Due giorni, di cui uno trascorso cercando di recuperare del sonno perduto durante gli spostamenti più recenti, bastano e avanzano da dedicare a Colombo, capitale dello Sri Lanka, a meno di non essere qui per motivi di lavoro oppure affetti da qualche particolare perversione o scompenso emotivo. Si salvano tre cose: l'aeroporto internazionale Bandaranaike, che a rigore si trova 30 chilometri a Nord della città (almeno un'ora di tragitto), moderno, pulito, funzionale; l'albergo che ho scelto più o meno alla cieca in rete, in stile coloniale, con tanto di camere spaziose, che danno su un patio interno così come anche una veranda che funge da ristorante (più che soddisfacente, e ottimo il servizio); infine il Museo Nazionale. Naturalmente anche la gente, che è educata, gentile e disponibile. Pure il traffico, per quanto intenso e causa primaria di un'aria urticante per laringe, faringe e occhi, è paradisiaco rispetto a quello di una qualsiasi città indiana (il termine di paragone in ogni senso più vicino), anche perché qui chi guida non passa il tempo azionando il clacson e sorridendo e dondolando soddisfatto la testa. Il resto è deprimente. L'area del vecchio "Fort", come tale usato dagli occupanti portoghesi, olandesi e infine inglesi, è un insieme incoerente di nuovissimi edifici moderni, quali il World Trade Center e l'immancabile Hilton, e vecchie costruzioni coloniali in lento ma sicuro decadimento, in buona parte militarizzata e inaccessibile: sarebbe il centro storico della città. Attaccato, verso l'interno, si sviluppa Pettah, il quartiere commerciale e quindi multietnico per definizione: non vi ho avvertito alcuna particolare tensione. E' un reticolo di viuzze colme di botteghe di ogni genere, trafficato all'inverosimile, dove si trova di tutto. Tra cui anche il "Dutch Period Museum", interessante più che altro perché è lo stesso storico edificio che ospitò la residenza del governatore olandese nel XVII secolo, e un coloratissimo e fantasmagorico tempio induista. Nei pressi, anche la stazione ferroviaria centrale, chiamata del "Fort". Il resto della città è un'enorme periferia che si estende in parte all'interno, in parte verso Nord oltre il porto ma prevalentemente verso Sud, per una dozzina di chilometri. Ovviamente, come in ogni capitale che si rispetti, esistono anche a Colombo zone più chic, dove fervono le attività finanziarie e commerciali globalizzate, come Kollupitiya, appena a Sud del "Fort", o residenziali di lusso come Cinnamon Gardens (a proposito: ci sono ancora alberi di cannella in città, ma non ne ho potuto apprezzarne l'eventuale profumo per via dell'aria fetida), dove non a caso si trovano il Museo Nazionale, quello attiguo di Scienze Naturali e l'unico vero parco della città, abitati da coloro che governano il Paese (vi hanno anche sede le diverse ambasciate, compresa quella della Terra dei Cachi pagata dai contribuenti italiani) e da quelli che fanno lavorare a proprio vantaggio il prossimo (loro lo chiamano offrire opportunità di lavoro o di crescita). Naturalmente tutte le lussuose residenze sono sottoposte a stretta videosorveglianza nonché intensivo pattugliamento di polizia e guardie private. E come in tutto il mondo i figli di puttana che vivono internati nelle loro fortezze come i capibastone mafiosi, quando ne escono circolano esclusivamente a bordo di SUV, e quanto più grandi sono i figli di puttana tanto più ingombranti sono questi veicoli orripilanti e inutili, possibilmente neri e con i vetri oscurati (quelli coi cristalli specchiati sono esclusiva dei russi, i più cafoni al mondo, e dei narcos messicani). Scendendo la costa verso Sud, si susseguono altri quartieri che hanno l'aspetto, quando va bene, di Lignano Sabbiadoro d'inverno ma con un traffico agostano, fino a giungere alla decrepita località balneare di Mount Lavinia, che avrà anche vissuto tempi migliori ma che gli inglesi, in uno dei loro rari ma dirompenti lampi di idiozia acuta, hanno pensato bene di deturpare dall'inizio facendo correre i due binari della ferrovia direttamente sugli scogli. Tutta la passeggiata a mare, degna dei paesoni di camorra del Litorale Domizio, è costituita infatti da un marciapiede largo sì e no un metro che fiancheggia i binari sul lato mare e un orrido vialone dall'altro. Una cosa indecente. Non a caso la via commerciale che inizia da Nord come Galle Road, appena dopo il "Fort", per cambiare nome procedendo verso Sud, corre parallela a un centinaio di metri, giusto per impedire opportunamente la sconcezza della "vista a mare". Colombo è una città squallida, più che brutta. Trascurata forse perché ha poco da dire e da offrire, salvo probabilmente occasioni di lavoro (e sfruttamento) per chi è venuto ad abitare in un posto simile. Forse vi si riflettono ancora le lacerazioni di una lunga e sanguinosa guerra civile che si è conclusa nemmeno tre anni fa, nel maggio del 2009, che però si è svolta lontano da qui, nel Nord Est dell'isola abitato dai Tamil, anche se Colombo è stata oggetto di attentati clamorosi e sanguinari. A suo modo però è una città viva, anche se molto difficile da apprezzare.
Lo so: era il primo paragone che mi era venuto in mente, ma l'avevo evitato per non sentirmi rinfacciare il luogo comune da una stimata lettrice ligure d'adozione e, quindi, per scelta...
Oggettivamente tristissimo, questo lungomare.
RispondiEliminaAttendo il mare...
E' peggio di quel che sembra. Questa foto è generosa...
RispondiEliminami ricorda certi paesaggi liguri...
RispondiEliminaLo so: era il primo paragone che mi era venuto in mente, ma l'avevo evitato per non sentirmi rinfacciare il luogo comune da una stimata lettrice ligure d'adozione e, quindi, per scelta...
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