"L'ora di ricevimento ((Banlieue)" di Stefano Massini; regia di Michele Placudo. Con Fabrizio Bentivoglio, Francesco Bolo Rossini, Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Rabìii Brahim, Vittoria Corallo, Andrea Iarlori, Balkissa Maiga, Giulia Zeetti, Marouane Zotti. Scene di Marco Rossi; costumi di Andrea Cavalletto; musiche originali di Simone de Angelis (voce cantante Federica Vincenti); luci di Simone De Angelis.
Produzione Teatro Stabile dell'Umbria.
Al Teatro Verdi di Pordenone; 21 e 22 febbraio teatro Goldoni di Livorno; 23 febbraio teatro Verdi di Santa Croce sull'Arno; 25 e 26 febbraio teatro Verdi di Pisa; Dalll'1 al 5 marzo teatro Rossetti di Trieste; dal 7 al 26 marzo Teatro Eliseo di Roma.
Scritto dal drammaturgo Stefano Massini su spunti autobiografici per il Teatro Stabile dell'Umbria, L'ora di ricevimento affida a un Fabrizio Bentivoglio in forma smagliante e perfettamente a suo agio nei panni di un professore di letteratura in una scuola media il racconto della trentennale esperienza di "insegnate in trincea" in una scuola della banlieue di Tolosa, in Francia, ma potrebbe trattarsi di una qualsiasi periferia di una grande città italiana, come ha affermato lo stesso autore parlando della sua storia scolastica a Firenze. L'incarico, in una scuola fatiscente e in una realtà difficile, fatta di disagio sociale e immigrazione, è di quelli difficili: il professor Ardèche lo affronta ancora una volta, all'inizio dell'anno scolastico, già sapendo quali situazioni si troverà davanti con la nuova classe, composta da soli tredici studenti. Non importano i loro nomi, destinati, tranne rare eccezioni, a svanire nella memoria, ma i tipi che, invariabilmente, si troverà davanti, tanto che ha preso l'abitudine di identificarli con dei soprannomi fissi. Durante tutta la sua carriera nella "Media" di Les Izards, immancabilmente ha avuto in classe il "freddoloso", che invariabilmente si siede il più vicino possibile al calorifero, il panorama ossia il sognatore che si piazza vicino alla finestra; la fuggitiva, in prossimità della porta, primo banco, ossia lo sfigato che ha scelto il posto per ultimo; la cartoon, il boss con il suo bodyguard, la campionessa, l'invisibile, la missionaria e così via. Li descrive e li racconta, ma in scena non li vediamo mai: compaiono invece i loro genitori, durante l'ora di ricevimento settimanale dalle 11 alle 12 di giovedì, un campionario di umanità multietnica che in parte fatica e in parte rifiuta di integrarsi, che usa l'occasione come uno sfogatoio per le tensioni da cui si sentono compressi e lì possono manifestarsi, e per comunicare con i quali la parola e la cultura laica di cui Ardèche è portatore è ancora più inutile che con gli studenti, e l'insegnante deve attingere alle sue doti diplomatiche e alle sue riserve di pazienza, ironia e a tratti cinismo, doti che ancora non possiede il suo più collega di matematica, interpretato dal bravo Francesco Bolo Rossini, che presto giunge sull'orlo di un esaurimento nervoso. L'aspetto tragicomico raggiunge il suo acme quando Ardèche, che si è offerto di sostituire la collega che ogni anno accompagna i ragazzi nella gita scolastica, si trova ad organizzarla e a conciliare le diverse esigenze religiose di musulmani, ebrei, induisti, cattolici in fatto di alimentazione espresse dai combattivi genitori: richieste e pretese oltre i limiti del grottesco contro cui la ragione nulla può, ma reali, e finirà che il professore verrà sospeso e messo perfino sotto indagine per uso politicamente scorretto di un condimento, perché la demenza della burocrazia e del buonismo peloso e idiota vuole la sua parte. Il tema è attuale e complesso; gli spunti di riflessione ma anche gli aspetti paradossali messi in evidenza abbondanti e affrontati con ironia; la regìa di Michele Placido lineare, pulita e funzionale; il resto lo fanno un garbato, talvolta sardonico Bentivoglio, estremamente credibile nella parte di un insegnante disorientato, frustrato ma che non rinuncia a fare la sua parte, pur rassegnato all'inutilità della sua azione di fronte alla complessità ed esplosività della situazione.
Produzione Teatro Stabile dell'Umbria.
Al Teatro Verdi di Pordenone; 21 e 22 febbraio teatro Goldoni di Livorno; 23 febbraio teatro Verdi di Santa Croce sull'Arno; 25 e 26 febbraio teatro Verdi di Pisa; Dalll'1 al 5 marzo teatro Rossetti di Trieste; dal 7 al 26 marzo Teatro Eliseo di Roma.
Scritto dal drammaturgo Stefano Massini su spunti autobiografici per il Teatro Stabile dell'Umbria, L'ora di ricevimento affida a un Fabrizio Bentivoglio in forma smagliante e perfettamente a suo agio nei panni di un professore di letteratura in una scuola media il racconto della trentennale esperienza di "insegnate in trincea" in una scuola della banlieue di Tolosa, in Francia, ma potrebbe trattarsi di una qualsiasi periferia di una grande città italiana, come ha affermato lo stesso autore parlando della sua storia scolastica a Firenze. L'incarico, in una scuola fatiscente e in una realtà difficile, fatta di disagio sociale e immigrazione, è di quelli difficili: il professor Ardèche lo affronta ancora una volta, all'inizio dell'anno scolastico, già sapendo quali situazioni si troverà davanti con la nuova classe, composta da soli tredici studenti. Non importano i loro nomi, destinati, tranne rare eccezioni, a svanire nella memoria, ma i tipi che, invariabilmente, si troverà davanti, tanto che ha preso l'abitudine di identificarli con dei soprannomi fissi. Durante tutta la sua carriera nella "Media" di Les Izards, immancabilmente ha avuto in classe il "freddoloso", che invariabilmente si siede il più vicino possibile al calorifero, il panorama ossia il sognatore che si piazza vicino alla finestra; la fuggitiva, in prossimità della porta, primo banco, ossia lo sfigato che ha scelto il posto per ultimo; la cartoon, il boss con il suo bodyguard, la campionessa, l'invisibile, la missionaria e così via. Li descrive e li racconta, ma in scena non li vediamo mai: compaiono invece i loro genitori, durante l'ora di ricevimento settimanale dalle 11 alle 12 di giovedì, un campionario di umanità multietnica che in parte fatica e in parte rifiuta di integrarsi, che usa l'occasione come uno sfogatoio per le tensioni da cui si sentono compressi e lì possono manifestarsi, e per comunicare con i quali la parola e la cultura laica di cui Ardèche è portatore è ancora più inutile che con gli studenti, e l'insegnante deve attingere alle sue doti diplomatiche e alle sue riserve di pazienza, ironia e a tratti cinismo, doti che ancora non possiede il suo più collega di matematica, interpretato dal bravo Francesco Bolo Rossini, che presto giunge sull'orlo di un esaurimento nervoso. L'aspetto tragicomico raggiunge il suo acme quando Ardèche, che si è offerto di sostituire la collega che ogni anno accompagna i ragazzi nella gita scolastica, si trova ad organizzarla e a conciliare le diverse esigenze religiose di musulmani, ebrei, induisti, cattolici in fatto di alimentazione espresse dai combattivi genitori: richieste e pretese oltre i limiti del grottesco contro cui la ragione nulla può, ma reali, e finirà che il professore verrà sospeso e messo perfino sotto indagine per uso politicamente scorretto di un condimento, perché la demenza della burocrazia e del buonismo peloso e idiota vuole la sua parte. Il tema è attuale e complesso; gli spunti di riflessione ma anche gli aspetti paradossali messi in evidenza abbondanti e affrontati con ironia; la regìa di Michele Placido lineare, pulita e funzionale; il resto lo fanno un garbato, talvolta sardonico Bentivoglio, estremamente credibile nella parte di un insegnante disorientato, frustrato ma che non rinuncia a fare la sua parte, pur rassegnato all'inutilità della sua azione di fronte alla complessità ed esplosività della situazione.
Nessun commento:
Posta un commento