lunedì 4 gennaio 2010

Foto, non parole - 4


Fra Tafroute e BuizakarneFra Taghijicht e AmtoudiSIDI IFNI -  Ultima giornata sull’Antiatlante, con una variazione sul programma iniziale (in verità molto flessibile) che si è rivelata molto felice. Invece di puntare direttamente su Tifnit e da lì alla costa atlantica, abbiamo colto il suggerimento di una famiglia di camperisti torinesi, soccorsi da Giulio, il nostro valente meccanico di bordo, che ci hanno indirizzati ad Amtoudi, al termine di un’ampia vallata che si chiude nelle gole di Id Âissa. Per giungerci da Tafroute si attraversa un altipiano intensamente coltivato(foto in alto): fertile terra rossa in fase di aratura e semina, che promette di essere uno spettacolo nell’epoca della fioritura. Deviando dalla strada che collega Buizakarne a Tata, si risale per una trentina di chilometri in una valle circondata da montagne multicolori che sembrano “spatolate” da un pittore(foto in mezzo). Lì si trova il villaggio di Amtoudi e si erge su uno sperone di roccia il suo agadir, ossia granaio. Vale la salita di una mezz’ora (fattibile anche a dorso di mulo se si riesce a trovare la guida). L’agadir è costituito da cento stanze che non servivano come abitazione, bensì come cassaforte delle relativa famiglie di Amtoudi, dove conservare grano, ori e altri beni di valore per proteggerli dai predoni. Sono conservate anche numerose arnie in pietra, perché il guardiano si occupava anche di apicoltura nei “tempi morti”. Oltre il paese le gole circondate da incredibili muri verticali di pietra rossa e rese fertili da ruscelli e rivoli sotterranei, che permettono lo sviluppo di un palmeto (foto in basso). Seguono due ore e mezzo di viaggio verso l’Oceano Atlantico, che raggiungiamo al tramonto di ieri fermandoci nella vivace cittadina di Sidi Ifni, dall’aspetto molto spagnoleggiante: le basse case imbiancate di calce, gli ampi patii piastrellati, gli edifici in stile coloniale e le insegne stesse di molti negozi richiamano inevitabilmente l’Andalusia. D’altronde la città fu un’enclave spagnola fino al 1969, ed era stata avamposto del conteso Sahara Spagnolo fin dal 1859, ma il suo sviluppo avvenne soltanto attorno agli anni Trenta, di cui conserva l’impronta. Oltre all’architettura e ai colori dominanti, diversi rispetto all’interno anche  il clima da primavera inoltrata e con ridotta escursione termica, così come l’atmosfera in generale a cominciare dall’abbigliamento della gente e il suo modo di comportarsi. Magnifico il lungomare, Sidi Ifni è anche frequentata da frotte di surfisti provenienti da mezza Europa oltre che da un nutrito gruppo di habitués che usano svernarvi. Palme

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