martedì 27 ottobre 2009
La Rioja, fra chivitos, vino, Tinkunaco e siesta di rito
LA RIOJA - Nella lenta marcia di riavvicinamento alla sponda atlantica, anche in questa occasione non poteva mancare una puntata nel Nord-Ovest argentino, nel cuore di quella parte andina dove si comincia a respirare un'atmosfera più coloniale e indigena al contempo. Oltre che dal paesaggio, che qui ricorda decisamente quello degli spaghetti western di Sergio Leone, lo si nota dai tratti sempre più indiani della gente nonché dai ritmi di vita e dai cibi stessi. Il manzo delle pampas è sostituito dalla capra, l'onnipresentechivito (nella foto in alto, ecco come si presentava l'autogrill o, meglio, laauto-parrilla lungo la Ruta Nacional 141 ieri durante la pausa-pranzo del bus che collega San Juan e La Rioja), tamales, humitas ed empanadas prendono il posto delle paste d'origne italiana, e il piatto regionale è una squisita zuppa, il locro, dall'aymara luxro, che si trova da qui fino in Ecuador, là dove è nata e permane la cultura, e la coltura, del mais, come del fagiolo e della patata. Comune con la confinante regione del Cuyo la dedizione alla viticoltura: nonostante non raggiunga i livelli di produzione della zona di Mendoza, la qualità è in compenso sorprendentemente alta. Dopo 8 ore e 45 minuti di viaggio (è incredibile quanto riescano a essere efficienti e puntuali i trasporti su gomma in questo Paese) sono dunque giunto a La Rioja, la capitale della provincia omonima(quella che disgraziatamente diede i natali all'ex presidente Carlos Menem), 150 mila abitanti, una città molto piacevole, dall'aspetto in buona parte coloniale, circondata dalle cime della Sierra de Velasco, dal nome delhidalgo che la fondò, nel 1591, con il nome di Todos los Santos de la Nueva Rioja. In questa zona la conquista spagnola non fu violenta, perché la tribùdiaguita, che abitava la zona, si conciliò presto con gli europei che stavano occupando le terre che coltivavano da sempre. Si evitò il conflitto grazie alla mediazione di Francisco Solano, un frate, e i diaguita deposero le armi a patto che si dimettesse l'alcalde (sindaco) spagnolo, per essere sostituito da Gesù Bambino. E il Niño Jesus Alcalde, la cui riproduzione si trova tutt'ora nella chiesa del convento di San Francisco, divenne il primo sindaco della città e ancora oggi gli è riconosciuta, simbolicamente, la carica. Pressoché da allora, si rinnova la cerimonia del Tinkunaco (in quechua: incontro), che si tiene il 31 dicembre di ogni anno: due processioni, di spagnoli e diaguita, i primi abbigliati con abiti religiosi e uniformi, i secondi con fasce nei capelli eponcho, che al momento dell'incontro cadono simultaneamente in ginocchio davanti all'effigie del Niño Jesus Alcalde e poi si abbracciano. Il che dimostra che qualche volta il buon senso, e anche un po' di superstizione, evitano inutili spargimenti di sangue e risolvono le contese, insegnando che a questo mondo, volendo, c'è spazio per tutti. Siesta d'obbligo, da queste parti, durante le ore pomeridiane, dove già ora, in primavera, le temperature superano i 35 gradi e tra le 13 alle 17 non c'è un negozio aperto e si bloccano quasi tutte le attività. La città possiede anche il più antico monastero di tutta l'Argentina, quello di San Domingo (nella foto sopra, il patio), l'imponente cattedrale di San Nicolás de Bari (sì, il "nostro", oggetto di particolare devozione da parte dei riojani), costruita in uno strano stile "bizantino", e alcuni bei musei, tra cui spiccano quello Folklórico (foto qui sotto) e quello di arte sacra e lo Inca Huasi, gestito dai monaci e che accoglie una ricca raccolta di ceramiche precolombianeFlorida la produzione artigianale: i tessuti in particolare, con tecniche indigene e influssi spagnoli negli accostamenti cromatici e nei motivi, così come l'argenteria, dove la tradizione iberica è più marcata, mentre al contrario sono di impronta nettamente indigena le ceramiche. E, analogamente a quella spagnola, anche la Rioja dell'emisfero australe, è rinomata per la sua vocazione vinicola, con risultati eccellenti, per la mia gioia.
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