sabato 18 luglio 2020

L'hotel degli amori smarriti

"L'hotel degli amori smarriti" (Chambre 212) di Christophe Honoré. Con Chiara Mastroianni, Benjamin Biolay, Vincent Lacoste, Camille Cottin, Stéphane Roger e altri. Francia 2019 
★★½
Dopo il blocco delle proiezioni nelle sale per oltre tre mesi, è comprensibile che, tra paura di contagio, misure di "distanziamento" e stagione estiva l'attività cinematografica sia ripresa sottotono, ma a scoraggiare l'affluenza ci si mette anche l'offerta, invero miseranda e, non si capisce perché, costituita in gran parte da film francesi o francesoidi, sia come provenienza sia come stile, ossia verbosi, perlopiù all'eccesso, in cui le immagini contano davvero poco. Tra questi, incoraggiato dalla breve durata del film (85') e dalla promettente presenza di Chiara Mastroianni (sempre più impressionante quanto sia la versione femminile di cotanto padre) ho scelto, ammetto senza alcun entusiasmo, questa strana commedia surreale che ha come tema gli effetti del trascorrere del tempo sui rapporti sentimentali e la percezione dell'amore alle diverse età. Cosa rimane di sé stessi col passare degli anni? E cosa della persona di cui ci si è innamorati venti o più anni fa? Vallo a sapere, ma prima o poi arriva il momento in cui tocca trovare la risposta a queste domande, ed è ciò che accade a Marie e Richard quando costui scopre, da un messaggio Whatsapp giunto sul cellulare della moglie, una docente di storia del diritto penale, che lei lo tradisce con un suo studente. Ed è solo  l'ultimo di una lunga serie, tutti ragazzi più giovani, confessa la donna quando il marito la interroga, asserendo, a sua discolpa, che qualche scappatella sia implicita quale condizione tacita, ma necessaria, per la durata di un rapporto. Richard ne rimane sconvolto e lei decide dunque di trascorrere la notte nell'Hotel di fronte, il Lenox di Rue Delambre, a Montparnasse (piena di riferimenti cinephiles), per riflettere sulla situazione. La sua camera, significativamente la 212 (che è il numero dell'articolo del codice civile francese che stabilisce i diritti e i doveri dei coniugi), si affaccia sull' appartamento della coppia (che a sua volta si trova sopra una sala cinematografica) e quindi può spiare le reazioni del marito, mentre la stanza dove alloggia si trasforma nel palcoscenico di ciò che avviene nella sua mente, dove con salti temporali apparentemente incongrui ritrova Richard all'età che aveva ai tempi in cui si innamorò di lui, dialogando con lui come se questi avesse avuto sentore già allora di quel che sarebbe accaduto; in questo suo viaggio surreale, senza bisogno di alcun additivo chimico, incontra non solo la schiera dei giovani amanti, ma anche la madre e la nonna nonché una sorta di Charles Aznavour caricaturale che impersona la sua stessa coscienza, a cui chiede consiglio sul da farsi. Al contempo ricompare, nell'appartamento di fronte, anche il primo amore di Richard, che a sua volta era più anziana di lui: la sua insegnante di piano al Conservatorio, strumento che l'uomo si sarebbe rifiutato di proseguire a suonare dopo esserne stato lasciato perché sposasse, appunto Marie... Il film è d'impianto prettamente teatrale, bizzarro, ironico con un sottofondo amarognolo e per nulla stupido: la sceneggiatura sta in piedi e, affidata a una coppia di professionisti di livello, oltre che ben rodata da un matrimonio fallito (Mastroiannni e Biolay erano sposati), funziona. Qualcosa di diverso, che affronta temi seri in modo leggero ma non superficiale: una gradevole sorpresa. 

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