"Lezioni di persiano" (Persian Lessons) di Vadim Perelman. Con Nahuel Pérez Biscayart, Lars Eidinger, Leonie Benesch, Jonas Nay, Alexander Beyer, Nico Erentheit, Giuseppe Schillaci e altri. Russia, Germania 2019 ★★★=
Proposto in streaming sulla piattaforma #iorestoinsala dal 14 al 17 gennaio e successivamente sbarcato su SKY, il film pare ispirarsi a una storia vera, cosa che non è da escludere anche se ritengo che Perelman, regista ucraino dai lodevoli precedenti, abbia ampiamente lavorato di metafora, se non di fantasia. Gilles, un giovane belga intercettato durante un rastrellamento mentre sta attraversando la Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale, sfugge per caso a un'esecuzione spacciandosi per persiano, grazie a un libro che aveva ricevuto in cambio di un panino da un altro prigioniero; per puro caso un tenente delle SS, il responsabile delle cucine del campo in cui viene recluso, Klaus Koch (che guarda caso in tedesco significa, per l'appunto, cuoco), è da tempo alla ricerca di qualcuno in grado di insegnargli il farsi perché intende trasferirsi a Teheran, dove si è rifugiato il fratello, passando da Atene e da Istanbul, dopo la salita al potere di Hitler nel 1933, che ha promesso una ricompensa al soldato che gli scovasse il personaggio giusto. Gilles, che ignora il persiano, deve così ingegnarsi a inventarsi una lingua nuova, e lo fa creando i vocaboli, 4 al giorno (Koch vorrebbe imparante almeno quei 1500 basilari per essere in grado di farsi capire per poter aprire e gestire un ristorante): il problema è trovare un metodo per memorizzarli lui per primo, e lo fa traendo spunto dai cognomi dei reclusi, la cui lista deve tenere aggiornata perché, essendo preciso e avendo una bella calligrafia, Koch, che è un maniaco della precisione e dell'ordine, gli affida questo compito sostituendo una ausiliaria volontaria pasticciona e incapace. Il film racconta le peripezie di Gilles durante la sua prigionia, la vita (e la morte) nel campo, gli intrallazzi e le rivalità fra ufficiali e pure fra la truppa, e la pecca è un certo schematismo e caricaturalismo (la sensazione si accentua a causa del pessimo doppiaggio dei personaggi secondari), mentre la parte migliore rimane l'evolversi della relazione fra maestro e allievo, inversamente proporzionale in termini di potere dell'uno sull'altro, anche se le parti tendono a ribaltarsi col tempo perché Klaus si scopre essere un uomo profondamente fragile, che ha scelto di arruolarsi nelle SS (a differenza del fratello, che ha troncato ogni rapporto con lui) non per convinzione ma per rivalsa a compensare le frustrazioni di cui soffre: rimarrà fregato ma non svelo come, mentre la prodigiosa memoria di Gilles tornerà utile per rimediare almeno parzialmente alla distruzione degli archivi del campo da parte degli aguzzini, che li hanno bruciati prime dell'arrivo delle truppe liberatrici. La pellicola non è male, tutto sommato, anche se si nota qualche forzatura e ferraginosità; la parte migliore, l'interpretazione dei due protagonisti, lo stralunato attore argentino Nahuel Pérez Biscayart, che ha il fisico adatto al ruolo di Gilles, così come i tedeschi Lars Eidinger a quello dell'ufficiale e la brava Leonie Benesch a quello della volontaria intrallazzatrice, fregata anche lei dalla sua presunta furbizia. Si fa vedere però senza entusiasmare, insomma, ma di questi tempi tocca accontentarsi.
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