lunedì 2 novembre 2009

A Buenos Aires, con l'intercessione della Difunta Correa e del Gauchito Gil

UrquizaBUENOS AIRES - Dopo 18 ore di viaggio, grazie alla protezione della Difunta Correa e all'intercessione del Gauchito Gil, sono riuscito a tornare sano e salvo nella capitale, in vista del litorale e dell'ormai prossima attraversata dell'Atlantico in direzione Est, e inverno. Partenza alle 2 di ieri pomeriggio da Chilecito, temperatura di "appena" 39 gradi, la discreta aria condizionata della corriera era una giusta contropartita di fronte alla lunghezza della tratta, se non fosse che, durante una serie di soste lungo le statali Rutas Nacionales 40 (la "mitica") e 74 per raccogliere i passeggeri che dai paesi oli e vitivinicoli della valle compresa tra le sierras di Famatina e di Velasco si recano a Córdoba o nella capitale federale, il mezzo cominciava a dare segnali di problemi meccanici o, chissà, elettrici. Spegnimento del motore al momento di ripartire, un procedere affannoso a marce basse; due, tre volte, con relativo spegnimento dell'aria condizionata e immediato senso di claustrofobia e cottura delle meningi. Finché a Patquia, un villaggio fantasma dotato però di terminal, e caricate alcune persone, sempre proseguendo arrancando il bus è uscito dalla carreggiata per avventurarsi, per di più in leggera discesa, presso un chiosco, peraltro chiuso, dove gli autisti sono scesi a confabulare con la padrona. Gran gesticolare, e quest'ultima richiude la porta. Altro giro al terminal, nessuno che si premuri di dire alcunché. Si riprende la strada? No, altra escursione nella pista sabbiosa a altra sosta vicino al chiosco. Si aprono le porte, la maggior parte di noi scende. Per fortuna ci sono due alberi: per il resto la desolazione. Carcasse di auto, rottami di ferro di ogni pensabile provenienza ma ecco il salvatore: il proprietario di questa specie di discarica possiede una potente saldatrice e risolve il problema, che era semplicemente la leva del cambio, spezzata. Ossia inservibile, perché ne era rimasto un moncone. Il terrore era corso sul volto di tutti, non tanto per il ritardo, o addirittura il mancato arrivo e tutte le complicazioni del caso, ma per un pensiero fisso: la calura massacrante. Tutto bene, dunque: nonostante un'oretta persa, a Córdoba si è giunti poco dopo le 10 di sera con soli 20 minuti di ritardo, dopodiché cambio della coppia di autisti e via verso Buenos Aires, dove si è arrivati stamattina alle 8, puntualissimi, nonostante gli acquazzoni violenti che si sono abbattuti tra Córdoba e la costa per tutta la notte. Allagamenti anche in città, dove da tre giorni si va avanti così, ma almeno la temperatura è tornata normale: 20 gradi anziché 37, perché anche qui non si scherzava ed erano decisamente troppi per essere a metà primavera. Dicevo dei numi tutelari delle strade argentine, perché avventure a lieto fine come questa fanno pensare a cosa può capitare quando si ha un guasto in qualche landa desolata e assolata del Nord Ovest (ma anche la traversata del Chaco non è male) o battuta dal vento e ghiacciata in Patagonia, dove per mezza giornata non incontri nessuno, perché hai voglia di dire che oggi ci sono i cellulari, ma in ampie zone quel che manca è la copertura. Una, la principale, è la Difunta Correa, una "beata", riconosciuta dalla popolazione per i miracoli, non a caso protettrice dei camionisti, di cui esistono migliaia di tempietti lungo tutte le strade del Paese, da Iguazú a Ushuaia.Difunta CorreaIl principale, a Vallecito nella provincia di San Juan, poco lontano dalla zona del nostro guasto, comprende 17 cappelle e attorno è fiorito un indotto di alberghi, ristoranti, negozi, trasporti nonché gli uffici dell'associazione no profit che amministra il santuario, nonostante l'aperta avversione della chiesa cattolica e del governo. Il personaggio è esistito realmente, si chiamava Deodolinda Correa e, durante le guerre civili della metà dell'Ottocento, seguiva, assieme al figlioletto, nella campagne riarse della zona, il battaglione del marito malato che era stato coscritto. Terminate le scorte di viveri, fu trovata morta sul ciglio della strada ma il figlio era ancora vivo, attaccato al suo seno che dava ancora latte. Da lì il culto, e ancora oggi il dovere per chi passa davanti a un tempietto di rifornirlo di bottiglie di acqua o di altre bevande: se ne vedono cumuli multicolori alti un metro, a volte. Più "regionale", legato al Nord, il culto del Gauchito Gil, anch'esso personaggio reale, un gaucho di nome Antonio Gil, di cui si sa che nacque attorno al 1840 e  di sicuro la data della morte: l'8 gennaio 1878 per impiccagione a Mercedes. Varie le storie che si intrecciano sulle sue origini, però sicuramente prese parte come volontario nella guerra contro il Paraguay - si dice per sfuggire a un poliziotto della cui fidanzata si era invaghito - e poi fu richiamato nell'esercito federalista ma disertò per motivi politici, perché apparteneva al partito "colorado" (di qui i drappi rossi che adornano sempre i suoi tempietti), e insieme a due compagni si dedicò all'abigeato condividendo il bottino coi poveri. Catturato, fu impiccato, ma prima di morire disse al suo boia che, se avesse provveduto a seppellirlo - pratica che ai tempi era vietata per i disertori -, avrebbe interceduto in favore di suo figlio che era gravemente ammalato. Dopo averlo impiccato, il boia recise la testa di Gil e la portò nella città di Goya, ma quando scoprì che il figlio era stato davvero sul punto di morire, ed era miracolosamente guarito, la riportò a Mercedes per seppellirla assieme al corpo del "traditore". Ed ecco pronto un altro membro del santorale profano di queste parti: le offerte ai suoi tempietti, che come quelli della "Difunta Correa" si trovano ai margini delle strade, sono di tutti i generi: sigarette, bottiglie di grappa, abiti da sposa, bamboline, targhe di auto, perfino coltelli e, talvolta, pistole. Quando se ne incrocia qualcuno, bisogna suonare il clacson in segno di saluto, pena disagi sul percorso, o perfino non giungere a destinazione. Nei dintorni di Chilecito, prima di partire, ne avevo giusto fotografati alcuni e, opportunamente, riveriti...Gauchito Gil

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