sabato 10 ottobre 2009

Disavventura a Boca: il culo nella sfiga

Puente de AvellanedaBUENOS AIRES - Dato che non credo nella divina provvidenza, non mi rimane che provare a baciarmi i gomiti per un episodio che mi è capitato qualche ora fa: una rapina a mano armata da parte di tre o quattro ragazzotti, l'azione è stata così veloce che non ho visto bene, sbucati all'improvviso e che mi hanno accerchiato in calle Necochea, alla Boca, lo storico quartiere dell'immigrazione italiana e genovese in particolare. Di quella Boca, da sempre malfamata, in fianco alle attrazioni turistiche come il "Caminito", i locali di tango e le rivendite di souvenir, oltre al mitico stadio della "Bombonera", sono rimaste la miseria e le frequentazioni poco raccomandabili. Ai portuali liguri si sono col tempo sostituiti altri poveracci giunti in Argentina da ogni dove per cercare di guadagnarsi la pagnotta, e negli ultimi decenni gli ultimi degli ultimi sono stati soprattutto boliviani, paraguyani e argentini provenienti dalle zone andine, le più povere. Le tipiche case ricoperte in lamiera colorata che non sono state ristrutturate per la gioia dei visitatori in cerca del "pittoresco" si sono decomposte in veri tuguri e ospitano questi infelici: conosco il quartiere e non tornandoci da due anni, appena sceso dal bus che mi ci aveva portato ero rimasto colpito da come le cose fossero peggiorate. So bene che tipo di posto sia la Boca e non vado a correre rischi inutili: in realtà stavo cercando di percorrere la strada più veloce per andare all'Obrero, una famosa osteria dove pregustavo una classica parrilla da fine settimana. Ed erano neanche le due del pomeriggio. Quando mi sono reso conto che era meglio allontanarmi in fretta, ho svoltato verso il nuovo ponte di Avellaneda. Quello nella foto, dipinto di arancione (a meno che non si tratti ancora di minio) costruito in copia conforme in fianco all'altro, storico: per un istante ero rimasto perplesso perché non mi aspettavo di trovarlo lì. Il ponte, la salvezza: perché è attaccato allacostanera del Riachuelo, bonificato ma pur sempre mefitico corso d'acqua che crea una darsena, e c'è sempre passaggio di gente. Nonostante la sensazione sgradevole che mi sentivo addosso, volevo proprio scattare una foto che testimoniasse quanto stavo pensando in quel momento: qui ridipingono il ponte, magari ne fanno uno nuovo, e mentre si fanno belli con una inesistente "riqualificazione" del quartiere, la gente vive come se si trattasse di pantegane e va in rovina tutto, finché cade anche l'ultima baracca e il terreno rimane libero per una bella speculazione. Un attimo dopo ero circondato, uno dei ragazzi ha estratto una semiautomatica, chiedevano soldi ed erano nervosi: ho avuto l'accortezza di rannicchiarmi per proteggere, oltre alla ghirba, il portafogli (che saggiamente tengo nella parte anteriore, dove è più difficile sfilarlo nella confusione) e di abbrancare la mano, e poi il braccio, di uno dei tipi stortandoglielo e mettendolo di mezzo tra me e gli altri: inconsapevolmente, l'ho usato come scudo, trascinandomelo addosso, a terra e trattenendolo. Non so se è stata incoscienza da parte mia ma ero certo che non avrebbero sparato, mi sentivo stranamente tranquillo ed è stato il mio vantaggio: gli ho ripetuto più volte ad alta voce "No tengo un casso, carajo!" e alla fine hanno lasciato perdere. Mi hanno strappato una busta di plastica che conteneva un libro di Forsyth in edizione economica e il "Clarín" di oggi, e questo è stato il loro bottino, insieme a un cellulare a doppia scheda SIM, che grazie all'intervento dall'Italia di due cari amici sono riuscito a far bloccare nel giro di un'ora. Non una gran perdita, dunque, visto che ho salvato un altro cellulare, la macchina fotografica nonché il portafogli che conteneva carte di credito, bancomat e contanti, tutta "merce" che avevo dietro dato che in mattinata avevo acquistato in anticipo il passaggio in traghetto più bus per Montevideo di lunedì: salvo anche quello. Ovviamente mi sono ben guardato dallo sporgere una qualsiasi denuncia che sarebbe stata inutile e mi avrebbe soltanto fatto perdere tempo oltre a mettermi in serio imbarazzo con labonaerense, una polizia la cui fama non teme confronti con quella della Chicago anni Trenta, e rispetto ai cui elementi i "miei" rapinatori sfigati sono delle mammolette: mi è andata di grandissimo lusso così, sono cose che se da decenni si gira per il mondo possono capitare e si mettono in conto, fa parte della statistica e non è il caso di mettersi nelle mani di delinquenti ancora più pericolosi perché in divisa. Ora che ricordo mi era capita una vicenda simile a quella di oggi a Lisbona 10 anni fa: un rapinatore solitario che alla fine ho messo in fuga. Forse sono io che li spavento! Non sono nemmeno incazzato e i miei aggressori, che peraltro non mi hanno torto un capello (ma io a uno di loro il braccio sì), mi fanno più che altro pena. E non per buonismo: se li incontrassi singolarmente non esiterei a riempirgli la faccia di sberle. Mi spiace per il quartiere, per la parrilla andata in fumo (ma mi rifarò stasera, a San Telmo, che è un barrio più tranquillo) ma non è per questo che mi metto a odiare la Boca, a cui sono affezionato, e che smetterò di essere bostero, ossia tifoso del Boca Juniors, oltre che interista. Perchégallina e millonario, con la puzza sotto il naso dei "fighetta" fascistoidi del Barrio Norte che si sentono rappresentati dal River Plate, mai!

Nessun commento:

Posta un commento