"Una storia sbagliata" di Gianluca Maria Tavarelli. Con Isabella Ragonese, Francesco Scianna, Mehdi Dehbi, Orsola Garrello, Nello Mascia e altri. Italia 2015 ★★★★
Un vero peccato che si parli poco di un film che meriterebbe maggiore attenzione e affronta, senza dare giudizi e facendo riflettere, una serie di temi non banali: ho confidato nella presenza, come protagonista, di Isabella Ragonese, attrice tra le più intelligenti, versatili e intense in circolazione in Italia e che ama le sfide, una garanzia per la qualità del copione. Qui è Stefania, un'infermiera pediatrica di Gela, felicemente sposata con Roberto, un soldato italiano impegnato in Irak: una coppia affiatata, il cui rapporto viene turbato dal crescente malessere di lui, sempre più taciturno, compresso, a ogni ritorno dai turni di missione (sei mesi per volta), oppresso da un dolore e da un disagio che non è capace di esprimere, quasi un presentimento, ma di cui la moglie si accorge: dopo pochi giorni, inizialmente pieni di vitalità e di progetti, tra cui l'acquisto di una casa propria o l'idea di avere un figlio, cade nell'apatia e nella depressione, ansioso di tornare in Irak, quasi fosse l'unica realtà in cui non si trovi spaesato e di cui non riesce però a parlare anche perché consapevole di non comprenderla. Il presentimento di avvera, e Roberto rimane vittima di un attentato suicida a opera di un guerrigliero locale. La pellicola si sviluppa su un doppio piano, Gela e Irak, passato e presente, con flash back repentini ed efficaci, perché Stefania si recherà sul luogo dove è morto il marito per cercare di capire cosa lo spingesse a tornarvi ogni volta e per conoscere la famiglia dell'attentatore kamikaze, l'uomo che le ha distrutto l'esistenza. Per raggiungere lo scopo, partecipa come volontaria alla missione di un'équipe medica italiana che si occupa di operare bambini affetti da labbro leporino, e tramite un interprete della base militare dove vengono sistemati riesce, dopo mille difficoltà, a entrare in contatto con la famiglia dell'attentatore. Sono parecchi i temi che si intrecciano e vengono alla luce: l'isolamento e la paranoia dei militari ma anche degli operatori della cooperazione, la difficoltà di comunicare col mondo che li circonda e di capirlo; l'incomunicabilità che domina i loro legami più intimi; il disagio che si accompagna alla pulsione di ritornare a immergersi in una realtà straniante; le similitudini tra la Gela "miracolata" e poi avvelenata dal petrolchimico (non casuale la scelta di Stefania di occuparsi di infermeria pediatrica in una città dove le malformazioni infantili e i tumori hanno un'incisività spaventosamente superiore alla media, a da qui le sue ritrosie a nei confronti della maternità) e l'Irak che aspetta il riscatto dal petrolio c"he farà tutti ricchi", e dove i bambini sono afflitti dagli stessi mali. Una pellicola sulla solitudine e la necessità di superare l'incomprensione, ma alla Stefania e la moglie dell'attentatore si capiscono con gli sguardi, davanti a un piatto di riso, guardando le fotografie dei rispettivi mariti, entrambe vittime di Storie sbagliate, come dice la bellissima canzone di Fabrizio De André che dà il titolo al film. Assieme alla Ragonese, che da sola verità il prezzo del biglietto, bravi e convincenti anche Francesco Scianna e Mehdi Dehbi nei panni, rispettivamente, del marito/soldato e dell'interprete, mentre la mano del regista è sicura nel dare tensione e ritmo al racconto portandolo ai confini del film d'azione, duro ma senza che sia mai necessario mostrare alcun tipo di violenza. Complimenti.
Un vero peccato che si parli poco di un film che meriterebbe maggiore attenzione e affronta, senza dare giudizi e facendo riflettere, una serie di temi non banali: ho confidato nella presenza, come protagonista, di Isabella Ragonese, attrice tra le più intelligenti, versatili e intense in circolazione in Italia e che ama le sfide, una garanzia per la qualità del copione. Qui è Stefania, un'infermiera pediatrica di Gela, felicemente sposata con Roberto, un soldato italiano impegnato in Irak: una coppia affiatata, il cui rapporto viene turbato dal crescente malessere di lui, sempre più taciturno, compresso, a ogni ritorno dai turni di missione (sei mesi per volta), oppresso da un dolore e da un disagio che non è capace di esprimere, quasi un presentimento, ma di cui la moglie si accorge: dopo pochi giorni, inizialmente pieni di vitalità e di progetti, tra cui l'acquisto di una casa propria o l'idea di avere un figlio, cade nell'apatia e nella depressione, ansioso di tornare in Irak, quasi fosse l'unica realtà in cui non si trovi spaesato e di cui non riesce però a parlare anche perché consapevole di non comprenderla. Il presentimento di avvera, e Roberto rimane vittima di un attentato suicida a opera di un guerrigliero locale. La pellicola si sviluppa su un doppio piano, Gela e Irak, passato e presente, con flash back repentini ed efficaci, perché Stefania si recherà sul luogo dove è morto il marito per cercare di capire cosa lo spingesse a tornarvi ogni volta e per conoscere la famiglia dell'attentatore kamikaze, l'uomo che le ha distrutto l'esistenza. Per raggiungere lo scopo, partecipa come volontaria alla missione di un'équipe medica italiana che si occupa di operare bambini affetti da labbro leporino, e tramite un interprete della base militare dove vengono sistemati riesce, dopo mille difficoltà, a entrare in contatto con la famiglia dell'attentatore. Sono parecchi i temi che si intrecciano e vengono alla luce: l'isolamento e la paranoia dei militari ma anche degli operatori della cooperazione, la difficoltà di comunicare col mondo che li circonda e di capirlo; l'incomunicabilità che domina i loro legami più intimi; il disagio che si accompagna alla pulsione di ritornare a immergersi in una realtà straniante; le similitudini tra la Gela "miracolata" e poi avvelenata dal petrolchimico (non casuale la scelta di Stefania di occuparsi di infermeria pediatrica in una città dove le malformazioni infantili e i tumori hanno un'incisività spaventosamente superiore alla media, a da qui le sue ritrosie a nei confronti della maternità) e l'Irak che aspetta il riscatto dal petrolio c"he farà tutti ricchi", e dove i bambini sono afflitti dagli stessi mali. Una pellicola sulla solitudine e la necessità di superare l'incomprensione, ma alla Stefania e la moglie dell'attentatore si capiscono con gli sguardi, davanti a un piatto di riso, guardando le fotografie dei rispettivi mariti, entrambe vittime di Storie sbagliate, come dice la bellissima canzone di Fabrizio De André che dà il titolo al film. Assieme alla Ragonese, che da sola verità il prezzo del biglietto, bravi e convincenti anche Francesco Scianna e Mehdi Dehbi nei panni, rispettivamente, del marito/soldato e dell'interprete, mentre la mano del regista è sicura nel dare tensione e ritmo al racconto portandolo ai confini del film d'azione, duro ma senza che sia mai necessario mostrare alcun tipo di violenza. Complimenti.
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