lunedì 4 settembre 2023

Oppenheimer

"Oppenheimer" di Christopher Nolan. Con Cillian Murphy, Emily Blunt, Robert Downey Jr., Matt Damon, Florence Pugh, Jack Quaid, Rami Malek, Bennie Safdie, Michael Angarano, Josh Hartnett, Kenneth Branagh, Jason Clarke, Dane DeHaan, Matthew Modine, Dylan Arnold e altri, USA 2023 ★★★1/2

L'aspetto positivo del pompaggio a manetta, francamente eccessivo, dell'ultimo film di Christopher Nolan, basato sulla biografia di J. Robert Oppenheimer scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin (titolo originale America Prometheus), è stato la riesumazione di Following, film d'esordio del regista britannico, presentato per l'occasione in contemporanea con l'uscita di Oppenheimer; quello negativo, inevitabile quando si esagera nel creare aspettative, è di averne indotte troppe, per cui alla fine la delusione è in agguato. Così come è inevitabile andare a cercare i difetti di un film che è si tecnicamente di altissimo livello, e ci mancherebbe anche altro, col budget che il regista, e qui anche sceneggiatore, si è trovato fra le mani, così come un cast di prim'ordine, ma non il capolavoro che era stato fatto balenare dagli imbonitori che bivaccano nelle redazioni degli spettacoli di giornali, radio e TV in una unanime celebrazione anticipata, prima ancora che uscisse nelle sale. Come sempre in Nolan la narrazione scorre su diversi livelli temporali: da un lato cronologicamente incentrata sull'evoluzione del fisico, nato a New York da famiglia ebreo-tedesca ma formatosi in Europa, a partire dal 1926, quando si trovava prima a Cambridge e poi a Göttingen, a contatto con i fondatori della fisica quantistica, una dimensione completamente nuova di vedere e interpretare la materia di cui si occupava (non in esclusiva, perché i sui interessi erano molteplici e spaziavano in discipline diverse), la sue convinzioni progressiste, i contatti ravvicinati con esponenti comunisti (che poi gli sarebbero stati rinfacciati) che non impedirono a Roosevelt di volerlo a capo del Progetto Manhattan, ossia lo sviluppo della bomba atomica, che avvenne in gran segreto a Los Alamos, New Mexico, in un sito voluto da Oppenheimer stesso in una zona che conosceva bene, in un count-down serrato fino al primo test nel deserto, chiamato Trinity, poche settimane prima che due ordigni venissero sganciati su Hiroshima e Nagasaki; dall'altro, in un bianco e nero che ben evidenzia posizioni diverse, le udienze "private", avvenute nel 1954, piena epoca maccartista di "caccia allestreghe", leggi comunista, in seguito alle quali gli sarebbe stato negato il nulla osta per la sicurezza, per una vendetta di Lewis Strauss, a suo tempo presidente della Commissione per l'energia atomica e aspirante segretario di Stato per il commercio. Due filoni, dunque, che si intrecciano di continuo nell'arco delle tre ore che dura il film, che comunque regge la durata e non annoia. E veniamo alle pecche. Oppenheimer era ben cosciente, anche per formazione, di cosa avrebbe comportato lo sviluppo dell'arma nucleare, e oltre a raggiungere l'obiettivo di battere sul tempo i nazisti nello sviluppo dell'arma definitiva, contava sull'effetto "deterrente" che avrebbe dovuto indurre a una soluzione diplomatico-politica per una cooperazione in campo nucleare, ma la sua visione filosofica, come il suo retroterra culturale, è tratteggiato un po' troppo sommariamente e rischia di risultare incomprensibile a chi non conosce la storia del personaggio e certi dettagli; era dunque un uomo geniale, combattuto, come segnato da un destino (dharma) che sentiva incombere su di lui, e ben lo interpreta uno smagrito Cillian Murphy, già presente in altri film di Nolan, in un ruolo paradossalmente simile al Thomas Shelby di Peaky Blinders, serie TV britannica di gran successo sulle vicende di una banda di zingari nell'Inghilterra degli anni Venti e Trenta. Sempre a proposito di serie TV, tutta la fase di Los Alamos ricorda molto da vicino Manhattan, due stagioni uscite nel 2014 e 2015, dove pure era presente Oppenheimer, in quell'occasione interpretato da Daniel London, che a mio parere ha illustrato meglio che qui le tensioni fra gli scienziati coinvolti nel progetto. Sull'altro filone, quello dell'incalzante interrogatorio del "padre dell'atomica" per verificarne la "fedeltà" e compatibilità al sistema americano incarnato da Edgar J. Hoover, onnipotente direttore del FBI, mi è venuto in mente Good Night and Good Luck di George Clooney del 2005 (anche lì c'era Robert Downey Junior, che qui interpreta magistralmente Lewis Strauss, il migliore di tutto il cast, e il rapporto tra lui il fisico inevitabilmente mi ha ricordato quello fra Salieri e Mozart nell'Amadeus di Miloš Forman): non intendo alludere a una scopiazzatura, ma mi pare che in entrambi i casi gli autori abbiano centrato meglio il bersaglio. Certo, qui il personaggio e il fulcro è Oppenheimer, ma alla fine si ha come l'impressione di non avere del tutto capito il personaggio, come invece succede per la moglie Katherine (Emily Blunt), Jean Tatlock, l'amante comunista e suicida con cui era rimasto vivo un legame molto intenso, anche intellettualmente, e lo stesso ambizioso e vendicativo Lewis Strauss. Insomma, bel film, da vedere, ma non così mirabolante come c'era da attendersi. 

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