"Una donna promettente" (Promising Young Woman) di Emerald Fennell. Con Carey Mulligan, Bo Burnham, Laverne Cox, Clancy Brown, Jennifer Coolidge, Christopher Mintz-Plasse, Molly Shannon, Chris Lowell, Alfred Molina. USA 2020 ★★+
Spesso scelgo i film da vedere in base agli attori: alcuni di cui ho stima, nella fattispecie Carey Mulligan, qui nel ruolo della protagonista, sono solitamente garanzia di un prodotto valido, tantopiù se un'inglese accetta di recitare in un film ambientato in un'anonima città dell'Ohio, nell'America profonda (agghiacciante e sintomatico l'arredamento delle case nonché il modo di vestirsi e nutrirsi), ma in questo caso il risultato è stato ben lontano dalle attese. Brava come sempre lei a interpretare una giovane donna, Cassandra (Cassie) Thompson, 30 anni appena compiuti, che ha rinunciato a continuare gli studi in medicina, facoltà in cui primeggiava, per lavorare in una modesta caffetteria e vivere ancora coi genitori. Coltivando una sola stranezza: nei fine settimana si agghinda per l'occasione, si reca in locali dove si beve e, fingendosi sbronza e incapace i tenersi in piedi, si fa abbordare da sconosciuti che, con la scusa di volerla aiutare, se la portano a casa e immancabilmente tentano di approfittare del suo stato per portarsela a letto, venendo regolarmente beccati in flagrante, e umiliati dal suo sarcasmo. E questo lo si capiva già dal trailer del film che girava ormai da mesi. Il suo rifiuto di avere rapporti con l'altro sesso comincia a venire meno quando incontra Ryan, un chirurgo pediatrico suo coetaneo molto garbato che la "filava" già dai tempi dell'università, e che a sua volta, pur non prendendone viva parte ma essendo presente e senza impedirlo, aveva assistito allo stupro di gruppo di Nina, l'amica del cuore di Cassie, che non si sarebbe più ripresa dal muro di omertà elevato da compagni di studi, docenti, polizia, e soprattutto dal pregiudizio che, ubriacandosi, avrebbe incoraggiato i violentatori, passando in sostanza dalla parte del torto e finendo per suicidarsi. Caso da manuale ed estremo di bullizzazione, oltretutto. E' la sete di vendetta e di giustizia a muovere Cassie, che prima va a scovare e affrontare chi, potendo testimoniare il vero aveva a suo tempo preferito tacere o soprassedere, poi a colpire il vero colpevole e i suoi complici, infilandosi nella festa di addio al celibato di costui. Il tutto è giocato in una chiave che vorrebbe essere dark senza riuscirci se non a tratti e in maniera talmente scontata e lenta da finire con l'essere irritante, rifacendosi però nel finale con un colpo di scena geniale e dal sapore amarognolo che non posso raccontare perché è l'unica cosa che riabilita un film altrimenti mediocre. La Mulligan è padrona della scena, sempre convincente; i comprimari nei limiti degli onesti mestieranti, la regìa senza grandi sprazzi, ad aleggiare quel sottofondo melmoso di "politicamente corretto" che infesta tutto quanto prodotto dalle parti di Hollywood negli ultimi anni: in mano a un regista britannico (o a un Tarantino), da questa sceneggiatura, opportunamente rielaborata, sarebbe venuto fuori qualcosa di memorabile e davvero cattivo.
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