giovedì 27 ottobre 2016

American Pastoral

"American Pastoral" di Ewan McGregor. Con Ewan McGregor, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathairn, Uzo Aduba, Valorie Curry, Rupert Ewans, Molly Parker e altri. USA 2016 ★★=
A Ewan McGregor va dato atto di avere avuto un coraggio leonino nell'esordire alla regìa traendo ispirazione da un romanzo osannato quanto famoso come quello che valse il premio Pulitzer a Philip Roth, considerando la difficoltà a trasporre sullo schermo un'opera letteraria rimanendole fedele, benché sia a mio avviso sbagliato giudicare una pellicola in base agli stessi criteri di un romanzo, rimanendo stupiti dell'impossibilità di renderne la complessità e profondità in due ore di immagini; vero è che il film, sebbene non del tutto malvagio, non risulta convincente nemmeno a prescindere dal fatto di aver letto il libro. In sostanza, la vicenda tratta del crollo del "sogno americano", minato alle sue basi dagli eventi che hanno segnato gli anni Sessanta e Settanta, dalla guerra d'aggressione in Vietnam alle rivolte dei neri in patria, esemplificata dalla parabola del protagonista, Seymour Levov detto "Lo svedese", un perfetto esempio di middle class man di origine ebraica perfettamente integrato, baciato dalla fortuna da giovane: bello, benestante, un eroe sportivo, sposo felice dell'invidiata Miss New Jersey ed erede dell'avviata attività paterna, il cui mondo va progressivamente in pezzi quando l'adorata figlia Merry si rende responsabile di un attentato dinamitardo in cui perde la vita il gestore dell'ufficio postale del paese in cui vive la famiglia Levov e che successivamente entra in clandestinità sparendo dalla circolazione. Il film si concentra su due aspetti: i motivi dell'avversione di Merry verso i propri genitori, in particolar modo la madre, troppo perfetti per non essere oggetto dell'iconoclastia adolescenziale della ragazza, peraltro imperfetta sia perché balbuziente sia perché bruttina anziché no, e la sua ostinata ricerca da parte del padre, resa come un thriller non privo di colpi di scena, ossessionato dalla domanda se la figlia fosse consapevole delle sue azioni e da considerarsi colpevole oppure vittima di una sorta di lavaggio del cervello da parte dei suoi compagni di ribellione, fino al loro reincontro. Quello che manca, seppure evocata fin dall'inizio dalla voce narrante di un amico del fratello di Seymour, uno scrittore che partecipa a una riunione di ex compagni di liceo il giorno prima della sepoltura dello "Svedese", è la figura di quest'ultimo da giovane, che spiegherebbe meglio l'evoluzione del personaggio che invece, nel film, rimane sempre identico a sé stesso, complice anche una certa fissità di  McGregor, che ha pressoché la stessa espressione attonita per tutta la durata del film, senza che mai una ruga gli solchi il volto o un segno di affaticamento renda evidenti la sua sofferenza e il suo progressivo disfacimento psicofisico, e in questa sostanziale inerpressività non sono da meno le due coprotagoniste, Jennifer Connoly nei panni della moglie e madre Dawn e Dakota Fenning in quelli di Merry: decisamente meglio gli interpreti di contorno. Insomma, si può vedere ma davvero non è un granché.

Nessun commento:

Posta un commento