mercoledì 8 luglio 2009
Vilnius: lituani, i latini del Baltico. E un vertice di "segretari"
VILNIUS (Lituania) –
Adagiata su sette colli, 550 mila abitanti, fondata da Gedimino,
granduca di Lituania attorno al 1320 in un’area però già abitata da
altri 1000 anni, Vilnius è una città vitale, quasi scanzonata, in cui si
respira un’aria completamente diversa da quella di Riga e, soprattutto
Tallinn. Il centro storico, molto esteso anche a causa dell’altezza
mediamente ridotta degli edifici, è il trionfo di un barocco piuttosto
originale, tanto da essere dichiarato dall’UNESCO quello più vasto
esistente al mondo e dunque anch’esso, come quello delle altre capitali
baltiche, Patrimonio dell’Umanità. Il primo approccio, ieri nel primo
pomeriggio, non è stato dei più felici: in città mancano completamente
le indicazioni stradali anche verso le mete principali, e il fatto di
essere attraversata da un fiume che compie un’ampia ansa e da un canale
secondario contribuiscono a confondere le idee. Per capire da quale lato
della città ci trovassimo, il “Segretario”, con una trovata degna del
suo leggendario pragmatismo, è sceso dalla macchina per controllare di
persona in che senso scorresse il fiume e stabilire una volta per tutte
le coordinate dei quattro punti cardinali. Questo dopo che un taxista, a
cui mi ero rivolto per sapere in che direzione fosse situata la
stazione ferroviaria, non aveva fornito l’informazione offrendosi in
compenso di scortarci fin lì per la bellezza di 15 euro. Ovviamente gli
abbiamo risposto col dito medio alzato, e poco dopo avremmo scoperto che
ne eravamo distanti non più di un chilometro. Della
scorrettezza dei taxisti eravamo stati avvertiti così come della
petulanza davvero molesta dei mendicanti, i quali non risparmiano
nemmeno l’interno delle chiese e che non sono zingari né immigrati ma
indigeni, generalmente tutt’altro che anziani né particolarmente
disadattati, perfino vestiti del tutto normalmente: semplicemente
stronzi, così come i taxisti e buona parte dei guidatori, e qui gli
stramaledetti SUV e i macchinoni, perfino limousine americane
bianche o nere con tanto di vetri oscurati, abbondano molto più che
altrove nella regione, segno di una ricchezza anche un po’ ambigua che
puzza di mafia russa bene inserita nei meccanismi della città.
Personalmente a prima vista Vilnius mi ha ricordato Salisburgo in
grande, sia per l’abbondanza del barocco, che in alcuni casi come il
Duomo e soprattutto la chiesa di San Casimiro ricorda un laboratorio di
pasticceria, sia per la discompiacenza degli indigeni: sempre il
“Segretario”, che aveva poeticamente definito “intense” le donne di
Tallinn ed estoni in genere, “sorridenti” quelle lettoni e di Riga in
particolare, ha subito bollato come “sprezzanti” quelle di Vilnius. “Se
la tirano peggio delle milanesi”, così ha sentenziato al termine della
serata di ieri, confermando il giudizio dopo la giornata odierna. E’ una
città un po’ tsigana e casinista, e anche le fisionomie non
sono nordiche come quelle abituali nelle altre nazioni della regione: i
lituani hanno spesso il baricentro più basso (eppure sono noti più come
fenomenali cestisti che calciatori). E’ facile definirla “la Napoli
baltica”: pur non essendo un porto come Riga e Tallinn, è decisamente
più sporca. La Lonely Planet definisce i lituani “istintivi” e
cordiali, io aggiungerei un po’ anarcoidi ma in modo piacevole: del
resto “ognuno è il terrone di qualcun altro”, e i lituani lo sono degli
altri baltici; d’altronde tra Tallinn e Vilnius ci sono più chilometri
di distanza che fra Milano e Napoli. Detto questo la città è più che
gradevole: bei negozi, tanti bar e ristoranti piacevoli, musei e, come
detto, chiese a profusione. Non mancano, oltre a quelle cattoliche e
protestanti, quelle ortodosse, come quella verde smeraldo dei Romanov,
un pugno nell’occhio che si nota a chilometri di distanza, che
incrementano l’effetto “torta nuziale”. C’è da aggiungere che la
minoranza russofona qui è molto meno consistente che nelle altre due
nazioni baltiche, in particolare le Lettonia, e di conseguenza
l’omogeneità etnica dei lituani maggiore. A rendermi poi ancora più
simpatica Vilnius, la scoperta di un monumento dedicato a Frank Zappa (foto a sinistra),
che del resto non deve meravigliare in una città che ama la musica ed è
una delle capitali del jazz europeo. Tra i musei, impressionante quello
delle Vittime di Genocidio che racconta le vicissitudini della nazione
lituana, tra l’occupazione tedesca, che decimò la popolazione ebraica
della città nell’ordine di qualche decina di migliaia di persone e
quella russa, durata fino al 1991, proseguita anch’essa con deportazioni
di massa in Siberia e altre zone invivibili dell’impero comunista e
uccisioni arbitrarie. Il palazzo in cui è ospitato, in pieno centro e
sulla via principale, Gedimino Prospektas, e sulla piazza dove si ergeva
la statua di Lenin, è stato, non a caso, il quartier generale della
Gestapo prima e della CEKA e del KGB poi, ben più a lungo: 45 anni. Nel
piano seminterrato, sono conservate, così com’erano, le celle dei
detenuti e le stanze in cui avvenivano interrogatori, torture ed
esecuzioni, nonché le centrali di ascolto per tenere sotto osservazione,
si potrebbe dire “sotto orecchio”, i cittadini, in una delle tipiche
manifestazioni persecutorie di quel regime paranoico. Il sistema si
chiamava, con grande sfoggio di fantasia, "OTO". La cosa più difficile,
oggi, è immaginarsi, del resto, una città come Vilnius in versione
sovietica, com’era soltanto fino a 18 anni fa. Vivace anche la vita
culturale, a testimonianza basti l’università, fondata dai gesuiti nel
1579 e da loro guidata per i successivi due secoli, la più antica
dell’Europa orientale. Infine, per la serie “quanto è piccolo il mondo”,
tra la Filarmonica di Vilnius e la chiesa di Santa Teresa, mi sento
chiamare per nome da una voce ben conosciuta durante vent’anni di
convivenza sul posto di lavoro: la “Segretaria”, che prima di essere mia
compagna di lavoro lo è stata di liceo e di università, nonché di
sindacato, finché non ho reso la tessera, e non vedevo da oltre un anno.
Ora pari grado e compagna di “parrocchia” dell’altro “Segretario” mio
compagno di avventure in questo viaggio, e a sua volta sposata e
accompagnata da un ulteriore “Segretario”, di vertice, questa volta ex,
altra mia vecchia conoscenza che mi ha fatto un grande piacere
rivedere. Al di là di essere circondato, a un tratto da ben tre
milanisti. Ma quando si vincono quattro “tituli” di fila anche
un’esperienza come questa ha i suoi risvolti piacevoli.
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