TARTU (Estonia)
- Superata d'un balzo la Lituania, l'altroieri, nel giro di sei ore da
Bialystok, la prima presa di contatto con i Paesi Baltici, considerata
la totale assenza di controlli alle frontiere, è avvenuta a Bauskas, con
una temperatura di 30 gradi all'ombra, la gente che gira in prendisole
se non direttamente in tenuta da spiaggia e che affolla le rive dei
fiumi, e dove abbiamo provveduto a fare un primo bancomat in moneta
locale. Siamo nello Zemgale, nel cuore della Lettonia, a Sud di Riga,
regione che prende il nome dall'antica popolazione dei semigalli (che però coi galli
nostrani non c'entrano nulla, per quanto indoeuropei). In centro la
prima visita è stata al "pils", o castello, cittadino, appartenuto
all'ordine dei Cavalieri Teutonici, da essi stessi costruito alla metà
del XV secolo e modificato man mano nel loro stile pressoché
inconfondibile (foto in alto). A una decina di chilometri di
distanza, a Rundales, il "palazzo d'inverno" lettone, la residenza
estiva dei duchi di Curlandia, un magnifico palazzo disegnato
dall'architetto italiano Francesco Bartolomeo Rastrelli, allora attivo a
San Pietroburgo, e che da lì fece venire le maestranze, e che fu
costruito in due fasi tra il 1735 e il 1768, commiettente Ernst Johann
Biron. Un maestoso edificio barocco con elementi rococò, oggi sede di
esposizione permanente delle varie sale arredate e rdelle accolte dei
duchi, e sul suo retro uno splendido e curatissimo giardino all'italiana
che in questa stagione e nelle condizioni meteorologiche attuali è
un'esplosione gioiosa di colori. Ultima visita nella zona, quella alla
residenza nobiliare realizzata alla tra il 1797 e il 1802 in stile
neoclassico dal berlinese Johann Berlitz su progetto di Giacomo
Quarenghi e poi donato dallo zar Paolo I alla governante dei suoi figli,
Charlotte von Lieven e appartenuta a quest'ultima famiglia fino al
1937. In epoca comunista, vi fu installata un'azienda agricola. Venne
restaurata alla fine degli anni Novanta e il terzo piano del palazzo
trasformato in albergo di charme. E tale sarebbe, se il ristorante non
fosse desolatamente chiuso e a presidiare il palazzo non fosse rimasto
un personaggio inquietante e dall'aspetto malsano che funge da cassiere
del museo e factotum, che ricorda l'Igor del film Frankenstein e incarna il perfetto sopravvissuto all'epoca del passato regime. Non
a caso, russofono. In serata siamo arrivati e abbiamo pernottato a
Jeglava, già capitale del ducato di Curlandia e oggi tranquillo
capoluogo provinciale di circa 60 mila abitanti, ma dalla viva
tradizione culturale. Anche qui, nel castello sul fiume Lielupe, ha
lasciato il segno l'architetto Rastrelli, per lo stesso committente del
palazzo di Rundales, Ernst Johann Biron, un palazzo imponente che
assomiglia ancor più a quelli pietrobughesi, oggi sede della facoltà di
agraria della Lettonia. Sopravvissuto alle distruzioni della guerra e
restaurate a regola d'arte l'edificio barocco dell'Accademia Petrina
(dal nome del figlio del duca Johann Biron), per lungo tempo centro
dell'attività culturale di Jelgava e ginnasio accademico, oggi sede
museale. Questa mattina, sulla strada verso l'Estonia, sosta d'obbligo a
Sigulda, capoluogo di quella che viene chiamata "Svizzera lettone" per
via dei suoi rilievi (colline alte al massino 150 metri), all'ingresso
del Parco Nazionale di Gauias, dal nome del fiume che l'attraversa.
Anche qui tracce notevoli della presenza dei cavalieri teutonici: alle
spalle del Castello Nuovo costruito a fine '800 in stile Tudor (a me e
al segretario pareva Disneyland), i resti della possente fortezza
dell'ordine, e di là dal fiume, a Turaida (cfr foto più in alto, a snistra), antico insediamento dei livi,
popolo di origine finnica, la "riserva-museo" che comprende la fortezza
del vescovo di Riga, in mattoni, restaurata a metà degli anni
Cinquanta.
Ultima sosta prima della frontiera estone, sempre nel cuore del Parco
nazionale del Gauias, nella antica, vivace e ben conservata città di
Cesis, fondata attorno al 1200 e a lungo capitale dell'Ordine dei
Portaspada, che vi eressero la fortezza omonima oggi tra le rovine
meglio conservate della Lettonia, poi sede dell'ordine di Livonia,
trasferitovi a Cesis da Riga. In seguito fu anche città anseatica col
nome tedesco di Wenden. Edifici d'epoca sulla piazza principale, tra cui
spicca la chiesa gotica di San Giovanni, eretta alla fine del 13°
secolo e distrutta da un incendio a metà del '700 e ricostruita allora
nella forma visibile oggi. Nel parco che circonda invece i resti della
fortezza, in parte restaurata e comunque agibili, abbiamo invece
scoperto una statua in metallo di Lenin in perfetto stato, adagiata in
una specie di sacrofago all'aperto, opportunamente accostata, per non
dire nascosta, in un angolo sotto le mura di cinta. Fu deposta il 21
agosto del 1991, giorno in cui la Lettonia riconquistò l'indipendenza
dall'Unione Sovietica, già dichiarata un anno prima. La citazione del
magistrale libro "Buonanotte, signor Lenin" di Tiziano Terzani è
d'obbligo!
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