sabato 29 giugno 2024

Kinds of Kindness

"Kinds of Kindness" di Yorgos Lanthinos. Con Emma Stone, Jesse Plemons, Willem Dafoe, Margaret Qualley, Hong Chau, Joe Alwyn, Mamoudou Athie, Hunter Schafer e altri. GB 2024 ★★★★

Ritorno al cinema "dal vivo", ossia in sala, dopo cinque mesi di astinenza per causa di forza maggiore, indipendente dalla mia volontà, ed è toccato al nuovo film di Yorgos Lanthimos. Uno degli ultimi visti sul grande schermo era stato il suo Povere creature, che mi aveva entusiasmato. Qui sono un po' meno  soddisfatto, anche se si tratta di un ottimo film, formalmente ineccepibile, che ricorda i suoi primi lavori, in particolare The LobsterDogtooth e Il sacrificio del cervo sacro, per quanto è inquietante, spiazzante e a volte perfino ripugnante: provocazioni e simbolismi ricorrono, così come le citazioni cinematografiche e non solo, e riemergono le origini teatrali del regista greco. Che, guarda caso, ha come filo conduttore, a mio modo di vedere, il fato, ossia il destino e come esso abbia a che fare con i meccanismi di potere all'interno sia nella società in generale, sia nei rapporti individuali. Un destino a cui non si sfugge, e dove i diversi tipi di gentilezza, come da titolo, si trasformano in abuso e sopraffazione. Tragicommedia, si fa per dire, nerissima, in tre atti: tre storie collegate da loro dalla sigla RFM, che si riferisce a un personaggio misterioso a cui si intitolano i tre episodi, e dal fatto che gli gli stessi attori interpretano personaggi diversi in ogni vicenda, in particolare Emma Stone, Willem Dafoe (già presenti in altri film di Lanthimos) e Jesse Plemons, premiato all'ultima edizione del Festival di Cannes come miglior attore. Nella prima storia un uomo, vittima della "gentilezza" del proprio datore di lavoro, che ha organizzato ogni aspetto della sua esistenza, facendone una sorta di marionetta da manipolare a piacere, cerca di riprendere il controllo della propria esistenza; nel secondo, un poliziotto comincia a dubitare sull'identità della moglie, sopravvissuta per miracolo a un naufragio, dopo il suo ritorno a casa: l'esperienza traumatica ne ha cambiato sì alcuni tratti, ma lui è convinto che sia un'intrusa, e non cambia idea nemmeno quando ne provocherà la morte; nel terzo abbiamo una coppia che aderisce a una qualche setta esoterica, alla ricerca una donna capace di resuscitare i morti. Inutile, a mio parere, dire di più sulla trama. Il film non esplicita se non l'assurdo, e suggerisce, in maniera subliminale, lo stato dell'arte dell'alienazione e dei rapporti umani perturbati nel contesto attuale del "Mondo Occidentale" e del suo sistema di "valori": in questo viaggio straniante e solo apparentemente allucinato ogni spettatore è in grado di trovare qualcosa che lo colpisce, che lo riguarda e che magari tocca qualche suo nervo scoperto, e questo è per l'appunto il risultato di un approccio teatrale, e dunque maieutico, da parte del regista e del suo scenografo di fiducia, Efthimis Filippou, lo stesso dei suoi primi lavori sopra citati. La colonna sonora e le scelte dei brani sono di prim'ordine e un punto di forza, alcune scene raccapriccianti e perfino disgustose sono compensate da lampi di comicità irresistibili, così come la lunghezza del film è saggiamente mitigata sia dalla sua divisione in tre parti, sia dal dinamismo del racconto, che ha i ritmi mozzafiato del miglior noir