"Fuori" di Mario Martone. Con Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, Corrado Fortuna, Antonio Gerardi, Stefano Dionisi e altri. Italia 2025 ★★★★+
Mario Martone e la letteratura, sia in ambito cinematografico, sia in quello teatrale, sono un binomio ineludibile, tante sono le trasposizioni di opere fondamentali di quella italiana come anche il racconto della vita di alcuni suoi protagonisti: questa è la volta di Goliarda Sapienza, un personaggio controverso che dal mondo culturale italiano, e romano in particolare, era stata prima mal sopportata e poi respinta. Il suo romanzo L'arte della gioia (10 anni di stesura, dal '67 al '76) era stato pubblicato postumo nel 1998 a cura del marito Angelo Pellegrino per Stampa Alternativa e passato pressoché inosservato, salvo essere ripubblicato da Einaudi 10 anni dopo, in seguito all'enorme successo avuto in Germania e in Francia a partire dal 2005, rivelando uno dei maggiori talenti letterari italiani del secolo scorso. Senza seguire un percorso lineare, con frequenti flashback, il film accenna soltanto alle vicissitudini professionali della scrittrice, una volta uscita dal carcere di Rebibbia in seguito al furto e alla vendita di alcuni gioielli rubati a un'amica del giro altolocato: siamo a Roma nell'estate del 1980, epoca di strascichi dei cosiddetti "anni di piombo". Minacciata di sfratto, emarginata dall'ambiente, si arrangia correggendo bozze e con qualche collaborazione giornalistica: si accontenterebbe anche di un lavoro qualsiasi, pure come domestica o in cucina, ma viaggiando verso i 60 anni nessuno la prende in considerazione. Spaesata, il conforto lo cerca frequentando due ex compagne di prigionia: Roberta (Matilda De Angelis, sempre più brava), anima inquieta, già coinvolta nella lotta armata e, sconfitta, caduta nell'eroina; l'altra, Barbara (la cantante Elodie, forse ancor più convincente come attrice), incarcerata per complicità con un malvivente. Perché per Goliarda, paradossalmente, l'esperienza carceraria è stata liberatoria, un momento della sua vita in cui è riuscita a essere autenticamente sé stessa. Intuendo che, all'interno della più tipica delle istituzioni totali, un essere umano, pur soggetto alla massima costrizione possibile e immerso in una sorta di bolla senza tempo e senza prospettive se non la sopravvivenza immediata, rivela la sua essenza senza più essere vincolato dalle regole e dalle convenzioni che hanno determinato la sua esistenza "fuori": i rapporti tra chi sta "dentro" seguono regole diverse e non sono certo idilliaci, ma almeno non sono filtrati da schermi e difese, che riemergono, semmai, quando si frequentano, appunto, fuori dalle mura del carcere, nella cosiddetta libertà (comunque condizionata dalle convenzioni e dalla necessità di aderire a un ruolo). Goliarda (interpretata da una Valeria Golino che migliora con gli anni, in questo caso interprete perfetta sia per l'età, sia perché, in qualità di regista della miniserie L'arte della gioia, in onda su SKY, col personaggio della scrittrice siciliana ha abbondante confidenza) la libertà l'ha trovata a Rebibbia, un mondo ingabbiato per definizione, fisicamente, dove però le relazioni viaggiano sull'onda dell'essenzialità, del vero; mentre le vere sbarre, i muri, li ritrova, per l'appunto fuori, e questo accade pure per le sue due compagne, specialmente Roberta. La pellicola di Martone, nei suoi avanti-e-indietro spazio-temporali tra queste due realtà speculari e opposte, e le bravissime interpreti a cui affida i suoi contraddittori ed emblematici personaggi, non sbava mai, coinvolge lo spettatore, riesce a esprimere una realtà che è difficile, se non impossibile, far capire a chi non ne ha avuto in qualche modo esperienza diretta, a meno di non mettere in dubbio le proprie aprioristiche certezze. Lo fa senza dare pugni nello stomaco, dolcemente e induttivamente, coinvolgendo lo spettatore. Decisamente uno dei suoi migliori lavori finora.