I modi e i toni usati da Pierluigi Bersani nella conferenza stampa di mercoledì sera, in cui ha sostanzialmente chiesto l’appoggio del M5S ad un eventuale “governo di scopo” a guida PD con al centro pochi e qualificati punti di programma, dimostrano ancora una volta che non ha capito né che il vento è cambiato e cosa sia accaduto con l’esito del voto né con chi sta parlando e ritengo che Beppe Grillo gli abbia risposto come si merita. Se Bersani credeva di avere trovato qualcuno che togliesse le macchie del ghepardo al posto suo, ha semplicemente sbagliato indirizzo: è il PD che si è proposto per governare questo Paese negli attuali frangenti all’interno delle “compatibilità di sistema”, dunque se la veda da solo e si rivolga al lavaggio automatico invece di pensare che gli sia dovuto che i parlamentari del M5S gli facciano da inservienti e il servizio lavanderia gratis. Fuor di parabola, faccia le sue proposte, e se sono compatibili con il programma del M5S ben vengano, si discutano in Parlamento e il M5S non farà mancare il suo voto (come già sta facendo alla Regione Siciliana con la Giunta Crocetta), ma si tolga dalla testa una maggioranza precostituita. Non vedo perché si debba deflettere da questa linea, a maggior ragione con chi ha coperto fino a ieri di contumelie inaccettabili sia chi guida il movimento sia chi l’ha votato. Per parte mia non dò alcun “consiglio” ma la vedo così: ciò che la politica politicante non ha capito e si ostina a non capire è che il voto al M5S non è stato dato solo per mandare a casa questa classe politica nel suo complesso ma per cercare di scardinare il sistema stesso su cui si regge e metterne in discussione le premesse semplicemente perché ha dimostrato di essere in crisi e di poter soltanto peggiorare le cose. Non per “governarlo” o “migliorarlo”. Questo è quantomeno il senso del mio voto alle ultime elezioni. Al ravvedimento del PD non ci credo, il suo scopo dichiarato è comunque di operare all’interno della logica del sistema liberista e globalizzato imperante, temperandone semmai gli aspetti più aspri, usando insomma la vaselina per renderne più accettabili i costi, non di cambiarlo o, meglio scardinarlo. Ma non gli bastano i voti che ha nemmeno allo scopo di gestirne la sopravvivenza: gli tocca chiederli. Se li vuole dal M5S, basta che presenti dei disegni di legge credibili e si impegni a votarli, alcuni urgenti sono già stati elencati: nuova legge elettorale, normativa stringente sul conflitto di interessi (o applicazione di quella sull'ineleggibilità dei concessionari statali in sede di giunta delle elezioni, come ha opportunamente ricordato e rilanciato Paolo Flores d'Arcais ancora una settimana fa: nessuno chiede l'impossibile, ma il minimo dovuto), reintroduzione del reato di falso in bilancio, riduzione effettiva dei costi della politica con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (come da referendum) e restituzione dei “rimborsi elettorali” attuali e pregressi, a cui aggiungerei, nel caso il PD volesse ottenere la fiducia per un governo di minoranza, il ritiro immediato delle truppe italiane dalle missioni internazionali che non siano chiaramente di pace (Afghanistan), il congelamento dell’acquisto degli F-35, lo stop definitivo ai cantieri del TAV, rinuncia formale a ogni velleità riguardo al Ponte sullo stretto di Messina e, dulcis in fundo, impegno esplicito a ridiscutere i trattati con l’UE, a cominciare dal “Fiscal Compact”. A quest’ultimo proposito, è evidente che le crepe che annunciano il crollo del sistema si manifestino dove esso sia gestito da inetti, imbecilli e/o disonesti, e quindi ecco colpiti Grecia, Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna, Italia, ma le prime avvisaglie si stanno avvertendo anche laddove esso sia governato da un personale politico e burocratico preparato e decente come in Francia, e ai cari alleati tedeschi andrebbe per l’appunto ricordato e ribadito chiaro e tondo che se cade un partner come l’Italia, cui farebbero seguito a stretto giro di posta i cugini d’oltralpe, salterebbero in aria pure loro e i loro compari batavi, austriaci e finnici, che sull’inettitudine, inefficienza, corruzione e dabbenaggine degli altri hanno campato e costruito il loro benessere. Tornando alle vicende di casa nostra, è chiaro che un programma siffatto non è realizzabile coi D’Alema, le Finocchiaro e i Violante ministri. Si chiama ricatto? No, si tratta di condizioni politiche. Bersani ci sta? Bene. Verificheremo. Il PD si spacca? Affari suoi. Preferisce allearsi con l’energumeno brianzolo e Monti? Faccia pure: ci vediamo alle prossime elezioni. Sempre che ce le facciano tenere e non ci sia un golpe prima, per cui nel piatto della bilancia ci metterei anche, una volta risolta in maniera accettabile la questione delle presidenze delle camere e delle commissioni parlamentari, l’impegno a sostenere come candidato a presidente della Repubblica un nominativo che sia seriamente di garanzia, tagliando così le gambe a qualsiasi ipotesi non solo Berlusconi, ma Monti, Letta, Amato, Bindi, Marini e compagnia cantante. Mandare giù questi bocconi significherebbe la sparizione del PD? Poco male: è quello che desidero da quando questo partito senza identità e senza idee ha visto la luce. Perché, mentre il PDL è semplicemente ed esplicitamente un comitato d’affari malavitoso, e lo “zoccolo duro” del suo elettorato francamente irrecuperabile a qualsiasi forma non dico comunitaria, ma di convivenza civile, il PD ha ancora in sé una parvenza e delle pulsioni di forza politica, ma snervata, incapace di capire la realtà, figurarsi gestirla, alla fine dannosa, che ritengo impossibile rigenerare; un avversario che va comunque combattuto politicamente, non una mera pratica giudiziaria da evadere una volta per tutte. Non solo: è il Movimento Cinque Stelle che deve sottrarsi al ricatto della “governabilità” di questo sistema. Il voto non gli è stato dato per garantire quest'ultima bensì per cambiarne i termini, la sostanza e ottenere leggi che lo permettano. In definitiva: non si è in Parlamento per garantire la “governabilità” di un sistema allo sbando, ma per farlo saltare definitivamente per aria e ricominciare su altre basi. Da concordare e decidere senza la mediazione dei tradizionali apparati partitici e con logiche di rappresentanza fittizia ormai insostenibili, nocive e improponibili.
Sottoscrivo completamente. In queste ore ciò che già manca, al M5S, è un portavoce del movimento che renda esplicita questa posizione, così da iniziare a mettere agli atti quei punti irrinunciabili senza aver ufficialmente chiarito i quali ogni forza acquisita con il voto rischia di venir dispersa per mancanza di un "centro decisionale".
RispondiEliminaPer quanto ogni eletto si spertichi a ricordare che "voteranno su proposte che condividono, etc", si sta ingenerando una confusione comunicativa piuttosto pericolosa.
Impazzano i troll e trovano ampio spazio per sembrare affidabili.
Non va bene...