"Il diritto di contare" (Hidden Figures) di Theodore Melfi. Con Taraj P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst, Jim Parsons, Glen Powell, Mahershala Ali, Aldis Hodge e altri. USA 2016 ★★½
Rispetto agli ultimi due film black e politicamente corretti come Moonlight e Loving, come avevo previsto Il diritto di contare, gioco di parole del titolo italiano che allude alla professione delle tre eroine di cui la pellicola vuole essere un biopic, matematiche di colore che alla NASA lavoravano ai piani spaziali che mandarono nello spazio i primi astronauti americani, recuperando il gap procurato dai russi prima con la cagnetta Laika e poi con Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio, almeno si fa vedere ed è vitale, per quanto non si allontani dallo stile della commedia di costume (in questo caso i mitici Sixties, con tanto di colonna sonora adeguata al caso) per il largo pubblico di bocca buona. Il tutto abbastanza in stile Disney e quindi favolistico e con toni morbidi, benché abbia apprezzato i riferimenti all'ossessione di essere spiati ed eventualmente aggrediti dall'URSS, una vera paranoia che stava alla base dei progetti spaziali degli USA, ben più che il mero intento scientifico e l'esplorazione in sé. Per il resto qui il Politically Correct ha preso due piccioni con una fava facendo uscire il film, almeno in Italia, nei dintorni dell'8 Marzo e cogliendo due minoranze di cui celebrare la conquista (?) dei diritti civili al prezzo di una: donne e per di più di colore. La storie delle tre scienziate è ovviamente addomesticata e abbondano le battute ironiche e le situazioni sdrammatizzanti, benché il film si concentri soprattutto sul personaggio di Katherine Goble Johnson, colei che calcolò traiettorie e finestre di lancio per le missioni Mercury che mandarono John Glenn nel 1962, primo americano in orbita attorno alla terra, fino a quelle Shuttle, una talento matematico eccezionale tuttora vivente, alla bella età di 99 anni, affidato all'interpretazione leziosa e sopra le righe di Taraj P. Jenson, che l'ha resa in un modo decisamente edulcorato, mentre sono più credibili le due attrici nei panni delle colleghe Dorothty Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (la peperina Janelle Monáe). Di contorno e nella parte Kevin Costner (il grande capo del progetto (un personaggio inventato, fusione di tre veri) e una Kirstin Dunst dirigente donna, razzista sotto traccia ma poi redenta, prima odiosa e che s'addolcisce col passare dei minuti. Per il resto, oltre agli inserti delle immagini d'epoca, interessanti da un punto di vista documentario, un film per molti versi già visto. Insomma, la lotta per i diritti civili a quell'epoca fu tutta un'altra cosa, e combattuta con ben altri mezzi e sostanza che col buonismo. Comunque vedibile, considerato quel che passa il convento in questo periodo cinematograficamente scarso.
Rispetto agli ultimi due film black e politicamente corretti come Moonlight e Loving, come avevo previsto Il diritto di contare, gioco di parole del titolo italiano che allude alla professione delle tre eroine di cui la pellicola vuole essere un biopic, matematiche di colore che alla NASA lavoravano ai piani spaziali che mandarono nello spazio i primi astronauti americani, recuperando il gap procurato dai russi prima con la cagnetta Laika e poi con Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio, almeno si fa vedere ed è vitale, per quanto non si allontani dallo stile della commedia di costume (in questo caso i mitici Sixties, con tanto di colonna sonora adeguata al caso) per il largo pubblico di bocca buona. Il tutto abbastanza in stile Disney e quindi favolistico e con toni morbidi, benché abbia apprezzato i riferimenti all'ossessione di essere spiati ed eventualmente aggrediti dall'URSS, una vera paranoia che stava alla base dei progetti spaziali degli USA, ben più che il mero intento scientifico e l'esplorazione in sé. Per il resto qui il Politically Correct ha preso due piccioni con una fava facendo uscire il film, almeno in Italia, nei dintorni dell'8 Marzo e cogliendo due minoranze di cui celebrare la conquista (?) dei diritti civili al prezzo di una: donne e per di più di colore. La storie delle tre scienziate è ovviamente addomesticata e abbondano le battute ironiche e le situazioni sdrammatizzanti, benché il film si concentri soprattutto sul personaggio di Katherine Goble Johnson, colei che calcolò traiettorie e finestre di lancio per le missioni Mercury che mandarono John Glenn nel 1962, primo americano in orbita attorno alla terra, fino a quelle Shuttle, una talento matematico eccezionale tuttora vivente, alla bella età di 99 anni, affidato all'interpretazione leziosa e sopra le righe di Taraj P. Jenson, che l'ha resa in un modo decisamente edulcorato, mentre sono più credibili le due attrici nei panni delle colleghe Dorothty Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (la peperina Janelle Monáe). Di contorno e nella parte Kevin Costner (il grande capo del progetto (un personaggio inventato, fusione di tre veri) e una Kirstin Dunst dirigente donna, razzista sotto traccia ma poi redenta, prima odiosa e che s'addolcisce col passare dei minuti. Per il resto, oltre agli inserti delle immagini d'epoca, interessanti da un punto di vista documentario, un film per molti versi già visto. Insomma, la lotta per i diritti civili a quell'epoca fu tutta un'altra cosa, e combattuta con ben altri mezzi e sostanza che col buonismo. Comunque vedibile, considerato quel che passa il convento in questo periodo cinematograficamente scarso.
Nessun commento:
Posta un commento