"La mafia non è più quella di una volta" di Franco Maresco. Con Letizia Battaglia, Ciccio Mira, Franco Maresco e altri. Italia 2019 ★★★★★
Appena rientrato dalla Grecia nella Terra dei Cachi, non ho avuto dubbi di scegliere come film d'esordio della stagione cinematografica 2019/2020 quest'ultimo lavoro di Franco Maresco, che mette un'altra pietra tombale sulla retorica dell'antimafia, vuota e contropoducente come quella dell'antifassismo, sul luogo comune degli italiani brava gente, dell'onestà o comunque dell'innocenza di un "popolino" abbrutito perché lasciato in balìa di sé stesso, nell'ignoranza e nella colpevole assenza di una qualsiasi prospettiva, e di uno Stato capace di farsi odiare quando si presenta in divisa, senza peraltro essere stato capace di sradicare mafia, delinquenza e degrado in oltre tre lustri di storia unitaria, e disprezzabile quando si fa vedere, tronfio quanto vuoto, nelle sembianze dei suoi massimi rappresentanti, alle vuote, ripetitive celebrazioni dei suoi "eroi" lasciati sul campo, in questo caso Falcone e Borsellino, col risultati di farli disprezzare ancora di più di quanto fossero da vivi, quando se non altro erano temuti. Maresco prende spunto da una di queste occasioni, il 23 maggio del 2017, nel venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, cui fece seguito due mesi dopo l'attentato di Via D'Amelio, in cui vennero uccisi e quindi eliminati i due giudici, peraltro diventati scomodi anche allo Stato, una parte del quale, che definire "deviato" è fuorviante, nel frattempo trescava con la Cupola mafiosa, e coinvolge anche un irriducibile icona della lotta alla mafia come Letizia Battaglia, fotografa palermitana ottantenne di fama mondiale, che ne ha raccontato le guerre interne con i suo scatti lungo decenni. Lei stessa, inizialmente contraria al rassegnato scetticismo di Maresco, rimane inorridita quando si rende conto della pagliacciata che è diventata la rituale manifestazione in ricordo dei due giudici: una sagra da strapaese, con tanto di canti e balli di giovani inconsapevoli, girotondisti fuori tempo massimo: "ci manca soltanto il maiale alla griglia", sentenzia sconsolata Letizia, prima di eclissarsi dal corteo in memoriam. Come controcampo alla storica militante dell'antimafia, Maresco propone nuovamente un altro personaggio altrettanto iconico, l'impresario specializzato in feste di quartiere e cantanti neomelodici Ciro Mira, già protagonista dell'ultimo suo film, Belluscone, anch'esso presentato al Festival di Venezia cinque anni or sono, che a modo suo celebra la "scomparsa" (sia mai detto che si parli di assassinio) di Falcone e Borsellino con uno spettacolo a dir poco raccapricciante che si tiene al quartiere Zen 2. Non aggiungo altro, perché La mafia non è più quella di una volta è molto più di una pellicola: è un trattato filosofico-politioco-antropologico in parole e immagini, e va semplicemente visto e ascoltato.
Appena rientrato dalla Grecia nella Terra dei Cachi, non ho avuto dubbi di scegliere come film d'esordio della stagione cinematografica 2019/2020 quest'ultimo lavoro di Franco Maresco, che mette un'altra pietra tombale sulla retorica dell'antimafia, vuota e contropoducente come quella dell'antifassismo, sul luogo comune degli italiani brava gente, dell'onestà o comunque dell'innocenza di un "popolino" abbrutito perché lasciato in balìa di sé stesso, nell'ignoranza e nella colpevole assenza di una qualsiasi prospettiva, e di uno Stato capace di farsi odiare quando si presenta in divisa, senza peraltro essere stato capace di sradicare mafia, delinquenza e degrado in oltre tre lustri di storia unitaria, e disprezzabile quando si fa vedere, tronfio quanto vuoto, nelle sembianze dei suoi massimi rappresentanti, alle vuote, ripetitive celebrazioni dei suoi "eroi" lasciati sul campo, in questo caso Falcone e Borsellino, col risultati di farli disprezzare ancora di più di quanto fossero da vivi, quando se non altro erano temuti. Maresco prende spunto da una di queste occasioni, il 23 maggio del 2017, nel venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, cui fece seguito due mesi dopo l'attentato di Via D'Amelio, in cui vennero uccisi e quindi eliminati i due giudici, peraltro diventati scomodi anche allo Stato, una parte del quale, che definire "deviato" è fuorviante, nel frattempo trescava con la Cupola mafiosa, e coinvolge anche un irriducibile icona della lotta alla mafia come Letizia Battaglia, fotografa palermitana ottantenne di fama mondiale, che ne ha raccontato le guerre interne con i suo scatti lungo decenni. Lei stessa, inizialmente contraria al rassegnato scetticismo di Maresco, rimane inorridita quando si rende conto della pagliacciata che è diventata la rituale manifestazione in ricordo dei due giudici: una sagra da strapaese, con tanto di canti e balli di giovani inconsapevoli, girotondisti fuori tempo massimo: "ci manca soltanto il maiale alla griglia", sentenzia sconsolata Letizia, prima di eclissarsi dal corteo in memoriam. Come controcampo alla storica militante dell'antimafia, Maresco propone nuovamente un altro personaggio altrettanto iconico, l'impresario specializzato in feste di quartiere e cantanti neomelodici Ciro Mira, già protagonista dell'ultimo suo film, Belluscone, anch'esso presentato al Festival di Venezia cinque anni or sono, che a modo suo celebra la "scomparsa" (sia mai detto che si parli di assassinio) di Falcone e Borsellino con uno spettacolo a dir poco raccapricciante che si tiene al quartiere Zen 2. Non aggiungo altro, perché La mafia non è più quella di una volta è molto più di una pellicola: è un trattato filosofico-politioco-antropologico in parole e immagini, e va semplicemente visto e ascoltato.
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