Con
i suoi circa 800 mila abitanti, Riga è la città più grande delle tre
Repubbliche Baltiche e quella che ha il maggiore peso culturale,
politico ed economico della regione. Arrivati ieri pomeriggio,
rinfrescati da una brezza frizzante che ha provveduto a rendere
movimentato il cielo e a evitare che i nuvoloni plumbei e zavorrati di
vapore scatenassero temporali sulla città, lasciando filtrare sciabolate
di sole fino a metà serata, abbiamo potuto subito constatare che è
l’unica città, visitata durante questo viaggio, in cui si respiri
nettamente un’atmosfera metropolitana. Anche qui, come a Tallinn, il
centro urbano è piuttosto compatto, ma più monumentale, e segnato da una
quantità sorprendente di edifici in stile Liberty (secondo l’UNESCO, Vecriga,
la città vecchia, ne ha per densità e qualità più di ogni altra città
al mondo, tanto da inserirla nella lista dei Patrimoni dell’Umanità), ma
anche fuori dal centro storico l’impianto della città rimane quello di
una capitale, con tanto di Esplanade, viali alberati, edifici
monumentali come ad esempio il Teatro dell’Opera (e i ministeri sono tra
i meno appariscenti) e sempre tanta Art Nouveau: più che a
Bruxelles e Vienna messe insieme, ed è proprio la capitale austriaca,
benché molto più estesa, a essermi venuta in mente come termine di
paragone. Purtroppo
alle 17 chiese e musei chiudono, per cui non ci è rimasto che
gironzolare per il centro, che rimane peraltro il modo più gradevole per
conoscere e godersi questa città. Locali all’aperto con musica che va
dal blues al rock al jazz, ma senza essere fastidiosamente invadente,
una quantità di ristoranti, bar, caffetterie, pub, ma nulla che sembra
fatto apposta per i visitatori di passaggio: se li godono prima di tutto
i locali. E del fatto che il turismo sia semplicemente un accessorio
nella vita di Riga, e una componente secondaria della propria economia,
ce ne siamo resi ancor più conto questa mattina quando, a musei chiusi
essendo lunedì, come in quasi tutto il mondo, come prima cosa ci siamo
diretti al Mercato Generale, uno dei più grandi d’Europa e dei più
antichi, dato che risale almeno al 1201, data di fondazione della città
da parte del vescovo tedesco Albrecht von Buxthoeven, arrivato da Brema
con lo scopo di evangelizzare le popolazioni baltiche pagane della
Livonia. Dopo aver cambiato varie sedi, generalmente lungo la riva del
Daugava, il fiume che attraversa Riga prossimo allo sbocco al mare, il
mercato fu spostato nella sede attuale nel 1930, alle spalle della
stazione ferroviaria, quando il trasporto delle merci su rotaia aveva
preso il sopravvento su quello fluviale. Si fecero arrivare in città 5 hangar
Zeppelin, alti ciascuno 35 metri, che forniscono 57 mila metri quadrati
al coperto (e, in inverno, soprattutto riscaldamento) per oltre 1250
commercianti. Tenendo presente che un’area almeno altrettanto vasta è
occupata da bancarelle ambulanti e, più contano da baracche provvisorie,
ci si può fare un’idea di quanto sia estesa l’area e quanto sia
animata. Qui l’elemento russo, che è già prevalente in città (43% su 41%
di lettoni) diventa decisamente schiacciante, per divenire
incontrastato nelle zone più periferiche del mercato, cosa che si nota
immediatamente dal cattivo gusto dell’abbigliamento in vendita e
indossato dai frequentatori. Una chicca tra tutte il pantalone con
l’elastico della mutanda (griffata) sporgente incorporata. Non la
mutanda: proprio la “sporgenza”, il fascione elastico, come protesi
della braga a vita bassa, quello che anche le nostre giovani leve amano
esibire, insieme al solco delle chiappe. Possibilmente con un tatuaggio
angiolesco sul fondo schiena, le femmine. Dopo questo doveroso omaggio
alla vocazione mercantile di Riga, non per nulla città membro della Lega
Anseatica, e rimasta sostanzialmente in mano al ceto dei commercianti
tedeschi fino alla fine dell’Ottocento, nonostante il passaggio al
dominio prima svedese in seguito russo, siamo rientrati in centro per
visitare almeno la Piazza del municipio con di fronte la Casa delle
teste Nere, la confraternita dei commercianti celibi che la eresse nel
1344 (nella foto in alto con sullo sfondo il campanile di San Pietro), le chiese più importanti tra cui il Duomo (la sua animata piazza nella foto sopra a destra) il castello che dà sul fiume, quel che rimane delle mura di fortificazione, la zona dell’arsenale e la “Porta Svedese” (foto in basso),
quindi la Torre delle Polveri, l’unica sopravvissuta delle 18 che
facevano parte della cinta muraria. Lì a due passi, gli splendidi
palazzi della Gilda Grande e della Gilda Piccola, quest’ultima
visitabile, con facciate Jugendstiel ma risalenti al XIV
secolo, in buona parte conservate con elementi originali. Erano, per
l’appunto, corporazioni di commercianti e artigiani germanici: per
dispetto per non esservi accolto, all’inizio del Novecento un
commerciante lettone fece collocare le statue che riproducevano i suoi
due gatti neri, schiena arcuata e coda ritta, con il posteriore rivolto
in direzione del palazzo della Grande Gilda, in cima alla sua nuova
magione Liberty tinta di giallo canarino. In seguito a una
lunga vicenda giudiziaria la sua candidatura venne finalmente accettata,
a patto che ruotasse la posizione dei due gatti, da allora vero simbolo
di Riga, in posizione più consona. Tante le curiosità e le cose da
vedere in questa città stimolante, spigliata, intraprendente e positiva,
la cui visita ci ha lasciato completamente soddisfatti. E domani si
prosegue in direzione della capitale lituana, Vilnius.
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