"Iddu - (L'ultimo padrino)" di Antonio Piazza e Filippo Grassadonia. Con Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi, Antonia Truppo, Betty Pedrazzi, Tommaso Ragno e altri. Italia, Francia 2024 ★★★★+
Finalmente, dopo mesi di programmazione in cui è stato difficile scegliere qualcosa di guardabile e non banale, un film degno di questo nome dove interpreti, fotografia, colonna sonora eccellenti sono al servizio di un ritratto fuori dagli schemi del latitante (si fa per dire) più ricercato (si fa sempre per dire) del secolo, ossia Matteo Messina Denaro (Elio Germano), durante il periodo in cui viveva, da autorecluso, nella natìa Castelvetrano, nel suo ambiente e circondato dall'affetto dei sui cari, famigliari, amici e complici. Nulla di quello che ci si potrebbe aspettare da un poliziesco e nemmeno da un biopic, ma lo scavo della personalità di un uomo intelligente, colto, formatasi fin dall'infanzia per sostituire il padre, un padrino di mafia, diventando a sua volta custode del "pupo", una statuetta antica diventata simbolo di un potere che si tramanda. Formazione che si ricava attraverso la scena iniziale e poi numerosi flash back, che sono i ricordi e le riflessioni a cui si abbandona l'uomo nelle lunghe ore di solitudine e sostanziale prigionia, ospite di un'amica che gli fa da governante e segretaria (Barbora Bobulova), a cui è affidato il compito di scrivere i pizzini con cui si tiene in contatto con chi lo protegge e ne esegue gli ordini all'esterno. In particolare è interessante, e assume sorprendenti aspetti letterari, la corrispondenza con Catello Palumbo (Toni Servillo), ex preside ed ex sindaco nonché ex democristiano (ex di tutto, come gli fa notare la moglie, interpretata magnificamente da Betty Pedrazzi, delle autentiche chicche i suoi camei), tornato in città dopo 6 anni di carcere speciale a Cuneo per associazione mafiosa: amico di famiglia dei Messina Denaro, è stato anche il padrino di Matteo. Ridotto quasi in miseria, viene contattato e ricattato dal colonnello dei Carabinieri Emilio Schiavon (Fausto Russo Alesi) e dalla sua squadra di "catturandi", che lo costringono a intessere una fitta corrispondenza con Iddu con l'intento (apparente) di stanarlo. E' il contenuto di questo epistolario attraverso i "pizzini" il vero filo conduttore di tutto il film. Come finirà in realtà lo sappiamo, con la cattura del "padrino" nel gennaio del 2023 dopo trent'anni di latitanza, e nove mesi prima della sua morte per un tumore incurabile, ma qui non se ne fa cenno: viene ricostruito, tra il fiabesco e il grottesco, il periodo precedente, fatto di solitudine, riflessioni, scambi di idee tra lui e Catello, i tentativi di quest'ultimo di sfuggire al suo destino. Un destino che accomuna un po' tutti i personaggi, costretti a interpretare un ruolo, volenti o nolenti, già segnato, in un gioco di equilibri che non cambia mai. E' così per il trio Messina Denaro, Palumbo e Schiavon, per la sorella (volitiva e dura) e il fratello ("buono a niente") del boss, per Lucia, la segretaria del capomafia, per l'agente della "catturandi" che si sente presa in giro dal suo capo. Il film che non ti aspetti, ricco di spunti di riflessione, fuori da ogni genere, certamente di impianto teatrale, e che lascia spazio al non detto e alle suggestioni, in cui gli attori sono liberi di esprimere tutto il loro potenziale che, con un cast di questa qualità, è dirompente. Premiato come miglior film italiano all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, avrebbe sicuramente meritato qualcosa di più, ma da quelle carnevalate che ormai sono diventati quasi tutti i maggiori festival, non sono da aspettarsi voli di fantasia o atti di coraggio.
Nessun commento:
Posta un commento