Tornato sul livello del mare dopo tre settimane di permanenza a una media di duemilacinquecento metri, con punte fino ai quattromila e oltre, ho ricominiato a vedere anche dei gatti, oltre a della gente che sembra sempre contenta di stare in un mondo che qui nel Caribe si rivela immediatamente multicolore, assume toni musicali e dove batte un cuore a ritmi africani. Cartagena de Indias sarà anche una città turistica, e in effetti è infestata soprattutto di anglosassoni tra cui i più sgradevoli si distinguono, come sempre, gli yanques, che qui si sentono nel loro cortile di casa, sbracati, anzi: per lo più in costume da bagno, a dimenare culi spropositati e deformi, trippe prominenti, a strepitare come galline e a trapanare l'udito a voce alta nonché offendendolo con la loro pronuncia sguaiata e indecente di una lingua che poco ha ormai a che vedere con l'inglese, ma non si fatica, seguendo la regola aurea di evitare come la peste i posti che frequentano questi bifochi e volgendo lo sguardo dove Il loro non si soffermerebbe mai, per scoprirne ancora gli aspetti dove si mostra la sua essenza, che è ancora quella di uno dei maggiori centri afroamericani dell'intera America Latina (guarda caso, gli yanques WASP, tanto razzisti a casa loro, trovano pitorescou tutto quel che fa colore locale, perfino il nero).
E infatti le somiglianze con Salvador de Bahía, ma soprattutto con l'Avana mi sono immediatamente saltate all'occhio, specie quelle con la sorella maggiore caraibica, sia per l'affinità lingustica, sia per lo stile architettonico, essendo l'influenza lusitana e manuelina a Salvador preponderante, e la presenza nera nello Stato di Bahía ancora più massiccia che qui, con la differenza che Il centro storico di Cartagena è infinitamente più curato e meglio mantenuto di quello dell'Avana (ci penseranno le companies nordamericane a stravolgerlo a breve, dopo la fine dell'embargo).
Questa la sensazione al primo impatto con questo gioiello coloniale pressoché intatto circondato e in qualche modo protetto da un a possente cinta di mura che l'hanno difesa dai ripetuti attacchi dei pirati di "Sir" Francis Drake, il corsaro nominato baronetto dalla Corona Britannica (e dunque anglosassone per definizione), dagli assedi della Marina inglese nel 1741 e successivamente di un'altra corona, quella spagnola, purtroppo infruttuosamente, nel 1815, ad opera di Pablo Morillo, il Capitano Generale incaricato di combattere le truppe rivoluzionarie di Simón Bolívar, dopo che la città aveva proclamato per la prima volta l'indipendenza nel 1811. Poi occorsero quasi altri quattro decenni perché un governo finalmente liberale abolisse, nel 1851, la schiavitú, e facesse entrare in vigore una costituzione che, oltre a proclamare la libertà di stampa e i fondamentali diritti civili, sancisse la separazione fra Stato e Chiesa. Ma questa è ormai storia.
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