MINAS - Una volta lasciato alle spalle il pretenzioso e improbabile complesso architettonico-urbanistico di Punta del Este, ad uso e consumo esclusivo dei danarosi presenzialisti e puzzoni in delirio esibizionista, ed entrato nella provincia di Rocha, la costa atlantica uruguayana, avvicinandosi al Brasile, conferma le aspettative che nutrivo dopo aver seguito alla lettera i suggerimenti dell'amico Akul Tico, uno che l'America Latina la conosce bene per viverci da una ventina d'anni, e che aveva fatto all'incirca il mio stesso itinerario un anno fa. "Noleggia una macchina in Uruguay: non sono ladri e le strade sono buone. Vai a vedere come si divertono i decerebrati in quel cesso di Punta del Este e fai rotta verso Rocha. Troverai le nostre spiagge com'erano negli anni Cinquanta, però con l'Oceano. E, all'interno, i gauchos. Quelli veri: non quelli che si mettono in posa per i turisti. Ché lì, tanto, non ci vanno". Detto e fatto: sapevo di potermi fidare. Avevo pernottato, due sere fa, a La Paloma, già un centinaio di chilometri a Est del Gallaratese sull'Atlantico, e mi ero ritrovato in una specie di posto di frontiera, con una vocazione turistica allo stato larvale, considerata la stagione ancora a venire, e comunque di tutt'altro genere rispetto a quella della costiera della capitale, di Piriapolis, Maldonado e Punta del Este. Dato che la stagione balneare inizierà tra due mesi, sono aperte soltanto le attività commerciali legate alla sopravvivenza di chi ci vive e di qualche viaggiatore: nei più altisonanti luoghi nominati prima, nemmeno quello. Già mi sentivo comunque rivivere, ed era soltanto un assaggio, perché ieri, in una giornata di tempo splendido e con una temperatura finalmente accettabile, ho proseguito in direzione Est-NordEst sostando a La Pedrera, Barra de Valizas, poco oltre il celebre Cabo Polonio (raggiungibile solo a piedi o con fuori strada, dove si trovano colonie di otarie, leoni marini e al largo del quale in questa stagione si possono avvistare anche le balene franche, in periodo di accoppiamento) e infine Punta del Diablo. Autentici paradisi per surfisti, ma anche per chi ama sole e mare (per quanto occorra starci all'occhio: non è il mare nostrum), a contatto con la natura e in un ambiente umano ancora autentico e non spersonalizzato. Niente lussi: bisogna adattarsi. Ma c'è tutto lo strettamente necessario. Posti che non piacciono a tutti, per fortuna, ma che mi sento di consigliare caldamente a chi legge questo blog, se capitasse in quella zona. Lungo la costa sono risalito fino a Chuy, città di confine con il Brasile, Stato di Rio Grande do Sul, la cui capitale è Porto Alegre. Classica località di frontiera tra un Paese gigantesco e ricco (e quella parte del Brasile lo è molto molto al di spora della media) e uno piccolo e più povero. Il regno del duty free e del "tarocco", insomma, per la gioia dei riccastribrasileiros, ben forniti di valuta forte (e il real si è rivalutato non poco sul dollaro, negli ultimi due anni) rigorosamente a bordo di SUV giganteschi, a caccia di occasioni e, in mancanza, di carburante a prezzo favorevole per qualche centesimo.A neanche 10 chilometri di distanza, il Fuerte San Miguel, costruito nel 1734 durante il conflitto tra Spagna e Portogallo che si contendevano ai tempi la "Banda Oriental" e ancora intatto, all'interno di un parco nazionale in zona militare a ridosso del confine e, di fronte, il "Fuertín de San Miguel": un'estanciain stile coloniale, dove sono riuscito incredibilmente a trovare alloggio nonostante vi si svolgesse un convegno di giudici e avvocati uruguyani. Un paradiso, trattato come un pascià, e si mangia pure bene. Il prezzo, tutto incluso? 35 €, n Italia una cena a buon mercato. Questa mattina mi sono diretto verso Nord, all'interno del Paese: zona pressoché sconosciuta ai viaggiatori e poco abitata: durante una tratta di cento chilometri ho contato di aver incontrato esattamente dieci macchine, una ogni dieci minuti. La prima tratta, confinaria con il Brasile, è quasi piatta, talvolta acquitrinosa: ibañados. Molto simile alla zona mesopotamica argentina (quella tra i fiumi Uruguay e Paraná), la pampa humeda, insomma, un paradiso in Terra per bovini, ovini, cavalli. E anche per me: sarò che sono nato in pianura e tra le acque, ma è questo, da sempre, che sento come il mio "panorama dell'anima", se ce n'è uno. Quello in cui mi sento felice e nella mia dimensione. Non arrivo nemmeno a commuovermi: sorrido come un idiota e mi sento a casa. Mi succede nella Bassa lombarda, in Emilia, nella Laguna veneziana e nella Bassa Friulana. Le stesse identiche atmosfere di qui, gli stessi cieli infiniti, li ho visti in quel poco che è rimasto della pusztaungherese, nelle "terre basse" fiamminghe. Nelle pampas argentine, all'ennesima potenza e, qui, uguale. Se da queste parti si aggiunge l'elemento umano, in buona parte di origine molto prossima a quella nostrana, il senso di familiarietà è presto spiegato. Non c'è solo allevamento, in senso estensivo, ma anche coltivazione: questa è anche zona di riso, naturalmente, e non mi stupisce che un riso patna denominato "blu" venga prodotto e perfino confezionato a Lascano in quantità non indifferenti. Quello che sconcerta, è trovare anche i palmeti, ma si tratta di un habitat che evidentemente è congeniale a una fauna che da sé costituisce uno spettacolo: uccelli di ogni tipo, dai trampolieri alle anatre selvatiche, ai falchi, alle poiane. Ogni volta mi sorprendo a scoprire che gli alberi amaggiore popolazione aviaria, e quelli da cui proviene il cinguettare più insistente, sono quelli popolati da schiere di pappagalli ben nutriti e impertinenti, rapidissimi e imprendibili: altro che animali da gabbia. Più avanti, ai confini tra le province di Rocha e Maldonado, il paesaggio si fa più dolcemente ondulato, gli stagni lasciano il posto a cave d'argilla, e non mancano forni di cottura di mattoni; aumenta anche il numero di pecore, dalla lana estremamente pregiata, che si incontrano. Sempre allo stato brado: non "cattive" e aggressive come le sorelle patagoniche, ma comunque emancipate rispetto allo standard di quelle europee. Simili a quelle irlandesi: animali che non amano il gregge. Più in là ancora, già verso la provincia di Minas, il panorama si fa quasi carsico e non è un caso: minas sta per cave (di granito e marmo), oltre che miniere, e non è sorprendente, a pochi chilometro dal capoluogo, scoprire un posto che si chiama "Nueva Carrara". Piacevolissima Minas, capoluogo di questa provincia, allegra e vivace città dalla pianta rigorosamente ortogonale, popolata de gente ospitale, simpatica e alla mano, come mi era stato anticipato. I miei suggeritori sono stati perfetti, conto di essere attendibile anch'io per chi mi legge.
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