sabato 11 luglio 2009
Dal calvario delle strade polacche al viaggio che finisce in gloria
CERNÁ HORA (Repubblica Ceca) -
Come avevo accennato nel post di giovedì sarebbe stata dura, ma alla
fine ce l’abbiamo fatta e, grazie a una accorta strategia dei pit-stop
e dei cambi alla guida, ieri siamo riusciti nella ragguardavole impresa
di abbattere il muro della media di 50 km/h su strade polacche,
compiendo in sole 9 ore il tragitto che separa Grudziadz da Boboszów,
località di frontiera con la Repubblica Ceca: 512 chilometri. Che il
sito viamichelin
prevede di compiere in 8 ore e 5 minuti: immagino ipotizzati con
strade completamente deserte e con tutti i semafori sintonizzati sul
verde. E né io né il “Segretario” siamo gente che alla guida si dedica
alla pennica. Due i nodi gordiani oltre a quelli meno impegnativi dei
centri minori: Poznan (Posen in tedesco) e Wroklaw (Breslau),
rispettivamente quinta e quarta città della Polonia per numero di
abitanti, e anche fra le più belle, che avevamo visitato a fondo in un
viaggio di qualche anno fa. Il primo nodo, Poznan, è toccato a me
scioglierlo, perdendo oltre mezz’ora a percorrere una sorta di
tangenziale interna alla città, condita da svolte repentine che fanno
perdere il senso dell’orientamento. Della approssimazione del sistema di
segnaletica ho scritto ieri: se non si ha a fianco un compagno di
viaggio sveglio, con un occhio alla mappa e l’altro ai rari cartelli
stradali, quella di perdersi non riveste i contorni dell’eventualità ma
assume il carattere di una certezza. Regolatevi di conseguenza oppure
dotatevi di un navigatore satellitare: si rivelerà un ottimo
investimento in grado di far risparmiare tempo prezioso e scariche di
adrenalina a raffica, dannose per il sistema nervoso e le coronarie.
Comunque, nell’arco di mezz’ora ce l’ho fatta. Tagliare l’aggrovigliata
matassa di quello costituito da Wroklaw è stato compito del
“Segretario”: causa giganteschi lavori in corso sulla tangenziale,
attualmente occorre attraversare la città da Nord a Sud, passare un
fiume, l’Odra, due canali e dunque una serie di ponti intasati,
transitare per il centro aggirando il nucleo storico e districarsi in
una gimkana senza senso a passo d’uomo, circondati da una
consistente maggioranza di automobilisti catatonici. Tempo: un’ora per
riacciuffare il bandolo perduto, la fottuta Statale n° 8 che conduce
verso il paradiso delle strade ceche (è tutto dire) in direzione Praga. E
non era nemmeno l’orario di punta. Tra Poznan e Wroklaw, per ingannare
il tempo io e il “Segretario” abbiamo provato a calcolare il numero di
“porconi” tirati durante la nostra non breve esistenza (senza contare
quelli solo pensati). Calcolando 40 anni di carriera, per stare schìsci (bassi,
ossia per difetto, per i non milanesi) siamo arrivati a una stima di un
milione e mezzo a cranio, con vertici assoluti durante gli incontri di
calcio Italia-Francia, Italia-Brasile e, soprattutto, gli scontri delle
rispettive squadre del cuore con la Juventus nonché le stracittadine, il
“Segretario” sulla sponda rossonera e io su quella nerazzurra. Durante
la traversata di Breslavia, questo il nome in lingua italica, ieri
pomeriggio, queste cime abissali sono state ampiamente superate. Solo
per assurdo abbiamo provato a ipotizzare come reagiremmo se, una volta
morti, ci fossimo trovati davanti davvero San Pietro con le chiavi e LUI
in persona, col barbone bianco e i lunghi capelli ondulati, con tutta
la salmodiante compagnia, a cominciare dal prete che ci diceva che a
toccarci “lì” saremmo rimasti ciechi
o alle angherie subite da qualche suora all’asilo o durante un ricovero
ospedaliero, che ci avrebbero accolti con un “vi avevamo avvertito:
adesso sono cazzi vostri. E pure acidi”. Insomma è iniziata una sorta di
deriva mistica. O "percorso", secondo il linguaggio cattolico ma anche
neuromarxista. Per rimanere in questo clima elevato, e dopo che il
cielo si era sgomberato dalle ultime nuvole rimaste a gravitare su
Wroklaw, abbiamo deciso di ripercorrere la strada già fatta in senso
inverso quando eravamo venuti per la prima volta in Polonia 4 anni fa:
la strada panoramica che, dalla pittoresca Klodzko, si dirama dalla n° 8
per procedere, dopo il confine di Boboszów, verso Sumperk e da qui a
Olomouc o Brno, quest’ultima la nostra direzione, e poi oltre verso
Vienna, Graz e quindi la Terra dei Cachi quest’oggi. Bellissimi i
paesaggi collinari di questa zona (sopra a destra) della Bassa
Slesia, dove il passato tedesco si nota in modo particolarmente marcato
dall’aspetto delle costruzioni e dall’urbanistica dei centri abitati.
Nella precedente occasione non avevamo avuto modo di apprezzarli a causa
di una piogga battente, della cupezza della giornata (un Ferragosto che
cadeva di domenica) e del tramonto imminente. E’ stata la prima
ricompensa dopo aver espiato in modo preventivo, sulle strade polacche,
le nostre colpe, ma la vera epifania si sarebbe avuta un paio d’ore più
tardi, al termine della discesa attraverso Landskrun e Svitavy in
direzione Brno, nel cuore della Moravia. Dopo tre tentativi infruttuosi
di trovare una sistemazione in una camera con due letti separati a
Boskovice, centro turistico a sei chilometri a Est dalla strada
principale, abbiamo deciso di puntare su Tisnov, a Sud-Ovest. Imboccata
la deviazione per il nostro traguardo, dopo nemmeno un chilometro
abbiamo fatto il nostro ingresso a Cerná Hora (collina nera in ceco) e
qui è apparsa simultaneamente davanti ai nostri occhi la Rivelazione: luminosa e calda come il sole, gialla come l’oro: l’omonimo Pivovar,
ovvero birrificio, in piena attività, il più antico della Moravia, anno
di fondazione il 1298, con tanto di spacci, un grande ristorante e,
soprattutto, annessa pensione! (cfr foto a sinistra) Mai ci
saremmo immaginati, noi miscredenti, una simile ricompensa per le nostre
fatiche. Ma avevamo portato a termine con successo una vera impresa e
meritavamo un premio speciale. Compagni di avventura qui alla pensione e
ieri sera nella taverna, un drappello di motociclisti, tutti di pelle
nera bardati. “Li vedo male, dopo la serata di ieri, i bikers cèchi su
queste strade”, ha avuto modo di affermare poco fa, icasticamente, il
“Segretario”, a dimostrazione che anche lui non era passato indenne dal
crescendo birresco e di grado alcolico, dai 10 (questi saccarometrici)
della non filtrata “Moravske Sklepni” passando per i 12 della “Lezak”,
prodotta secondo la più antica ricetta morava risalente a sei secoli fa,
fino ai 14 della “Kvasar”, birra speciale al miele: l’apoteosi finale.
Tutte alla spina, rigorosamente in boccali da mezzo litro, hanno
gioiosamente accompagnato un abbondante piatto di carne mista di maiale
con canederli di pane e di patate e crauti sia bianchi sia rossi,
chiamato "delizia del contadino", equivalente al tedesco
"Bauernschmaus". Ora siamo reduci da una sostanziosa colazione a base di
gustosi würstel, salumi, formaggio per la parte salata; pane,
burro marmellata e miele per il settore dolce. Niente birra, perché
bisogna guidare e il tasso alcolemico tollerato nella Repubblica Ceca è
zero. Conto totale per tutto questo, pernottamento e prima naturalmente
inclusa: 1400 corone, 50 €. In due. 25 a testa. Epilogo in gloria di
questo bel viaggio, e ora ritorno nel Paese dell’eterno carnevale. E dei
conti salati.
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