Tarde em Itapuã
Sono anni ormai che su questo blog, strumento divenuto obsoleto in tempi di comunicazione istantanea quanto evanescente, non scrivo di viaggi, né di calcio, né di politica (in senso lato): esprimere il proprio pensiero pubblicamente è diventato sempre più rischioso per le conseguenze penali che può avere; d'altro canto mi rifiuto, a questo punto, di dare qualsiasi "dritta" su località possibilmente non ancora devastate dall'invasione del turismo più becero, che ha ormai reso infrequentabili luoghi che ho amato e in cui mi è sempre più penoso rimettere piede. Faccio un'eccezione per Salvador de Bahía, che ho scelto come base durante il soggiorno di circa un mese in Brasile da cui sono rientrato una decina di giorni fa, in pieno clima da isteria parossistica natalizia. Non che non si respirasse aria di festa imminente e di consumo anche a quelle latitudini, ma è l'atteggiamento a essere diverso, oltre all'incongruità di vedere ai Tropici alberelli addobbati, babbi natale, carretti con le renne e perfino neve finta in mercatini che in alcuni casi non hanno nulla da invidiare a quelli divenuti ubiqui dalle nostre bande, e non soltanto a Nord dell'Adige, il che potrebbe ancora avere un senso. Insomma è l'atmosfera che cambia, in sostanza il "fattore umano", non solo la temperatura. Lo sapevo, e per questo ci sono ritornato, dopo che mancavo da qualche tempo. A Salvador, nello specifico, da quasi 25 anni. Ci ero venuto nel 2001 in "pausa di riflessione" per prendere una decisione che avrebbe dato una svolta alla mia vita, ossia lasciare il lavoro e Milano, la città dove sono nato, cresciuto e vissuto per due terzi della mia esistenza, perché ormai non la riconoscevo più: era durante la festa di Iemanjá, la dea delle acqua, che si tiene ogni 2 febbraio sulla spiaggia di Rio Vermelho, una sorta di sposalizio del mare di rito afro-brasiliano. La Regina degli Oceani e il Senhor do Bonfim mi avevano allora felicemente ispirato in una scelta che si è rivelata quanto mai giusta. Forse per questo ho voluto tornarci dopo un quarto di secolo, dopo aver visitato in altre occasioni soprattutto la parte meridionale di un Paese che è quasi un continente. E perché mi mancava la sua gente, ospitale, amichevole, sempre disposta a darti una mano e ad accoglierti con un sorriso e a non farti mai sentire un estraneo. Soprattutto le persone più umili. Insomma, un bagno di umanità di cui avevo bisogno provenendo da un Paese e un Continente inebetiti, incarogniti, senza memoria, irretiti da un'ignobile campagna bellicista. Sperando che i brasiliani tengano duro e che il loro presidente, Lula, rimanga in salute a lungo, e Bolsonaro in galera come merita.
