venerdì 11 ottobre 2019

Il pianeta in mare

"Il pianeta in mare" di Andrea Segre e Gianfranco Bettin. Italia 2019 ★★★★
Nel centenario degli inizi dei lavori per la costruzione della zona industriale di Marghera e del relativo porto (un'area di duemila ettari, 18 canali portuali, 135 chilometri di binari, ai tempo del Petrolchimico una delle zone più inquinate d'Europa), una scelta esiziale per i delicatissimi equilibri lagunari anche se ha dato un lavoro (ma anche la morte per cancro da intossicazione) a decine di migliaia di persone cambiando la faccia del Veneto un tempo quasi solo rurale, ecco il documentario scritto e diretto dal veneziano di Dolo Andrea Segre e da Gianfranco Bettin, ambientalista e politico di lungo corso, nato proprio a Marghera, della cui Municipalità è anche presidente, presentato con successo alla recente Mostra del Cinema di Venezia: in un contrappunto fra immagini di repertorio in bianco e nero, dai primi scavi dei Canale dei Petroli e dall'interramento dell'area fino al massimo sviluppo e alle lotte operaie degli anni Settanta e quelle vivide e impressionanti filmate in un'estate recente da Segre, che documentano lo stato attuale, tra dismissioni (a cominciare dal Petrolchimico), archeologia industriale, cantieristica ancora attiva ed evoluzione verso nuovi scenari legati al terziario, si svolge una sorta di dialogo tra la dimensione collettiva e quella individuale, tra pubblico e privato, con il comune denominatore del lavoro. Vediamo così due tecnici ed ex sindacalisti in pensione che ripercorrono come fantasmi i luoghi, ormai desertificati, dove per trent'anni hanno trascorso la maggior parte della loro vita ripetendo all'infinito gli stessi gesti; la trattoria a prezzi popolari rimasta aperta, con la parona che nota che i camionisti non mangiano (non potendoselo più permettere) come una volta, specialmente a pranzo; gli operai della Fincantieri, in prevalenza stranieri, rumeni, africani, asiatici, a metà strada tra nostalgia di casa e integrazione, che hanno sostituito quelli locali o di antica immigrazione dal Sud (in particolare rimane impresso un siciliano sulla cinquantina che ha perso qualsiasi accento e parla ormai in veneto) impiegati a costruire quelle mostruose navi da crociera extralusso di oltre 15 piani che poi transitano impunemente nel bacino di San Marco, pagati quando va bene 1200 € al mese ed eternamente precari; due imprenditori della new economy, uno che ha girato il mondo e ha preferito tornare nel suo paesino nell'entroterra veneziano da duecento abitanti, l'altro che vive stabilmente in Austria ma rientra a Marghera almeno un paio di giorni alla settimana con il pretesto del lavoro; due ex operai ora pescatori che dragano nella fanghiglia sotto gli archi del Ponte della Libertà alla ricerca quasi vana dei rari vermi, carusoi, caparossoli, peverasse peoci superstiti. Uno spaccato di quel che è oggi Porto Marghera, tra presente e futuro, illustrato indirettamente dai dialoghi tra i protagonisti: un film empatico, che lascia allo spettatore trarre le conclusioni, senza influenzarlo. Lo consiglio caldamente. 

1 commento:

  1. Non sentivo nominare carusoi, caparossoli, peverasse da anni ma è stato un attimo: ho visto comparire nella mia mente fumanti piatti dei suddetti appena saltati in padella, a buttar fuori la loro acqua, e perfino il caratteristico profumo di aglio e prezzemolo, che veniva sparso sopra a render prelibati piatti poverissimi che oggi, nei ristoranti gastrofighetti lagunari, si pagano salatissimi, come tutte le cose rare, e quindi preziose...

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