Non faccio parte del M5S, per cui i suoi meccanismi decisionali non mi importano più di quelli degli altri partiti, che da quel che mi risulta non sono certo più "democratici", se questa parola ha un senso (anche il centralismo comunista era "democratico", così come la Repubblica della Germania Est). Tanto per cominciare, però, i suoi candidati si presentano in rete e lì vengono scelti. Se c'è una cosa su cui concordo nel modo più assoluto con Grillo, e non ce ne sono molte che mi trovino in sintonia totale, è il divieto di partecipazione ai "talk show" televisivi inserito nel codice di comportamento dei candidati alle elezioni politiche dell'anno prossimo. E il motivo è semplicemente perché sono controproducenti (lo dimostrano i risultati dei referendum "silenziati" dell'anno scorso come quelli del M5S) e un insulto all'intelligenza degli spettatori ed elettori e perché sono stati questi programmi inverecondi a favorire prima, creandone le premesse (ricordate il Maurizio Costanzo Show?) e poi ad accompagnare tutto il ventennio berlusconiano, trasferendo di fatto negli studi TV il dibattito, si fa per dire, parlamentare, trasformandolo in una continua, e concordata, rissa di cortile, né più né meno di quello che accade con le trasmissioni di casi umani alla De Filippi, tanto per capirci, con tanto di personaggi fissi, macchiette e gioco delle parti, che hanno finito per togliere qualsiasi credibilità e dignità alla stessa parola "politica", considerati gli squallidi figuri che ne erano, e sono, gli interpreti. La mia ripulsa per simili miserabili spettacoli (e anche per quelli pseudo satirici, a cominciare da "Striscia la notizia" per finire a "Parla con me") è sempre stata totale, sia che andassero in onda sulle reti Merdaset, sia sulla RAI - e poco importa se a gestire il teatrino dei pupi fossero, o siano, dipendenti di Berlusconi o i comunistiani dell'ex TeleKabul - sia su "La Sete". Che si tratti di Santoro, Costanzo, Vespa o quell'altro inserviente di Giovanni Floris a dirigere le danze non fa alcuna differenza: è proprio la formula, o format che non mi va giù, nemmeno se la trasmissione la conducono persone come Gad Lerner o Lilli Gruber che pure stimo (almeno rispetto a quelle nominate sopra). Perciò sottoscrivo alla lettera il post che Grillo ha pubblicato ieri sul suo blog. E che ha scatenato l'indignazione generalizzata, sui media come in parte sui social network, con l'accusa di sessismo e machismo, per aver nominato Il punto G, quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show. L'atteso quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol a proposito della partecipazione, peraltro poco felice (come volevasi dimostrare), di Federica Salsi, consigliera del M5S al Comune di Bologna, alla puntata di "Ballarò" in onda martedì sera. Peraltro mai nominata. Accuse ancora più ipocrite e grottesche quando a ergersi a femministi dell'ultima ora sono i progressisti alle vongole di scuola scalfariana e altri personaggi che gravitano attorno al partito degli zombie, il PD; gli stessi che oscurano, e si guardano bene dal chiamare in televisione, l'unica candidata donna alle primarie centrosinistrate, Laura Puppato: una desaparecida. E che non hanno mai avuto niente in contrario a sedere nei talk show di cui si parla, e per di più "dibattere", con personaggi come Daniela Granero in Santanché, Alessandra Mussolini, Mara Carfagna, Gloria Meloni, Maria Stella Gelmini e frequentare il giro di mignotte portate in Parlamento come nei vari consigli elettivi dalla banda di Arcore. Per quanto mi riguarda, se in primavera avesse la meglio la tentazione di uscire dall'astensionismo praticato alle ultime elezioni politiche o dall'annullamento della scheda, potrei perfino essere tentato di votare per il movimento inventato da Grillo pur di far sparire dalla circolazione la manica di usurpatori e manigoldi che ci ostiniamo a chiamare classe politica. Fosse solo per la posizione che ha sulle TV in generale e italiote in particolare. Io ripeto da anni che come prima misura di una eventuale (e chimerica) riforma del sistema radiotelevisivo dovrebbe essere stabilito un divieto assoluto per gli eletti a cariche elettive di partecipare a qualsivoglia trasmissione che non sia una tribuna politica. Ma sono un blogger isolato e un elettore virtuale e scarsamente appetibile. Che le stesse cose le sostenga uno che può fare la voce grossa mi fa soltanto piacere.
giovedì 1 novembre 2012
Punto G, il piacere della diretta
Non faccio parte del M5S, per cui i suoi meccanismi decisionali non mi importano più di quelli degli altri partiti, che da quel che mi risulta non sono certo più "democratici", se questa parola ha un senso (anche il centralismo comunista era "democratico", così come la Repubblica della Germania Est). Tanto per cominciare, però, i suoi candidati si presentano in rete e lì vengono scelti. Se c'è una cosa su cui concordo nel modo più assoluto con Grillo, e non ce ne sono molte che mi trovino in sintonia totale, è il divieto di partecipazione ai "talk show" televisivi inserito nel codice di comportamento dei candidati alle elezioni politiche dell'anno prossimo. E il motivo è semplicemente perché sono controproducenti (lo dimostrano i risultati dei referendum "silenziati" dell'anno scorso come quelli del M5S) e un insulto all'intelligenza degli spettatori ed elettori e perché sono stati questi programmi inverecondi a favorire prima, creandone le premesse (ricordate il Maurizio Costanzo Show?) e poi ad accompagnare tutto il ventennio berlusconiano, trasferendo di fatto negli studi TV il dibattito, si fa per dire, parlamentare, trasformandolo in una continua, e concordata, rissa di cortile, né più né meno di quello che accade con le trasmissioni di casi umani alla De Filippi, tanto per capirci, con tanto di personaggi fissi, macchiette e gioco delle parti, che hanno finito per togliere qualsiasi credibilità e dignità alla stessa parola "politica", considerati gli squallidi figuri che ne erano, e sono, gli interpreti. La mia ripulsa per simili miserabili spettacoli (e anche per quelli pseudo satirici, a cominciare da "Striscia la notizia" per finire a "Parla con me") è sempre stata totale, sia che andassero in onda sulle reti Merdaset, sia sulla RAI - e poco importa se a gestire il teatrino dei pupi fossero, o siano, dipendenti di Berlusconi o i comunistiani dell'ex TeleKabul - sia su "La Sete". Che si tratti di Santoro, Costanzo, Vespa o quell'altro inserviente di Giovanni Floris a dirigere le danze non fa alcuna differenza: è proprio la formula, o format che non mi va giù, nemmeno se la trasmissione la conducono persone come Gad Lerner o Lilli Gruber che pure stimo (almeno rispetto a quelle nominate sopra). Perciò sottoscrivo alla lettera il post che Grillo ha pubblicato ieri sul suo blog. E che ha scatenato l'indignazione generalizzata, sui media come in parte sui social network, con l'accusa di sessismo e machismo, per aver nominato Il punto G, quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show. L'atteso quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol a proposito della partecipazione, peraltro poco felice (come volevasi dimostrare), di Federica Salsi, consigliera del M5S al Comune di Bologna, alla puntata di "Ballarò" in onda martedì sera. Peraltro mai nominata. Accuse ancora più ipocrite e grottesche quando a ergersi a femministi dell'ultima ora sono i progressisti alle vongole di scuola scalfariana e altri personaggi che gravitano attorno al partito degli zombie, il PD; gli stessi che oscurano, e si guardano bene dal chiamare in televisione, l'unica candidata donna alle primarie centrosinistrate, Laura Puppato: una desaparecida. E che non hanno mai avuto niente in contrario a sedere nei talk show di cui si parla, e per di più "dibattere", con personaggi come Daniela Granero in Santanché, Alessandra Mussolini, Mara Carfagna, Gloria Meloni, Maria Stella Gelmini e frequentare il giro di mignotte portate in Parlamento come nei vari consigli elettivi dalla banda di Arcore. Per quanto mi riguarda, se in primavera avesse la meglio la tentazione di uscire dall'astensionismo praticato alle ultime elezioni politiche o dall'annullamento della scheda, potrei perfino essere tentato di votare per il movimento inventato da Grillo pur di far sparire dalla circolazione la manica di usurpatori e manigoldi che ci ostiniamo a chiamare classe politica. Fosse solo per la posizione che ha sulle TV in generale e italiote in particolare. Io ripeto da anni che come prima misura di una eventuale (e chimerica) riforma del sistema radiotelevisivo dovrebbe essere stabilito un divieto assoluto per gli eletti a cariche elettive di partecipare a qualsivoglia trasmissione che non sia una tribuna politica. Ma sono un blogger isolato e un elettore virtuale e scarsamente appetibile. Che le stesse cose le sostenga uno che può fare la voce grossa mi fa soltanto piacere.
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