mi è dispiaciuto per i seguaci dell'Atletico, per il "Cholo" Simeone, di cui da buon interista serbo un'ottimo ricordo, in vero condottiero capace di guidare e portare ad altissimi livelli una squadra che alle spalle non ha un decimo dei capitali di cui dispongono il Real e le altre appartenenti all'oligopolio calcistico europeo. 


Una classica domenica cuencana, di quelle che in Italia, almeno nelle grandi città, non ce n'è ormai più memoria, col sole che a metà mattinata cominciava a bucare le nuvole, rendendo gradevole la temperatura e riducendo il tasso di umidità; placida, sonnolenta, con rari negozi e locali pubblici che aprivano con molto comodo, scarsissimo traffico, gruppi famigliari che si muovevano chi per andare a messa, chi in visita parenti, chi a farsi tentare dai baracchini di dolciumi allestiti tra la Catedral de la Inmaculada e la Plaza de San Francisco


Oggi, infatti, si ceebra il Corpus Domini e hi così ho capito a cosa si riferiva la scritta "Hay dulces de Corpus" che campeggiava in ogni panettria e pasticceria già durante il mio soggiorno di una decina di giorni fa: ora le stesse espongono i loro prodotti tradizionali (l'usanza risale all'epoca coloniale) negli stand che rimarranno allestiti fino a domenica prossima. 
Per ora ho "santificato" con churros y chocolate a colazione (un omaggio al derby madrileno di ieri) seguiti da assaggi di quesadillas (insuperabili quelle confezionate dalle locali Madres Conceptas, però: manine sante, e per dirlo io...), roscos, cocadas e alfajores, innaffiate da delizioso jugo de coco


Ma il pomeriggio è ancora in corso e promette ulteriori assaggi, e con le prime frescure della sera il cocco verrà sostituito dal canelazo, bevanda tipicamente andina, diffusa dalla Colombia alla Bolivia, di cui esiste un'infinità di varianti ma che di base è composta da acqua di cannella calda, zucchero di canna e aguardiente, spesso artigianale: un resuscita-morti e stronca-vivi. E con domani si torna verso Nord: colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che mi hanno fatto gli auguri quest'oggi, anche quelli che hanno proivato a chiamarmi ma hanno trovato a rispondere una segreteria telefonica in castigliano. Grazie ancora. 

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