"Marx può aspettare" di Marco Bellocchio. Con Letizia, Maria Luisa, Alberto, Piergiorgio e Marco Bellocchio. Italia 2021 ★★★★★
E’ stato definito come documentario: in realtà l’ultimo lavoro di Marco Bellocchio, che rivela esplicitamente le motivazioni di fondo delle tematiche che ricorrono in tutti i suoi film, è puro meta-cinema, qualcosa che va ben oltre il lungometraggio, e di più. Qualcosa di perfetto, concluso. Che dà un senso compiuto a tutto quel che questo grande regista e intellettuale ha prodotto durante la sua lunga e meritoria attività. L'idea gli è venuta cinque anni fa in dicembre, in occasione di una riunione di famiglia organizzata per festeggiare vari compleanni presso il Circolo dell'Unione di Piacenza, fondato dall'avvocato Bellocchio, presenti i sei figli sopravvissuti, i consorti e i nipoti. Assenti, perché ormai morti, ma convitati di pietra, Paolo, il fratello maggiore, malato di schizofrenia e Camillo, gemello di Marco, il bello della famiglia ma anche il meno "realizzato", suicidatosi ventinovenne il 27 dicembre del 1968. Un anno particolare e significativo, che ha a che vedere col titolo, poiché è l'ultima frase che il regista ha udito dal suo gemello, come risposta quando lo sollecitava a uscire dal suo stato di apatia per impegnarsi nella lotta per cambiare il mondo. Camillo, la sua introversione, la sua infelicità erano stati semplicemente rimossi dai fratelli, che per compiacere la madre, ansiosa e in preda a deliri religiosi, nemmeno concepiva l'idea che uno dei suoi figli potesse essersi tolto la vita, per decenni hanno inscenato la commedia dell'incidente, senza affrontare l'argomento. Cosa che il regista ha fatto in questa occasione, ricostruendo durante gli ultimi cinque anni come in un'indagine tutte le possibili cause del gesto del fratello, parlandone coi fratelli, interrogandoli, compresa la sordomuta e deliziosa Letizia, e "confessandosi" lui stesso (in realtà lo aveva già fatto attraverso tutti i suoi film esprimendo un inestinguibile senso di colpa, gli fa notare un amico gesuita, intervistato a sua volta), lavoro che, ha affermato in occasione della presentazione del film al Festiva di Cannes, è stato un'esperienza liberatoria ma non assolutoria. E' un ambiente famigliare profondamente disfunzionale, e borghesemente ipocrita, con un padre autoritario e una madre ostaggio di un senso religioso oscurantista, il terreno di coltura sia del senso di inadeguatezza e solitudine di Camillo, sia dell'anaffettività dei fratelli, tutti talmente impegnati a pensare alla propria sopravvivenza psichica e riuscendoci indirizzando le proprie energie nell'affermazione personale, ognuno nel proprio campo, da non riuscire a vedere, e nemmeno volere vedere, il disagio di questo ragazzo indeciso, irrealizzato, che si sentiva incapace di trovare la propria dimensione e ruolo, e che pure di segnali, col senno di poi, ne aveva lanciati diversi. Questo è il tema di questa lucidissima operazione di autoanalisi collettiva, svolta con una sincerità disarmante, a volte dura ma anche con leggerezza e intelligente autoironia, come sempre, in Bellocchio e comune a tutti i fratelli, che ripercorre la vicenda della loro stirpe, dell'epoca e del Paese in cui si è svolta, con filmati e fotografie d'epoca tratte dagli albi di famiglia, ma anche spezzoni tra i più significativi, e in tema, dei precedenti film del regista. Come dicevo, Marx può aspettare è molto più di un film, peraltro tecnicamente ineccepibile, commento musicale compreso, un lavoro di grande onestà intellettuale effettuato su sé stessi, che solo un uomo di grande intelligenza, cultura, sensibilità artistica è in grado di fare. Commovente. A Cannes se ne sono accorti assegnandogli la Palma d'oro d'onore, probabilmente per farsi perdonare di non averlo mai premiato con quella ufficiale in precedenza.
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