"Storie pazzesche" (Relatos selvajes) di Damián Szifron. Con Ricardo Darín, Walter Donado, Leonardo Sbaraglia, Erica Rivas, Rita Cortese, Julieta Zylberberg, Dário Grandinati, Nancy Dupláa, María Onetto, Osmar Núñez. Argentina, Spagna 2014 ★★★★½
Corrosivo, scorretto, grondante di umore nero più che di sangue, il film più visto nella prima settimana di proiezione nella pur ricca storia cinematografica dell'Argentina (mezzo milione di spettatori, campione di incassi e candidato come miglior film straniero ai prossimi Oscar), è l'antidoto perfetto allo zuccheroso buonismo natalizio, vivamente consigliato a chi ha una visione disincantata della demenzialità della nostra epoca e delle sue quotidiane assurdità. I sei episodi sono completamente autonomi ma legati fra loro dal filo conduttore non tanto della follia (la traduzione corretta del titolo è "Racconti selvaggi") ma dall'esplosione di un'incontenibile energia liberatoria davanti alle incongruenze di un meccanismo massificante, oppressivo, ingiusto, idiota, esso sì impazzito e incapace di funzionare: si assiste insomma alla ribellione, in forme imprevedibili ma definitive, di una serie di persone comuni che il nostro monarca repubblicano chiamerebbe eversive, arrivate al punto di rottura, magari per un evento marginale, con una realtà fatta passare come inevitabile, per la serie "la vendetta del mite sarà implacabile". Tutti gustosi, con quello iniziale, il più breve, fulminante, geniale, a fare da detonatore: Gabriel Pasternak, musicista incompreso, è riuscito a radunare su un aereo, a loro insaputa, tutti coloro che ritiene responsabili di avergli rovinato l'esistenza. In cabina di pilotaggio, ai comandi, c'è lui in persona... Da lì le risate irrefrenabili diventeranno man mano più amarognole, fino al gran finale di una festa di matrimonio ambientata tra il "generone" del Barrio Norte di Buenos Aires, così simile a quello romano e così caro al gossip che i media propinano a piene mani alle masse rincitrullite, in cui la sposa scopre tra gli invitati la collega con cui il novello consorte ha avuto una tresca: un inno all'amore, alla coppia, al luogo comune! La regia sa il fatto suo e la pellicola è sostenuta da un cast affiatato e di valore assoluto; il fatto che Almodóvar si sia impegnato a produrla è una garanzia e deve avere trovato in un Paese disastrato ma colto, scettico il giusto e col gusto del macabro e dell'assurdo come l'Argentina terreno fertile per il suo progetto. E degli interpreti all'altezza.
Corrosivo, scorretto, grondante di umore nero più che di sangue, il film più visto nella prima settimana di proiezione nella pur ricca storia cinematografica dell'Argentina (mezzo milione di spettatori, campione di incassi e candidato come miglior film straniero ai prossimi Oscar), è l'antidoto perfetto allo zuccheroso buonismo natalizio, vivamente consigliato a chi ha una visione disincantata della demenzialità della nostra epoca e delle sue quotidiane assurdità. I sei episodi sono completamente autonomi ma legati fra loro dal filo conduttore non tanto della follia (la traduzione corretta del titolo è "Racconti selvaggi") ma dall'esplosione di un'incontenibile energia liberatoria davanti alle incongruenze di un meccanismo massificante, oppressivo, ingiusto, idiota, esso sì impazzito e incapace di funzionare: si assiste insomma alla ribellione, in forme imprevedibili ma definitive, di una serie di persone comuni che il nostro monarca repubblicano chiamerebbe eversive, arrivate al punto di rottura, magari per un evento marginale, con una realtà fatta passare come inevitabile, per la serie "la vendetta del mite sarà implacabile". Tutti gustosi, con quello iniziale, il più breve, fulminante, geniale, a fare da detonatore: Gabriel Pasternak, musicista incompreso, è riuscito a radunare su un aereo, a loro insaputa, tutti coloro che ritiene responsabili di avergli rovinato l'esistenza. In cabina di pilotaggio, ai comandi, c'è lui in persona... Da lì le risate irrefrenabili diventeranno man mano più amarognole, fino al gran finale di una festa di matrimonio ambientata tra il "generone" del Barrio Norte di Buenos Aires, così simile a quello romano e così caro al gossip che i media propinano a piene mani alle masse rincitrullite, in cui la sposa scopre tra gli invitati la collega con cui il novello consorte ha avuto una tresca: un inno all'amore, alla coppia, al luogo comune! La regia sa il fatto suo e la pellicola è sostenuta da un cast affiatato e di valore assoluto; il fatto che Almodóvar si sia impegnato a produrla è una garanzia e deve avere trovato in un Paese disastrato ma colto, scettico il giusto e col gusto del macabro e dell'assurdo come l'Argentina terreno fertile per il suo progetto. E degli interpreti all'altezza.
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