giovedì 1 luglio 2010
Eremi, pietraie e borghi marinari di Brazza
BRAZZA (DALMAZIA, CROAZIA) - Ieri e oggi ho approfittato del vento che puntualmente si leva sulla costa nel pomeriggio e rende più sopportabile l'afa di questi giorni, nonché di una pausa dei Mondiali sudafricani in attesa dei quarti di finale che si celebrano a partire da domani, per procedere a una ricognizione di quanto mi manca da vedere dell'isola. Prima tappa obbligata, l'eremo di Blaca (foto sopra) che si raggiunge da Neresi, il vecchio capoluogo veneziano, lungo una strada bianca piuttosto agevole nel primo tratto, a occhio sei-sette chilometri, che si restringe man mano negli ultimi tre diventando tortuosa, piena di buche, avvallamenti e pozzanghere costringendo a un autentico esercizio di fuoristrada. Si raggiunge quindi un piazzale dove si posteggia il mezzo e da cui parte un sentiero scosceso, lungo due chilometri e mezzo che, tra pini, lecci, cespugli di salvia, rosmarino e more di rovo porta a questo complesso, fondato nel 1588 da una comunità monastica fuggita dalla Bosnia sotto l'avanzata dei turchi e costruito in una posizione strategica, in una valle incuneata tra le alture e impossibile da scorgere dal mare, che offriva adeguate garanzie di sicurezza rispetto a possibili assalti pirateschi. Il monastero prosperò e diventò una potenza economica tanto che nel XVII secolo riforniva tutta l'isola con i suoi prodotti, a cominciare da olio, vino e miele, esportati sia a Venezia sia a Vienna (gli alveari, anziché in legno, erano costruiti con lastre di marmo cementate nelle congiunzioni e chiusi da un coperchio di pietra) nonché con il bestiame che allevava, e oggi si presenta come uscito dall'ultimo restauro del 1891.Come apprendo da "Il leone di Lissa - Viaggio in Dalmazia" di Alessandro Marzo Magno (Il Saggiatore, 2003), che porto con me come una sorta di breviario (laico) nelle mie peregrinazioni dalmate, oltre che luogo di raccoglimento e preghiera e centro di produzione, il convento era anche un osservatorio astronomico, e l'ultimo padre rettore, Nikola Miličević|, morto a 76 anni nel 1963, si era laureato in astronomia a Vienna nel 1924 e da lì aveva fatto raggiungere quello che per parecchio è stato il più grande telescopio di tutti i Balcani. Esiste ancora, smontato in una cassa, così come nella biblioteca dell'eremo (ottomila volumi) è conservata una raccolta di innumerevoli pubblicazioni sull'argomento, perché padre Miličević|era in corrispondenza con gli astronomi di mezzo mondo. Tutto questo fa parte di un museo che l'autore del libro di cui sopra ha fatto in tempo a visitare, ma che disgraziatamente risulta chiuso fino a nuove disposizioni. In un rigurgito di inefficienza e cialtroneria realsocialista, lo si apprende soltanto giunti alla porta del convento da un foglio che vi è appiccicato in maniera precaria col nastro adesivo, e non dal cartello che descrive il convento che si trova nel piazzale del parcheggio. La scarpinata sulla mulattiera (ché tale è, come testimoniano cumuli di escrementi equini), nonostante la faticosa risalita è valsa comunque la pena per gli scorci panoramici che si godono lungo il percorso, per l'amenità del luogo e, solo al pensiero di cosa ci è voluto per erigere delle costruzioni in un logo così impervio, rimarrà uno dei più bei ricordi dell'isola. Ripreso l'automezzo, mi sono spostato prima a Milna(seconda foto dall'alto), sulla costa occidentale, adagiata in fondo a un fiordo incantevole (e per questo porto naturale d'elezione per imbarcazioni da diporto e pesca). A mio giudizio, insieme a Splitska (l'antico porto romano da cui, come si intuisce dal nome, il marmo veniva imbarcato per spalato) dopo Bol è la località marina più gradevole di Brazza.Belli anche i borghi di Ložišća e Bobovišća, all'interno, quest'ultimo con un'appendice a mare (foto qui sopra) situata alla fine di un altro fiordo, poco a Nord rispetto a Milna. Sulla costiera settentrionale, in fronte a Spalato, è graziosa Sutivan, mentre non sono un granché Mirca e Supetar, il capoluogo attuale, approdo principale dei traghetti da Spalato. Di Splitska ho detto, mentre ho trovato deludente Postira, da cuo però in compenso parte una fertilissima vallata verso l'interno, coltivata prevalentemente a vigneto e dominata dal paesino di Dol, dove si trova anche un agriturismo in cui si mangia ottimamente e si beve meglio. All'interno,come da foto in basso, un'incredibile quantità di pietraie, con un'infinità di cumuli che possono talvolta ricordare dei nuraghi in miniatura. Questo ieri; oggi invece rapida escursione ai centri sul lato orientale dell'isola, a cominciare da Solca, la "capitale" delle cave di marmo, in cima a una collina, da cui scendono due strade verso il mare: una porta a Povlja, ancora sulla costa settentrionale, un borgo sonnolento che sembra l'ideale per chi desidera un soggiorno nel massimo della quiete; l'altra verso Sumartin, che già guarda verso Lesina, a Sud, vivace e ridente borgo da cui partono i traghetti per la terraferma, in direzione Makarska, un'alternativa a Spalato e che vale la pena se si è diretti a Lesina o verso Dubrovnik.
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